Il provvedimento sulla rottamazione delle cartelle, sussurrano in Parlamento, «sta camminando» ma Forza Italia non ha alcuna intenzione di intestarselo
Antonio Tajani è cresciuto alla corte di Silvio Berlusconi, conosce a menadito l’arte di farsi concavo o convesso – frase cult del Cavaliere – a seconda delle circostanze. E ha visto il fondatore di Forza Italia mediare tra le spinte centrifughe di Gianfranco Fini e quelle opposte del senatur Umberto Bossi.
Ecco perché da vicepremier, Tajani fa il contro-canto all’altro vice, Salvini, che è solito fare uscite fuori linea, più per far rumore che per altro. È lui, insomma, la forza tranquilla ed europeista di un Esecutivo che si fa notare all’esterno in questi giorni più per il trumpismo che per altro, più per le urla e i bracci di ferro con i sindacati, i magistrati, le corti internazionali, che per l’azione di governo.
L’ANIMA RIFLESSIVA E MULTITASKING
Non è un caso se il diretto interessato ci scherza anche su: «Sono l’anima sinistra del centrodestra», si lascia andare quasi soddisfatto. Ed essere l’anima “sinistra” non significa certo sposare la piattaforma programmatica del campo largo. Ma, di sicuro, significa distinguersi, provando a rappresentare un’area centrale della coalizione che possa essere attrattiva anche per chi sta fuori dalla compagine di governo.
Ieri, giovedì 13 febbraio, per fare un esempio, non è passato inosservato un lungo colloquio in Transatlantico tra il vicepremier azzurro e il segretario nazionale di Sinistra italiana, Nicola Fratoianni. «Parlo sempre con Nicola, abbiamo parlato dei bambini palestinesi che arrivano oggi» ha spiegato a chi gli ha chiesto conto. Tajani si confronta con tutti, ascolta, smussa, cerca di allargare, quasi come fosse una missione.
È, insomma, l’anima più riflessiva della coalizione, quella che si potrebbe ribattezzare del “buon senso”, che non solletica il populismo di destra.
Si muove su più tavoli in qualità di leader di partito, vicepremier e ministro degli Esteri. Ma senza fare ombra alla premier. Rispetta le gerarchie e si mostra leale alla causa, ma di sicuro è distante dalla postura di chi, come il leader della Lega, vuole profittare del contesto per lucrare consensi a Forza Italia e Fratelli d’Italia.
I VICEPREMIER DIVISI SU TUTTO
Raccontano fonti qualificate che, al netto di alcune frasi di circostanze e delle note congiunte diramate dagli uffici stampa, i due vicepremier siano distanti su quasi tutto. «È un film che si ripete, ricordate Fini e Bossi?» sorride un meloniano doc in Transatlantico.
Se Salvini sposa l’ultima mossa di Meloni sui centri in Albania, Tajani non si sbilancia, preferisce restare a debita distanza: «Ancora non c’è niente, non ne abbiamo parlato. Io mi sto preoccupando più delle questioni di guerra, poi vediamo l’Albania». La priorità è il suo dicastero: «Che ci siano dialoghi per la pace tra Stati Uniti e Russia per quanto riguarda la guerra in Ucraina lo trovo un fatto positivo. È la priorità numero uno sia in Ucraina, sia in Medio Oriente. Sul ruolo dell’Europa è fondamentale che ci sia un ruolo non secondario. Ho sempre detto che non dobbiamo andare da soli, siamo due facce della stessa medaglia».
In Europa è un punto di riferimento dei popolari europei e non è mistero che abbia avuto un ruolo sulla nomina di Raffaele Fitto, suo ex compagno di partito, come vicepresidente esecutivo del gabinetto di Ursula von der Leyen. Non a caso sembra essere lui il garante dell’Esecutivo fra Bruxelles e Strasburgo.
L’ANTISALVINISTA
La moderazione è la cifra della sua leadership. Per tutte queste ragioni auspica un accordo su Simona Agnes per la Rai, perché «stiamo parlando della figlia di Biagio, colui che ha inventato il Tg3, non è una pericolosa reazionaria». E ancora, tiene il punto sulla riforma dei medici di famiglia: «Abbiamo cominciato a discuterne. Siamo tutti d’accordo sulla necessità di farla, bisogna vedere come. Sui medici va fatta una riforma, però siamo contrari a far entrare tutti i medici di base come dipendenti pubblici, e difendiamo le Casse di previdenza delle libere professioni tutte, che rappresentano una risorsa. Siamo sempre per meno pubblico e più privato, che non significa non avere la sanità pubblica».
TAJANI, LA PRIORITÀ È LA RIDUZIONE DELL’IPERF
Tutto questo senza perdere di vista il core business di Forza Italia, ovvero il “meno tasse per tutti” di berlusconiana memoria. «La nostra priorità è la riduzione dell’Irpef. Per quanto riguarda la rottamazione, sul principio siamo d’accordo. Sediamoci al tavolo e vediamo cosa possiamo fare. Bisogna vedere quanti soldi ci sono, ma in linea di principio per noi va bene, l’abbiamo sempre detto. Tuttavia, ripeto: la priorità è dare un segnale al ceto medio. La rottamazione è una tantum, giusta, la riduzione Irpef diventa una cosa strutturale».
Come dire: la rottamazione si farà ma noi di Forza Italia non intendiamo intestarcela. Tra le righe Tajani bacchetta Salvini che sponsorizza la rottamazione delle cartelle esattoriali, ormai digerita dalla presidente del Consiglio, che, sussurrano in Parlamento «sta camminando» e sarà incanalata in un provvedimento ad hoc.
L’ANTISALVINISMO A FIRMA TAJANI
Su queste note si innesta l’antisalvinismo di governo a firma Tajani, che elogia l’accordo tra maggioranza e opposizione sui giudici della Corte costituzionale: «È un bel segnale per la democrazia» sottolinea il leader azzurro. Una dichiarazione che in Transatlantico viene percepita come l’ennesimo indizio di un leader che mostra una postura da potenziale candidato alla presidenza della Repubblica.
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