Dopo Trieste, prove virtuose per una politica ad alta intensità

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La Settimana Sociale dei cattolici in Italia, svoltasi a Trieste nel luglio 2024, ha visto la partecipazione di numerosi soci di Ac – .

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La vita democratica richiede oggi una significativa manutenzione, a partire dalla ricerca di nuove forme di partecipazione personale e comunitaria: un’urgenza che interpella in particolare la comunità cristiana. Rigenerare la democrazia significa anche ritrovare la via della politica, che, come ricordava Pietro Scoppola, è esercizio faticoso e dialettico per immaginare insieme un futuro comune. Di fronte alla riabilitazione della guerra come unica via di soluzione dei conflitti, ma anche di fronte alla recrudescenza della violenza, che assume forme sempre più pervasive nella dimensione interpersonale e sociale, la politica appare indebolita, affaticata, spesso sconfitta.

Il magistero di papa Francesco ci incoraggia, sin dalla sua prima esortazione, ad avviare processi e non a occupare spazi, a promuovere le azioni dal basso, che le istituzioni devono saper integrare, per non far prevalere un paradigma tecnocratico astratto e autoreferenziale. Il percorso sinodale, non privo di fatiche e contraddizioni, esprime la postura con cui la comunità ecclesiale desidera collocarsi nella complessità attuale, e provoca credenti e non credenti a ricercare nuovi significati e nuove modalità del vivere insieme, abitando regole condivise e istituzioni giuste, a servizio di ciascuna persona.

La cinquantesima Settimana sociale svoltasi a Trieste lo scorso luglio ha fatto emergere una corale domanda di democrazia “ad alta intensità” e di buona politica, capace di misurarsi sia con le grandi sfide epocali di questo tempo sia con le pratiche quotidiane dell’amministrazione dei territori. È questa la buona politica, forma di servizio alla comunità di tutti. Un’opera lungimirante e coraggiosa, che richiede di essere alimentata da una fraternità concreta, intessuta nella cura di ciò che è essenziale e nella ricerca inquieta di ciò che unisce, favorendo una cultura dell’incontro e del dialogo. Alla logica mondana di un potere che si afferma attirando a sé e concentrando ogni possibilità tecnica di dominio sulle persone e sulle risorse si contrappone sempre la logica evangelica della gratuità, della condivisione e della custodia di ciò che è fragile e vulnerabile. Ritrovare ragioni e soluzioni possibili per una effettiva inclusione allarga la prospettiva della politica e orienta la democrazia verso la giustizia.

La comunità cristiana, nella sua instancabile e travagliata ricerca di autenticità evangelica e nella consapevolezza dei propri limiti, può offrirsi come umile pratica di accoglienza e di prossimità con gli ultimi, divenendo segno di speranza per quanti si sentono scartati ed esclusi. E al tempo stesso può proporsi come spazio di incontro e di confronto, di elaborazione di idee e di proposte, di realizzazione di iniziative concrete da pensare e costruire insieme a tutte le persone di buona volontà.

Ritorna così di grande attualità la luminosa testimonianza di Vittorio Bachelet, tessitore paziente di dialogo e umile servitore del bene comune e della giustizia. Guidò con lungimiranza ed evangelica determinazione il processo di riforma dell’associazione, consapevole che le scelte conciliari richiedevano una partecipazione più autentica e responsabile dei laici cristiani alla vita della Chiesa e della società, e li chiamava dunque, in una tumultuosa fase di grandi cambiamenti, gravida di drammatiche tensioni sociali, a essere fermento e lievito nella realtà del proprio tempo.

Bachelet ci ha insegnato che comprendere la complessità significa connettersi in profondità con la storia di cui siamo parte, immergersi nelle pieghe delle vicende degli uomini e delle donne di cui ci sappiamo fratelli e sorelle per condividerne realmente e concretamente le domande di bene e le attese di giustizia, intraprendere nuove vie di incontro e dialogo, attraversare insieme i sentieri precari dell’esistenza cercando l’unico radicamento nell’amore solidale e nella carità fraterna.

Anche il dibattito che in queste settimane ha visto interrogarsi e discutere tanti credenti impegnati a vario titolo nel servizio politico può essere illuminato dalla testimonianza preziosa di Vittorio Bachelet, uomo della mediazione e della riconciliazione, della fiducia nell’umano e dell’impegno in prima persona nelle istituzioni, a servizio della comunità, fino al sacrificio della vita. Il fatto che tanti credenti si spendano generosamente a servizio del bene di noi-tutti, per utilizzare la definizione di Benedetto XVI, rappresenta davvero un grande motivo di speranza. Ed è più che auspicabile che molti altri possano mettersi in gioco con coraggio, competenza e senso di gratuità.

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A tutti coloro che avranno la generosità di assumersi questa importante responsabilità, e ai tanti che già lo fanno (e davvero non sono pochi, come abbiamo avuto modo di vedere a Trieste, e non solo) la comunità cristiana, in quanto tale, deve offrire un accompagnamento cordiale e fraterno, un ancoraggio esistenziale e uno spazio di discussione libera, autentica e responsabile. Deve esercitare nei loro confronti una cura attenta e delicata, che si realizzi in primo luogo dentro itinerari di discernimento e di formazione ordinaria, ma che preveda anche specifici percorsi di spiritualità e di approfondimento, di confronto e di discernimento, affinché possano vivere l’esperienza politica come autentica forma di carità.

I cristiani impegnati in politica, così, potranno concorrere in maniera significativa a innalzare la qualità della dialettica democratica, cambiamento di cui si avverte così tanto il bisogno. Lo potranno fare se sapranno tradurre il pluralismo che c’è non già in una spinta a misurare le distanze, ma in un’occasione per riscoprire il valore alto del confronto politico come strumento attraverso cui individuare il perimetro di un’agenda di questioni e sfide comuni che richiedono una rinnovata capacità non solo di cercare insieme risposte efficaci ma di maturare insieme nuove visioni di futuro.

* presidente nazionale Ac

** già presidente nazionale Ac





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