Tre notti, tre giorni, una barella e una vertebra fratturata. Mario, un anziano residente nel ciriacese, ha trascorso quasi 72 ore nel Pronto Soccorso dell’Ospedale di Ciriè, in attesa di un intervento che non è mai arrivato. La sua storia si aggiunge a una lista sempre più lunga di episodi di disagi e disservizi nella sanità pubblica.
Tutto ha avuto inizio martedì 11 febbraio, quando Mario, mentre aggiustava una serranda in casa, è caduto da una scala. Una diagnosi immediata: frattura della vertebra L2. Ricoverato al Pronto Soccorso, sottoposto agli accertamenti di rito, ha ricevuto la notizia che sarebbe stata necessaria una consulenza specialistica per stabilire il trattamento più adeguato. E qui inizia l’odissea.
Secondo quanto emerso, il team medico dell’Ospedale di Ciriè era pronto a operare, ma ha ritenuto opportuno chiedere una consulenza al CTO di Torino, punto di riferimento per la traumatologia d’urgenza. La prassi prevede che la documentazione clinica e le immagini degli accertamenti vengano inviate tramite un fattorino dell’ASL, il quale, secondo la versione dell’azienda sanitaria, ha regolarmente consegnato tutto al CTO.
Ma qui il meccanismo si inceppa. Gli specialisti del CTO, contattati dall’Ospedale di Ciriè, hanno riferito di non aver ricevuto nulla. Il cd con le immagini diagnostiche, indispensabile per valutare l’intervento, si sarebbe perso nel passaggio tra i due ospedali. Senza una risposta certa, il caso di Mario è rimasto in sospeso. Nel frattempo, il paziente è rimasto parcheggiato su una barella, senza poter mangiare, nell’attesa di un parere che non è mai arrivato.
Dopo giorni di attesa e di polemiche, l’ASL TO4 ha rilasciato una dichiarazione ufficiale sulla vicenda:
“Il signore ha avuto accesso al Pronto Soccorso di Ciriè nella tarda mattinata di martedì 11 febbraio e, dopo aver effettuato gli accertamenti strumentali necessari, è stata richiesta una consulenza al CTO di Torino. Come avviene in questi casi, copia della documentazione clinica e delle relative immagini è stata portata al CTO da un fattorino dell’ASL e regolarmente consegnata. Ma lo specialista interessato, contattato dall’Ospedale di Ciriè, ha riferito di non averla in suo possesso. Ieri pomeriggio è stata richiesta una consulenza allo specialista del Presidio Ospedaliero San Giovanni Bosco di Torino e questa mattina gli è stata consegnata copia della documentazione clinica e delle relative immagini. Siamo molto dispiaciuti per il disguido che si è verificato, ma si precisa che il signore è continuamente monitorato clinicamente e controllato e non presenta complicanze.”
Questa mattina lo specialista del Presidio Ospedaliero San Giovanni Bosco ha effettuato la consulenza e richiesto ulteriori accertamenti.
“Il paziente – dichiara l’Asl TO4 – è stato ricoverato in reparto”.
Il Pronto Soccorso dell’Ospedale di Ciriè, situato in via Battitore 7/9, è una componente essenziale del sistema sanitario dell’ASL TO4, servendo una vasta area del Canavese. Come molti reparti di emergenza in Italia, anche questa struttura affronta sfide importanti legate al sovraffollamento e alla carenza di personale medico.
La vicenda di Mario non è un episodio isolato, ma l’ennesima spia di una sanità pubblica sempre più in affanno. Liste d’attesa interminabili, carenza di personale, posti letto insufficienti e una catena di comunicazione spesso inefficiente sono solo alcuni dei problemi che affliggono il sistema ospedaliero.
Negli ultimi anni, in Piemonte, i reparti di emergenza si trovano in una situazione di sovraccarico cronico. Il Pronto Soccorso di Ciriè, come molti altri presidi ospedalieri, deve fare i conti con una carenza strutturale di posti letto nei reparti, costringendo i pazienti a sostare per giorni nelle aree di emergenza, spesso su letti di fortuna o barelle.
Secondo i dati di Cittadinanzattiva, il 30% delle segnalazioni sulla sanità in Piemonte riguarda proprio i Pronto Soccorso, con tempi di attesa che possono arrivare fino a 72 ore per un ricovero. Il caso di Mario si inserisce dunque in un contesto già noto, in cui il rischio di rimanere intrappolati in un limbo assistenziale è sempre più alto.
Questa vicenda evidenzia anche un’altra criticità: il problema della burocrazia sanitaria. Il fatto che un cd con immagini diagnostiche possa andare perso tra un ospedale e l’altro sottolinea la fragilità del sistema di comunicazione interna tra i presidi.
In molti ospedali italiani, le consulenze specialistiche tra strutture diverse sono ancora gestite con strumenti cartacei o supporti fisici come cd e referti stampati, invece di essere completamente digitalizzate e condivise in tempo reale su piattaforme sicure. Questo non solo aumenta i rischi di errore, ma allunga i tempi di diagnosi e intervento, con gravi conseguenze per i pazienti.
Mentre l’ASL TO4 parla di un semplice disguido, il caso di Mario resta aperto. Dopo tre giorni di attesa, la consulenza specialistica è finalmente stata richiesta al Presidio Ospedaliero San Giovanni Bosco di Torino, che ha ricevuto una nuova copia della documentazione.
Ma per l’anziano paziente, il tempo trascorso immobile su una barella rimane una realtà fatta di dolore e incertezza. Un tempo che, per chi si affida al servizio sanitario pubblico, non dovrebbe mai trasformarsi in un’agonia senza risposte.
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