La criminologa sul ragazzo arrestato in Alto Adige e sul piano di uccidere una persona fragile:«L’avrebbe fatto. Questo attacco brutale e vigliacco non era solo una fantasia»
«Insospettabile? Questo ragazzo manifesta tratti di chiara matrice narcisistica: dei segnali che qualcosa stava evolvendo in maniera profondamente malevola deve averli dati per forza. Com’è possibile che un genitore non si renda conto che sta coltivando un mostro dentro casa?». La criminologa Roberta Bruzzone invita ad accantonare il cliché del ragazzo modello che nascondeva devianza e piani criminali commentando l’arresto per terrorismo del 15enne altoatesino
Professoressa, come interpreta questo caso?
«È la manifestazione di un sé grandioso oscuro e distruttivo. Parliamo di un ragazzo gravemente disturbato a livello psichiatrico: la famiglia e la scuola dovevano sapere».
Esclude che nessuno si sia accorto di nulla?
«Faccio molta fatica a pensare che un ragazzo così compromesso non abbia dato chiari segnali di disagio. Le letture che faceva, i valori che promuoveva, i discorsi e l’atteggiamento sprezzante verso i più fragili: con una personalità narcisistica tendo a escludere che abbia tenuto tutto nascosto».
Il materiale sequestrato rivela un mix di suprematismo, satanismo e nazismo. Ha senso?
«Non sono contraddizioni ideologiche, è un problema di psicopatologia. Tutto quello che va ad alimentare quel sé grandioso così patologico va bene: non è un problema di coerenza. Anche le SS erano fortemente contaminate da rituali esoterici, quasi a richiamare una sorta di potere divino. È la dimensione farneticante del sé grandioso quella più oscura e pericolosa, che porta a varcare il confine tra la fantasia di grandiosità e l’atto criminale eclatante».
Le evidenze rivelano che stava progettando l’omicidio di un senzatetto. L’avrebbe fatto o cercava attenzione?
«L’avrebbe fatto. Questo tipo di personalità è totalmente priva di empatia e l’obiettivo è alimentare sempre di più il sé grandioso e la considerazione del gruppo di riferimento. Non si sarebbe fermato. Questo attacco brutale e vigliacco non era solo una fantasia, ma un piano criminale per fortuna sventato in tempo».
Il contesto in cui viveva può aver influito?
«Vivere in una terra di benessere, su personalità non particolarmente solide può avere un brutto effetto. Un ragazzino cresciuto da genitori di successo, con un buon livello economico e socio-culturale, può arrivare a pensare di essere un privilegiato e di avere maggiori diritti rispetto agli altri. È un fattore che considererei».
Com’è cambiata la devianza giovanile nell’era digitale?
«Il grosso problema oggi non è tanto il digitale, ma la componente psicopatologica di ragazzi che non sono solo devianti: hanno personalità profondamente distorte. Nelle baby gang i soggetti si sentono gratificati. In quel gruppo di squilibrati, il 15enne si è sentito considerato, nutrito, riconosciuto come potente, forte e cattivo».
Quali i segnali precoci?
«Se i bambini hanno grosse problematiche nella gestione della rabbia, della frustrazione, delle regole, non sanno relazionarsi con gli altri bambini, non sanno giocare, non riescono a instaurare relazioni significative, sono controllanti, ossessivi verso tutto quello che fa parte del loro mondo, molto gelosi ed estremamente competitivi. Un genitore attento si rende conto che qualcosa non va. Ma tutti questi ragazzi, di solito, hanno famiglie che non li hanno visti».
Ora il 15enne in arresto nel carcere minorile.
«Il carcere è un posto dove è difficile coltivare fantasie di grandiosità; speriamo che ci rimanga per un bel pezzo, considerate le accuse. Bisogna insegnargli a contenere la rabbia e la frustrazione, a ridimensionare il suo sé grandioso».
Potrà diventare un adulto “stabile”?
«A 15 anni la personalità è ormai formata, e questa è profondamente disturbata. Il carcere sarà una battuta d’arresto; speriamo sia seguito adeguatamente, ma i margini di recupero in questi casi sono ridotti. Resterà pericoloso per il resto della sua vita».
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