Il governo Meloni è messo male. Sono diversi gli scandali e gli scontri tra gruppi di interesse che si susseguono e che lo rendono sempre più traballante.
L’ultimo in ordine di tempo è il caso Paragon. Un software di sorveglianza, sviluppato da un’azienda israeliana e acquistato dal governo italiano, è stato usato per spiare cittadini italiani, inclusi giornalisti, politici e attivisti. Un lavoro sistematico di spionaggio che il governo ha informato non essere stato condotto dai servizi segreti italiani e al contempo di non sapere chi possa averlo condotto. Nel frattempo, sempre il governo Meloni, ha tenuto a precisare che il contratto non è stato disdetto e che è pienamente in essere.
Il gioco delle tre scimmiette: non vedo, non sento, non parlo. Chi vede, sente e parla è la talpa interna a Fratelli d’Italia che ha consegnato a il Fatto Quotidiano una serie di chat interne in cui Meloni e i suoi ne dicevano di tutti i colori su Salvini, la Lega e gli altri alleati di governo. Il libro sponsorizzato da il Fatto è un tentativo di alimentare le fratture interne alla maggioranza, tutt’altro che limitate ai pettegolezzi via WhatsApp.
Qualche settimana prima c’era stato il caso Al-Masri. Un torturatore e terrorista libico, ricercato a livello internazionale, se ne andava in giro per l’Italia. Arrivata la richiesta di arresto da parte dagli organi internazionali, il governo Meloni, nel silenzio generale, anziché arrestarlo lo piazza su un volo di Stato diretto a Tripoli. I lager libici, il traffico illegale di petrolio e il resto degli affari di “sicurezza nazionale” sono al sicuro. Ma un avvocato di centrodestra, Li Gotti, sputtana tutto accusando il governo di aver buttato denaro pubblico per accompagnare Al-Masri a casa.
Nei giorni a seguire, alla solita maniera del teatrino dei pupi, nei salotti televisivi volano bastonate di gomma. Il PD si è distinto, parlando di questione morale. Da che pulpito! Proprio il Pd, nel 2011, ha votato per l’intervento militare italiano in Libia di cui i massacratori di immigrati rinchiusi nei lager libici sono stati l’ovvia conseguenza.
Questi sono solo alcuni esempi che mostrano come in definitiva i siluri sparati tra le varie fazioni borghesi di capitalisti si moltiplicano e la lotta per bande impazza. Ma cosa sta succedendo?
Lo scontro è più ampio e profondo di quello che si vede assistendo alla lotta trai i pupi del teatrino della politica borghese. Il punto è che la crisi avanza e gli interessi dei capitalisti sono sempre più in conflitto tra di loro. L’insediamento di Trump negli Usa ha creato nuovi scombussolamenti politici nella crisi del sistema delle relazioni della comunità internazionale radicalizzando ulteriormente lo scontro con i gruppi imperialisti Ue (Francia e Germania). È per questo scontro che in mezzo alla propaganda e alla nube tossica dell’informazione di regime si susseguono a raffica operazioni, manovre e azioni sottobanco con cui ogni fazione in campo cerca di avvantaggiarsi sull’altra.
Questo scontro in atto ha una natura economica, commerciale e finanziaria ed è trasversale a tutti i paesi. All’interno degli Usa, ad esempio, c’è una parte dei gruppi imperialisti che ha interesse nel continuare a fare affari con l’Ue e con altri paesi del mondo contro cui invece Trump e i suoi sono in aperta concorrenza. Lo scontro è trasversale anche agli schieramenti politici. Durante la campagna elettorale per le politiche statunitensi, ad esempio, miliardari storicamente vicini ai Democratici si sono schierati con Trump (Musk è il principale di questi), governatori Repubblicani fino al midollo come Schwarzenegger si sono schierati contro Trump.
Questi scontri coinvolgono direttamente anche nel nostro paese e sono la fonte dei continui siluri che le fazioni dei vertici della Repubblica Pontificia continuano a scagliarsi reciprocamente. Gli interessi fra “partito americano”, “partito europeo” sono divergenti e sempre più inconciliabili.
