Sommario: 1. Introduzione – 2. Le misure protettive e cautelari: ambito di definizione e novità introdotte dal terzo correttivo – 3. Rinvio ex art. 363 bis c.p.c. del Tribunale di Brindisi e successiva rimessione alle Sezioni Unite – 4. Breve esegèsi dei quesiti sottoposti al vaglio della Corte – 5. Conclusioni
1. Introduzione
Il tema delle misure protettive non rappresenta di certo un novum assoluto del panorama ordinamentale giuridico, ma quello che si può certamente registrare è un loro intervento a gamba tesa all’interno della procedura della composizione negoziata, dapprima sancito nel D.L. n. 118/2021 – con il quale il nostro Legislatore ha ritenuto necessario introdurre nuove misure di supporto alle imprese per consentire loro di contenere e superare gli effetti negativi derivanti dall’emergenza epidemiologica da SARS-CoV2 – e poi confermato dal terzo correttivo al D.lgs. 12 gennaio 2019 n. 14 (Codice della crisi d’impresa e dell’insolvenza) con il quale è stata disposta l’introduzione della procedura negoziata per la soluzione della crisi d’impresa.
Di seguito approfondiremo in quali termini il predetto istituto ha dato corso ad una rivoluzione positiva nell’ambito delle procedure concorsuali, generando una serie di benefici non indifferenti per la categoria degli imprenditori.
Vedremo anche per quale motivo le misure protettive, nell’immaginario collettivo, vengono banalmente associate alle misure cautelari; e perché occorre prestare particolare attenzione a non scambiarle con queste ultime, atteso che, all’interno del più ampio genus delle misure protettive, si staglia la categoria delle misure protettive atipiche che, rispetto a quelle cautelari, presentano dei caratteri abbastanza similari.
2. Le misure protettive e cautelari: ambito di definizione e novità introdotte dal terzo correttivo
Il C.C.I.I., segnatamente all’art.2, lett. p), definisce le misure protettive e ne delinea l’ambito di applicazione come “le misure temporanee richieste dal debitore per evitare che determinate azioni o condotte dei creditori possano pregiudicare, sin dalla fase delle trattative, il buon esito delle iniziative assunte per la regolazione della crisi o dell’insolvenza […].”
Lo stesso articolo, alla lett. q), definisce invece le misure cautelari quali “provvedimenti cautelari emessi dal giudice competente a tutela del patrimonio o dell’impresa del debitore, che appaiono secondo le circostanze più idonei ad assicurare provvisoriamente il buon esito delle trattative, gli effetti degli strumenti di regolazione della crisi e dell’insolvenza e delle procedure di insolvenza e l’attuazione delle relative decisioni.”
E’, poi, il successivo art. 18 che disciplina le modalità di richiesta delle misure protettive, disponendo che “l’imprenditore può chiedere con l’istanza di nomina dell’esperto o con successiva istanza […] l’applicazione di misure protettive del patrimonio nei confronti di tutti i creditori oppure nei confronti di determinate iniziative intraprese dai creditori a tutela dei propri diritti, di determinati creditori o di determinate categorie di creditori”.
In tale contesto, si ritiene opportuno segnalare che il terzo correttivo al Codice della Crisi, apportando una modifica all’art. 18, ha esteso l’ambito di operatività delle misure protettive erga omnes, e dunque verso tutti i creditori, garantendo così una certa uniformità della disciplina e al tempo stesso assicurando la celerità del processo per la concessione delle stesse. In altre parole, il Legislatore ha previsto che l’imprenditore possa determinare il grado di selettività dei destinatari delle misure: questi, in base al disposto dell’art. 18, co.1, può individuare sin dal principio i destinatari della misura o, in luogo di questi, chiedere una misura riferita all’intero ceto creditorio, per poi ridurla successivamente, in sede di conferma da parte del giudice, limitandola ad alcuni di essi, coerentemente con quanto disposto dalla Direttiva Insolvency[1].
Trattandosi comunque di misure protettive “tipiche”, è pacifico che gli effetti tipici non si producono per effetto del mero deposito nel registro delle imprese della domanda finalizzata all’accesso a uno strumento di regolazione della crisi, ma, per contro, devono essere richiesti dall’imprenditore contestualmente al ricorso.
Una novità effettiva è, invece, rappresentata dall’introduzione di misure di protezione “atipiche”, e dunque, non predeterminate nei loro contenuti dal Legislatore. Si tenga presente, tuttavia, il carattere parziale di tale atipicità, in quanto non oggetto di un’espressa definizione sotto il profilo contenutistico, con la conseguenza che tali rimedi possono essere adesivi alle specifiche esigenze di ciascun imprenditore.
Al più, l’effettiva differenza di regime è insita nella mera opportunità, per l’imprenditore, di richiedere la misura tipica da ricollegarsi alla fattispecie concreta oggetto del proprio ricorso. A contrario, per quanto riguarda le misure protettive atipiche, è necessario un vaglio giudiziale preventivo, per garantire il più equilibrato contemperamento degli interessi dell’imprenditore richiedente e di quelli del ceto creditorio.
