Battuta d’arresto per gli Obiettivi di sviluppo sostenibile in Europa

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A cinque anni dal traguardo fissato dell’Agenda 2030, la sesta edizione dello “Europe sustainable development report 2025” pubblicato recentemente dal Sustainable development solutions network (Sdsn) disegna un quadro poco felice. Il Rapporto, che valuta i progressi degli Obiettivi di sviluppo sostenibile in 41 Paesi, tra cui tutti i 27 Stati membri dell’Unione europea, nove Paesi candidati all’Ue, quattro Paesi dell’Accordo europeo di libero scambio e il Regno Unito, evidenzia un ritardo generale in molti Goal in tutta l’Unione, con un ritmo di avanzamento nel periodo 2020-2023 più di due volte inferiore (+0,8 punti) rispetto al periodo 2016-2019 (+1,9 punti).


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Europa: integrazione o frammentazione? Il 2025 sarà decisivo

Per molti attori internazionali sta arrivando “l’ora della verità”, dice il nuovo rapporto Ispi. Tensioni globali e spinte sovraniste ridefiniscono gli equilibri. L’Ue cerca risposte condivise su difesa, sicurezza economica e transizione. 5/2/2025

 

“Il mondo è sempre più pericoloso, instabile e incerto. A quasi ottant’anni dalla creazione delle Nazioni unite, le guerre e le tensioni geopolitiche tra le grandi potenze hanno un impatto sulle condizioni di vita e rappresentano una grave perdita per lo sviluppo sostenibile in Europa e nel mondo”, ha dichiarato Guillaume Lafortune, vicepresidente di Sdsn e autore principale del Rapporto. “Allo stesso tempo, le persone, e soprattutto i giovani, vogliono uno sviluppo sostenibile, e il mondo ha il potenziale per raggiungerlo”.

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I risultati  

Diciannove dei 20 Paesi in testa all’Indice sono europei, per lo più Stati membri dell’Ue. I Paesi del Nord Europa continuano a mantenere il primato anche quest’anno, con la Finlandia al primo posto per il quinto anno consecutivo, seguita da Danimarca, Svezia, Austria e Norvegia. Nonostante ciò, questi Paesi hanno ancora grandi sfide da affrontare per raggiungere almeno due degli obiettivi globali. L’Italia registra un balzo in avanti di otto posizioni, passando dal 23esimo posto dell’edizione 2024 al 15esimo di quest’anno. 

In generale, i progressi sono molto disomogenei trai i Paesi dell’Ue, così come sottolineato dall’Indice Leave No One Behind (Lnob) del Rapporto, che misura le disuguaglianze all’interno delle nazioni in termine di opportunità, benessere, accesso e qualità di servizi, e include un nuovo indicatore sul divario occupazionale dei disabili. Gli Stati baltici e quelli dell’Europa centrale e orientale si posizionano in fondo all’indice, e anche i Paesi candidati a far parte dell’Ue devono far fronte a diverse difficoltà. In tutta la regione, mentre molti Paesi hanno compiuto progressi in termini di uguaglianza di genere, la disuguaglianza di reddito e l’accesso ai servizi rimangono stagnanti e i punteggi di povertà e deprivazione materiale sono diminuiti in media dal 2020.

La sfida dei sistemi alimentari 

I progressi sul Goal 2 (Sconfiggere la fame) sono particolarmente lenti in tutta l’Ue. La transizione verso diete più sane dovrebbe rimanere una priorità per trasformare il sistema agroalimentare in Europa e raggiungere anche gli altri obiettivi in materia di salute, clima e biodiversità, così come dimostra lo studio “Sustainable Food Systems as a Driver for the Implementation of the SDGs” che accompagna l’edizione 2025 del report. Lo studio sottolinea la necessità di nuovi meccanismi di coinvolgimento degli stakeholder a livello regionale e nazionale per un’efficace attuazione delle politiche, nonché meccanismi per salvaguardare i mezzi di sostentamento degli agricoltori, dei piccoli produttori alimentari e di altre parti interessate per garantire una giusta transizione.

Raccomandazioni per l’Europa

Per accelerare il raggiungimento dei Goal nel periodo 2024-2029, il Rapporto evidenzia quattro priorità fondamentali per la nuova leadership dell’Ue:

1. Aumentare gli investimenti in energia pulita e nelle tecnologie digitali e stabilire le basi per un’ambiziosa strategia di investimento per il prossimo decennio. Fondamentale sarà l’adozione di un Clean industrial deal efficace accompagnato da un Quadro finanziario pluriennale 2028-2035.

2. Rinforzare le misure sociali per affrontare i rischi dovuti all’inflazione e le conseguenze delle crescenti tensioni geopolitiche.

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3. Affrontare gli impatti negativi sulla salute e sull’ambiente, causati da un consumo non sostenibile, anche attraverso la transizione verso diete più sane e sostenibili.

4. Valorizzare la diplomazia sugli SDGs/Green Deal con tutte le regioni, sostenere i principi stabiliti nella Carta delle Nazioni unite e supportare un’ambiziosa riforma del sistema Onu e dell’architettura finanziaria globale.

 

di Tommaso Tautonico

 

Copertina: Unsplash

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