lei tradisce e si separano? La casa di sua proprietà va al marito

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BRINDISI – Non solo dovrà versare un assegno di mantenimento, poiché la loro figlia è una studentessa universitaria, ma deve “cedere” la casa di sua proprietà al coniuge. Anzi, praticamente ex coniuge. Poiché ci vive con la figlia studentessa. Per il tribunale di Brindisi l’addebito, ossia la violazione dei doveri coniugali, è della donna. La sentenza risale al 10 febbraio 2025 e giunge al termine di un allontanamento tra marito e moglie che va avanti da qualche anno. I dettagli sono volutamente sfumati per tutelare la privacy di tutte le persone coinvolte, ciò che è di interesse pubblico è la decisione del collegio giudicante presieduto dalla presidente Fausta Palazzo (a latere i giudici Gabriella Del Mastro e Vladimiro Gloria).

Ad assistere l’uomo ci ha pensato l’avvocato Antonella Rizzo (dello studio Rizzo-Sartorio), che spiega che questo pronunciamento “è importante, per tutti i padri separati che affrontano situazioni analoghe a quella del mio assistito. Per lui, è sicuramente una forma di riscatto”. Qualche dettaglio per inquadrare meglio la vicenda: i coniugi sono sposati da diversi anni, hanno anche una figlia. Vivono in un comune del Brindisino, la casa è di proprietà esclusiva di lei. Nel rapporto qualcosa si rompe, la routine quotidiana diventa insostenibile. Fin qui, nulla di eccezionale, la vicenda finisce davanti al tribunale di Brindisi. Scorrere le pagine della sentenza aiuta a dare il quadro. E fa comprendere come è maturata la decisione al termine della causa di separazione.

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Tra le motivazioni salta all’occhio una relazione extra-coniugale, intrattenuta dalla donna. Ora, ai fini della decisione del tribunale, è importante che tale relazione sia avvenuta prima della rottura della coppia: è stata la condotta infedele a dare il “la” all’allontanamento dei coniugi. Inoltre, dalla fase istruttoria è emerso che quando padre e figlia vivono insieme, la quiete famigliare è garantita. Anzi, la presidente nella sentenza, parlando di frequenti litigi in casa, cita un’ordinanza della Cassazione: “le violenze fisiche e morali inflitte da un coniuge all’altro costituiscono violazioni dei doveri nascenti dal matrimonio talmente gravi […] da fondare la dichiarazione di addebito della separazione al loro autore”. In questo caso alla donna, le cui condotte “rientrano nella figura della violenza morale”. Dopotutto, la stessa figlia ha scelto di vivere col papà.

Naturalmente, la donna in giudizio ha dato la propria versione dei fatti, ma al termine dell’istruttoria non è parsa plausibile. Non sarebbe stata lei la parte “denigrata e mortificata” quotidianamente. Da questi elementi, le decisioni del collegio giudicante: revoca del diritto a un assegno di mantenimento per la donna. Anzi, sarà lei a dover versare mensilmente 100 euro. La figlia non è ancora economicamente autosufficiente, sta studiando. La casa coniugale è sì di proprietà della donna, ma lì ci devono vivere solo coniuge e figlia, perché è emerso come “a seguito dell’allontanamento dalla casa coniugale [della donna] il clima famigliare sia migliorato”. Infine, anche le spese processuali sono a carico della donna.

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