Il ceo Paolo Ardoino: «Esploreremo le strade per collaborazioni innovative e il potenziale per rivoluzionare il panorama sportivo globale»
Avenida La Revolucion, El Salvador, 30 gradi di temperatura massima e la legislazione più favorevole al mondo per chi opera in bitcoin e criptovalute. Qui, tra la sede fresca di inaugurazione di Google per il Centro America e un Hotel Sheraton c’è il nuovo quartier generale Tether Investments, da venerdì azionista della Juventus. Il colosso delle criptovalute stablecoin, società da 140 miliardi di dollari di giro d’affari e 350 milioni di utenti, fondata nel 2014 dall’ex chirurgo torinese Giancarlo Devasini, ha annunciato in una nota di aver acquisito «una quota di minoranza in Juventus». Le prime indiscrezione erano riportate da Milano Finanza il pacchetto di azioni acquistate sul mercato secondario, quindi non è stata Exor a vendere, corrisponderebbe al 5% della società bianconera, pari a 45 milioni di euro.
La conferma è arrivata sabato 15 febbraio mattina: «Inviato un comunicato alla Consob per la partecipazione nel capitale sociale della Juventus», scrive il ceo di Tether Ardoino, chiarendo che «la partecipazione sarebbe rilevante ai fini delle dinamiche di Borsa e della Consob: un chiarimento che ritengo opportuno visti alcuni commenti poco informati. Tether ha comunicato alla Consob, come da requisito, la propria partecipazione nel capitale sociale della Juventus, una volta superata la quota del 5% di voting rights».
Tether avrebbe dunque acquisito il 5,01% delle quote societarie bianconere, non dalla famiglia Agnelli-Elkann ma dal mercato borsistico.
Il quarto uomo più ricco d’Italia è dunque diventato, attraverso Tether, il secondo azionista della Juventus, dietro solo a Exor (al 65%) della famiglia Elkann e davanti al fondo di investimenti Lindstell Train che un mese ha ridotto la sua partecipazione sotto il 5%. «Questo investimento – si legge in una nota – segna una pietra miliare significativa per Tether».
Cripto in campo
«In linea con il nostro investimento strategico nella Juve, Tether sarà un pioniere nell’unire nuove tecnologie, come asset digitali, intelligenza artificiale e biotecnologie, con la consolidata industria sportiva per guidare
il cambiamento a livello globale – ha commentato Paolo Ardoino, Ceo di Tether – Esploreremo le strade per collaborazioni innovative e il potenziale per rivoluzionare il panorama sportivo globale». In pratica l’operazione sarebbe di natura industriale e non speculativa.
Chi è Devasini
Ma chi è Devasini. Il fondatore di Tether ha un patrimonio stimato in circa 10 miliardi di dollari, e nella classifica dei Paperoni italiani precede persino Piero Ferrari (8,6 miliardi), che possiede circa il 10% della casa automobilistica fondata dal padre, Enzo. Classe 1964, torinese, Devasini è stata protagonista di un’ascesa sorprendente che lo ha portato ad essere il 270esimo uomo più ricco del mondo, quarto tra gli italiani e con un patrimonio tre volte quello di John Elkann. Dopo essersi laureato in medicina all’Università di Milano, ha avviato la sua carriera da chirurgo plastico. Ma dopo due anni decide subito di abbandonare l’attività per dedicarsi ad altro, disincantato da un settore che immaginava diverso. Inizia un’altra vita. E comincia a fare impresa, sebbene con alterne fortune. Investe in diverse società informatiche, hardware per computer, riunite sotto il cappello della holding Solo. Nel 2008 UN incendio manda in fumo il magazzino e gli uffici di Devasini; e la Solo Spa viene messa in liquidazione. Poi l’ex chirurgo si lancia in un servizio di consegna a domicilio di cibo, chiamato Delitzia. Ma anche questa avventura legata al benessere ha vita breve. Nel 2014 finalmente la svolta, con le monete digitali, la finanza e, soprattutto, le criptovalute.
Nel 2014 Devasini fonda Tether, con l’idea di rivoluzionare un settore segnato dalla volatilità degli investimenti, ancorando la criptovaluta al dollaro, e quindi rendendola stabile. I segreti del suo successo infatti sono due: Bitfinex, un importante exchange di criptovalute, ma soprattutto Tether, una stablecoin, vale a dire una criptovaluta il cui valore è ancorato ad altri beni, dunque molto meno volatile del Bitcoin e perciò utilizzata soprattutto nei paesi emergenti, come moneta rifugui anti inflazione. Si calcola che questa criptovaluta abbia token in circolazione per 140 miliardi di dollari. Una massa di denaro che garantisce ai soci di Tether profitti per 14 miliardi di dollari, quindici volte la capitalizzazione di Borsa della Juventus Football Club.
Riservato e giramondo
Ancora, si sa che Devasini non ha mai amato l’idea di diventare un personaggio pubblico. Anzi fugge i riflettori. «Lui è riservatissimo. Sempre in viaggio, iperattivo, propositivo. E con Torino i legami sono molto rarefatti» lo ha raccontato al Corriere il socio Paolo Ardoino. «Molti scrivono che Giancarlo è un ex chirurgo plastico. In realtà si è dedicato a fare imprese tech per 30 anni. Credo che abbia fatto davvero pochi interventi in sala operatoria. Lui è un imprenditore che ha avuto un’idea semplice ma estremamente innovativa. Grazie alla criptovaluta UsdT, il dollaro digitale, con ogni token del valore di un dollaro e supportato da riserve fisiche, in Treasury bonds statunitensi».
È Ardoino a proporsi come socio per sviluppare da solo il nuovo matching engine della piattaforma, «poi ho iniziato a occuparmi anche di organizzazione ed espansione del business. A quell’epoca, per velocizzare i cambi col dollaro – che lasciavano gli acquisti sospesi per uno o più giorni – era appena nato Tether. Oggi lo usano 350 milioni di persone in tutto il mondo».
Dal social di Trump alla Juve
Dopo aver costruito un impero delle criptovalute, le stablecoin agganciate al dollaro, attraverso cui cui oggi la società di Devasini avrebbe più bond americani in pancia che il Tesoro della Germania o dell’Australia, la sua Tether è diventata protagonista del nuovo corso politico americana oggi decisamente cripto friendly. Nonostante le inchieste dell’Fbi sull’uso delle cripto da parte di gruppi criminali e anche terroristici, Tether ha raccolto l’interesse e gli investimenti (circa 600 milioni di dollari in bond convertibili) di Howard Lutnick, segretario al commercio di Donald Trump. La Tether di Devasini non si è fermata qui. Ma ha recentemente annunciato un investimento da 775 milioni di dollari in Rumble, l’altra Youtube, la piattaforma di social media vicino alle posizioni della destra libertaria ma finita in difficoltà finanziarie e che vede tra gli investitori del calibro Jd Vance e Lutnick. Ora Devasini, dopo un lungo e silenzioso peregrinare per il mondo, senza farsi troppo notare (a Lugano era residente in un trilocale in affitto a 1.400 euro al mese) né concedere interviste, «torna a casa». A Torino. E punta i radar delle criptovalute sulla Juventus. Una partita ancora tutta da giocare.
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