È qui che, di fatto, si configura il giro di boa: per i meno attenti, non è lontano il rischio di cadere nell’assimilazione dell’istituto de quo con quello delle misure cautelari. Alla stregua delle misure cautelari, infatti, le misure protettive atipiche devono essere non solo richieste, ma anche concesse. Ne deriva per l’appunto la configurabilità, in capo all’istante, di un onere di allegazione della specifica misura richiesta.
Tale distinguo, che opera inevitabilmente tra due regimi di misure spesso impropriamente assimilate, è fondamentale al precipuo fine di risolvere il dilemma sorto a seguito della decisione emessa dal Tribunale di Rimini il 3 dicembre u.s., concretatosi, poi, nel rinvio pregiudiziale alle Sezioni Unite della Cassazione affinché si esprimessero su alcune questioni di massima importanza.
Si vuol esaminare, dunque, la predetta ordinanza al fine di conoscere i quesiti sottoposti al vaglio del Supremo Consesso.
3. Rinvio ex art. 363 bis c.p.c. del Tribunale di Brindisi e successiva rimessione alle Sezioni Unite
Con una recente ordinanza di rinvio pregiudiziale ex art. 363 bis c.p.c., emessa in data 03.12.2024, il Tribunale di Brindisi decideva e rimetteva la questione alle Sezioni Unite, chiedendo che si esprimessero su alcune questioni pregiudiziali. Nella specie, ha rimesso al Supremo Consesso le seguenti questioni:
«1. Quale natura giuridica abbiano le misure protettive (tipiche e tipiche) e, in particolare, se le stesse:
a) siano ascrivibili, in alternativa, al genus delle misure cautelari atipiche ex 700 cpc, o siano, comunque, accomunabili alla species delle misure d’urgenza endoconcorsuali, connotate dalla c.d. strumentalità attenuta, con conseguente necessità di accertare in relazione ad esse il duplice requisito del fumus boni iuris e del periculum in mora;
b) abbiano natura non cautelare, con conseguente esenzione dal suddetto vaglio;
2. In ogni caso, quali debbano ritenersi i presupposti applicativi per la concessione delle misure protettive (tipiche e tipiche);
3. Se la sospensione degli effetti cambiari e degli assegni postdatati debba essere qualificata quale misura protettiva atipica o quale misura cautelare, con conseguente riconducibilità del provvedimento suddetto al novero delle une o delle altre e quali ne siano i presupposti applicativi;
4. Se l’impresa istante possa o meno beneficiare di una misura cautelare dello stesso contenuto di quella atipica richiesta, conseguita e che sia già scaduta. Ciò, in considerazione del limite, perentorio e improrogabile, di 12 mesi cui soggiacciono le (sole) misure protettive».
4. Breve esegèsi dei quesiti sottoposti al vaglio della Corte
Per quanto concerne il primo quesito, che ricomprende i punti di cui alle lett. a), b), c), il Tribunale brindisino evidenzia come “l’incertezza inerisce alla loro ascrivibilità o meno al genus di quelle cautelari, da cui discende, ovviamente, l’individuazione del tipo di vaglio rimesso al giudice nelle misure protettive in punto di fumus boni iuris e di periculum in mora.”
E’ chiaro che tale dibattito investe tanto le une – le misure tipiche – quanto le altre – le atipiche -, in quanto la loro comune determinazione ne sottende, ovviamente, una natura omogenea. Di conseguenza, si è comunemente affermato che la qualificazione, come l’una o l’altra, della singola misura richiesta, assumerebbe la valenza di una questione meramente teorica. Ciò, in quanto il regime ad esse applicabile sarebbe lo stesso.
Dunque, il Legislatore avrebbe dettato “una disciplina congiunta alle misure protettive e cautelari” e tale scelta riverrebbe la propria ragion di essere “nella finalità comune a questi istituti” che sarebbero accomunati dall’essere “misure provvisorie, funzionali ad evitare la dispersione dei valori dell’impresa nel tempo necessario a dichiarare aperta una procedura concorsuale.”
Il Tribunale di Brindisi, dopo aver confutato la tesi per cui la disquisizione de qua si involverebbe in una disputa sui massimi sistemi, si è preoccupato di evidenziare le ragioni ostative alla configurazione delle misure protettive in termini cautelari; e, segnatamente:
-
le prime non rappresenterebbero altro che un doppione delle seconde, concretizzandosi una superfetazione normativa;
-
se fossero effettivamente cautelari, le misure protettive non sarebbero accordabili se non nell’ipotesi in cui sia superata la duplice valutazione di fumus e periculum.
Tale interpretazione – evidenzia il Tribunale remittente – rischierebbe di depotenziare l’ambito operazionale dell’istituto in contrasto con il generale principio di effettività della tutela giurisdizionale, quale imposta da norme di rilievo costituzionale agli artt. 24 e 113 Cost., nonché sovranazionale agli artt. 6 e 13 Cedu e 47 Cdfue; e tale principio, com’è noto, opera quale criterio esegetico nell’interpretazione delle norme processuali.