Tra i vertici della Repubblica Pontificia rispetto al governo Meloni diverse sono le linee in lotta. C’è una parte anti Meloni che vuole solo raddrizzare la traiettoria del governo, un’altra che vorrebbe farlo cadere e sostituirlo ma con il rischio di cadere in strade già battute (Monti, Draghi, ecc.) con risultati rischiosi e una che vuole screditare il governo ma solo con la speranza di raccogliere consensi agli occhi dell’opinione pubblica. Tutti questi attori sono ben decisi a non ricorrere alla mobilitazione delle masse popolari, limitandosi solo a minacciare di farlo.
Stante il vicolo cieco in cui si sono infilati i vertici della Repubblica Pontificia è necessario dargli il colpo di grazia, questo significa far cadere, dal basso, il governo Meloni. Fare questo significa innanzitutto alzare di tono tutte le mobilitazioni per la cacciata del governo, estenderne la portata perché la “massa critica” contro il governo si allarghi e rendergli la vita impossibile rendendo ingovernabile il paese.
Fare questo vuol dire innanzitutto organizzarsi, coordinarsi e agire da autorità alternative al potere costituito. Organizzazioni operaie (come il Consiglio di Fabbrica della GKN di Firenze), organizzazioni popolari (come la Consulta Popolare Sanità e Salute di Napoli), organizzazioni sindacali di base, comitati e organismi nati sull’onda delle mobilitazioni contro la guerra (come i nodi territoriali in solidarietà con la Palestina, il Comitato No Comando Nato di Firenze e gli altri movimenti No base di tutto il paese), i partiti “anti sistema” e le liste che alle elezioni si candidano sfidando le Larghe Intese, i movimenti (come Friday For Future, il Coordinamento nazionale No Nato, il Movimento NO TAV, ecc.): indipendentemente da mille differenze appartengono tutti al campo di coloro che si mobilitano contro la crisi e i suoi effetti, la classe dominante, il governo Meloni… Indipendentemente dalle differenze devono costituire un fronte comune perché SOLO unendo le forze di tutti è possibile sbarrare la strada alla classe dominante e cambiare la rotta che sta imponendo al paese. La questione decisiva di questa fase, dunque, è organizzarsi, coordinarsi e rendere ingovernabile il paese per imporre il Governo di Blocco Popolare.
Assegnare a ogni azienda compiti produttivi utili e adatti alla sua natura, secondo un piano nazionale. Nessuna azienda deve essere chiusa.
Distribuire i prodotti alle famiglie e agli individui, alle aziende e a usi collettivi secondo piani e criteri chiari, universalmente noti e democraticamente decisi.
Assegnare a ogni individuo un lavoro socialmente utile e garantirgli, in cambio della sua scrupolosa esecuzione, le condizioni necessarie per una vita dignitosa e per la partecipazione alla gestione della società. Nessun lavoratore deve essere licenziato, a ogni adulto un lavoro utile e dignitoso, nessun individuo deve essere emarginato.
Eliminare attività e produzioni inutili o dannose, assegnando alle aziende coinvolte altri compiti.
Riorganizzare tutte le altre relazioni sociali in conformità alla nuova base produttiva e al nuovo sistema di distribuzione.
Stabilire relazioni di solidarietà e collaborazione o di scambio con gli altri paesi disposti a stabilirle con noi.
Epurare gli alti dirigenti della Pubblica Amministrazione che sabotano la trasformazione del paese, conformare le Forze dell’Ordine, le Forze Armate e i Servizi d’Informazione allo spirito democratico della Costituzione del 1948 e ripristinare la partecipazione universale dei cittadini alle attività militari a difesa del paese e a tutela dell’ordine pubblico.
Queste sono le misure generali che raccolgono e combinano tutte le principali rivendicazioni dei lavoratori e delle masse popolari. La loro attuazione non cade dal cielo e non ci sarà “regalata” da nessun governo delle Larghe Intese.
Per la loro attuazione serve il Governo di Blocco Popolare.
***** l’articolo pubblicato è ritenuto affidabile e di qualità*****
Visita il sito e gli articoli pubblicati cliccando sul seguente link