Per ciò che attiene i presupposti applicativi delle misure, di cui al secondo quesito, ci si richiama alle disposizioni di cui agli artt. 18 e 19 del C.C.I.I., nonché alle indicazioni contenute nella Direttiva Insolvency, già opportunamente esplicitati in ordine ai termini di legge previsti e all’osservanza delle particolari condizioni processuali per la loro applicabilità.
In ultimo, rimangono le questioni di diritto altrettanto controverse, relative al terzo e al quarto punto; entrambe, in considerazione del limite, perentorio e improrogabile, di dodici mesi cui soggiacciono le (sole) misure protettive.
Nella fattispecie concreta, la società istante aveva attivato un procedimento volontario di composizione negoziata – nella specie un concordato preventivo ai sensi degli artt. 40 e 44 comma 1, C.C.I.I. – riservandosi di depositare la proposta, il piano e la documentazione di cui all’art. 39 C.C.I.I. entro il termine fissato dal Tribunale.
Avendo la società chiesto un termine di proroga di sessanta giorni del termine di cui all’art. 44, co.1, lett. a), C.C.I.I., – richiesta peraltro accolta positivamente dal Tribunale – la stessa ha poi presentato un’istanza della sospensione degli effetti cambiari e degli assegni postdatati, qualificando la stessa quale misura protettiva, s’intende, atipica.
Ora, in difetto della qualificabilità di tale istanza di tutela quale misura protettiva atipica, in alternativa, sarebbe possibile argomentarne la riconducibilità della suddetta richiesta alle misure cautelari. Il Giudice di Brindisi condivide tale inquadramento, operato dalla parte, perché è evidente la funzione protettiva della misura e, d’altro canto, lo stesso – ove si scelga di accogliere la ricostruzione delle misure protettive, quali misure non cautelari – esonera l’interprete dal vaglio della ricorrenza dei presupposti (tipici e stringenti) della tutela cautelare: periculum in mora e fumus boni iuris. Ciò, in armonia con l’indubbia ratio di favor per la salvaguardia del valore-impresa che è posta a fondamento della costruzione comunitaria e dell’impianto del codice della Crisi.
A ciò va aggiunto senz’altro il tema della durata, fisiologicamente pluriennale della procedura di concordato preventivo, destinata a proiettarsi nel tempo per un intervallo considerevole, per la quale assume rilievo anche la possibilità, già rivendicata in udienza dalla parte, di poter beneficiare di una misura cautelare dello stesso contenuto di quella atipica richiesta e conseguita. Ciò, in considerazione del limite, perentorio e improrogabile, di dodici mesi cui soggiacciono le misure protettive.
5. Conclusioni
Di certo, la pronuncia del Tribunale di Brindisi del 3 dicembre u.s., unitamente agli ultimi interventi normativi – sia di rango nazionale, con riferimento alla precipua collocazione dell’istituto in uno spazio ad esso dedicato all’interno del Codice della Crisi d’Impresa, sia di tenore sovranazionale, richiamando la Direttiva Insolvency – hanno evidenziato dubbi ed incertezze in relazione alla natura e all’ambito di applicabilità delle misure protettive a casi concreti sottoponibili all’interpretazione degli organi competenti, motivo per cui si ritiene che il rinvio alle Sezioni Unite sia una misura certamente necessaria ed attesa.
A tal proposito, non si può prescindere dal citare le stesse conclusioni cui è pervenuto l’organo giudicante, specie nella misura in cui “Invero, ritiene questo Giudice rimettente che l’alleggerimento probatorio in capo all’istante e la maggiore conformità al principio di effettività della tutela renderebbero preferibile la qualificazione in termini di misure protettive atipiche della richiesta di sospensione dei pagamenti” e, così continuando, “lo stesso principio dovrebbe indurre a ritenere praticabile il ricorso alle misure cautelari una volta che siano esauriti gli effetti di quelle protettive.”
In definitiva, l’orientamento condiviso dal Tribunale di Brindisi sembra obiettivamente quello più cauto, anche alla luce del fatto che in tal senso depone la necessità di un’interpretazione comunitariamente conforme in una materia, qual è quella di specie, soggetta alla competenza concorrente dell’Unione europea.
[1]Direttiva (UE) 2019/1023 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 20 giugno 2019, riguardante i quadri di ristrutturazione preventiva, l’esdebitazione e le interdizioni, e le misure volte ad aumentare l’efficacia delle procedure di ristrutturazione, insolvenza ed esdebitazione, e che modifica la direttiva (UE) 2017/1132 (direttiva sulla ristrutturazione e sull’insolvenza) (Testo rilevante ai fini del SEE.) https://eur-lex.europa.eu/legal-content/it/TXT/?uri=CELEX%3A32019L1023
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