Sta riscuotendo un grande successo il nuovo libro del generale Maurizio Boni, noto ai nostri lettori per essere un’opinionista di Analisi Difesa, “La Guerra Russo-Ucraina. Strategie e percezioni di un conflitto intraeuropeo” edito da Il Cerchio.
Dopo la recensione di Analisi Difesa, pubblichiamo ora alcune recensioni apparse recentemente su diversi organi d’informazione.
La recensione del Centro Studi Eurasia e Mediterraneo, di Matteo Pistilli , pubblicata il 9 gennaio 2025.
“Gli Stati Uniti possono oggi dichiarare “missione compiuta” a tutti gli effetti: la UE non è mai stata così vassalla di Washington”.
Per parlare dell’importanza del volume “La guerra russo-ucraina. Strategie e percezioni di un conflitto intraeuropeo” di Maurizio Boni, pubblicato recentemente da Il Cerchio vogliamo partire dalla precedente citazione sulla quale torneremo. Evidenziare questa frase potrebbe sembrare una scelta anomala fatta per un libro che si occupa del conflitto nell’Europa orientale. Invece è proprio in questa capacità di analisi che troviamo l’abilità dell’autore di occuparsi della guerra in questione dispiegando in maniera davvero e finalmente imparziale e rigorosa più aspetti legati al conflitto, dalle cause fino alle conseguenze, esplicitando i significati ultimi e le strategie per ogni attore in campo. Tenendosi a distanza dalle analisi emotive e propagandistiche che vanno oggi per la maggiore, Boni, che fra le altre cose è stato vicecomandante dell’Allied Rapid Reaction Corps e capo di stato maggiore del NATO Rapid Reaction Corps Italy, decostruisce gran parte delle narrative dominanti e scandaglia le dinamiche militari e strategiche di tutte le parti in causa.
E’ proprio questa capacità di interessarsi a tutte le parti a rendere il volume pregevole: siamo stati abituati dai media di massa e dalle censure sui social network, a pensare che la propaganda sia un’attività usuale solo in quei luoghi che si vogliono narrare come “altri” o ostili. E siamo ormai saturi di informazioni di dubbia e sospetta provenienza. Boni impiega una parte del suo lavoro proprio per analizzare questa guerra di informazioni e lo fa non solo riguardo la Russia, ma anche, e in maniera più necessaria perché più rara, per la parte occidentale. Dalle influenze dei think tank, fino alle pagine di Substack chiarisce al lettore il funzionamento di molte operazioni di information warfare e aiuta senza dubbio a orientarsi nella battaglia di percezioni odierne e future approfondendo il ruolo dell’Open Source Intelligence (OSINT). Molto interessante è il concetto di declassificazione strategica: “In questa guerra c’è un elemento di assoluta novità rispetto al passato: la strategia, attuata dagli attori politico militari principali occidentali, di condividere con l’opinione pubblica notizie e informazioni che un tempo sarebbero state secretate con classifica di segretezza del massimo livello”. Diventa sempre più evidente al lettore come il modo in cui sono gestite tali strategie abbia posto su un crinale molto pericoloso il futuro di tutti i popoli coinvolti.
Pericolosità da rintracciare negli aspetti più militari e strategici del conflitto che l’autore, agevolato dalla propria formazione, riesce a districare e vivisezionare a dovere. Si ricostruiscono le origini di questo conflitto di nuova generazione, dalla fase precedente dell’operazione militare speciale, gli errori di valutazione e pianificazione di Mosca, di Kiev, e dall’occidente a guida Nato. Si esaminano, fra le altre cose, l’influenza di aziende private e delle raccolte fonti per l’acquisizione da parte di Kiev di informazioni geospaziali; oppure l’autore analizza la forza russa, per capacità di combattimento e sostegno logistico, ricostruendo lo sviluppo del pensiero militare dell’ex impero sovietico, adattato all’odierno sviluppo tecnologico, dalle forze ammassate fino alla guerra di profondità agevolata dalle armi circuitanti. L’approfondimento sul pensiero di Yevgeny Primakov e Valery Gerasimov porta l’analisi geopolitica ad un alto livello e indaga sulla posizione multipolarista che si è andata assestando in larghe parti dell’elite moscovita.
Conclude il volume un’appendice di Andrea Giumetti, necessaria e utile per disinnescare la demonizzazione (e quindi l’estrema pericolosità che questa comporta) causata dalla totale ignoranza di culture vicine alla nostra come quella russa: l’anima russa, vitalistica e nichilista non può e non deve essere ignorata, così come può essere imperdonabile dimenticare chi siamo e da dove veniamo. Ed è per questo che la frase iniziale è così importante…
Lavori come questo di Boni sono necessari per colmare quel vuoto di analisi e ricerca che da anni colpisce l’Italia e l’Europa tutta. Lo studio della politica internazionale e della geopolitica è una necessità irrinunciabile, pena il subire, da una postura inerme, l’analisi e la prassi di attori che perseguono interessi diversi dal nostro. Capire le origini e lo sviluppo dello scontro fra Russia e Ucraina, un evento complesso che affonda le sue radici in dinamiche storiche e geopolitiche profonde, ci permette di mettere a fuoco quello che è mancato fino ad ora: l’Europa. La mancanza di capacità di decisione e di autonomia del nostro continente è la causa principale del disastro in atto. Gli Stati Uniti perseguono propri interessi, poco chiari se continuiamo ad abbeverarci alle fonti istituzionali: quella che sembrerebbe una geopolitica dell’errore, è l’abituale tattica di Washington, e comporta il creare continui archi di crisi, per poi lasciare a loro stessi i Paesi e le popolazioni oggetto del trattamento (questa volta è toccato a noi direttamente), e defilarsi godendosi tutti i vantaggi. Ed è perciò che per gli Usa questa è una missione compiuta: creare una guerra nel cuore dell’Europa, scavare una frattura che si vorrebbe insanabile fra Mosca e la parte occidentale del continente, obbligarci, come ha esplicitato Obama e in totale continuità Trump pochi giorni fa, ad acquistare armi, beni, servizi, direttamente oltre oceano, diventare terreno di conquista per fondi a stelle e strisce. Alle devastazioni della guerra si somma un evidente impoverimento economico, culturale e sociale di tutta Europa, oggi uno spazio a sovranità limitata. L’analisi geopolitica si rivela quindi oggi più che mai indispensabile per riconquistare una posizione di sovranità e autonomia strategica del Continente, e creare un’alternativa alla classe politica asservita all’atlantismo più acritico, unica possibilità per invertire la rotta tracciata da interessi a noi estranei.
La recensione della Gazzetta del Mezzogiorno, di Marisa Ingrosso, pubblicata il 16 gennaio 2025
La Russia «troppo grande per perdere» nel mezzo d’una guerra d’informazione
Il generale Maurizio Boni torna in libreria con un “sequel” del suo L’esercito russo che non abbiamo studiato. Se nella sua opera prima aveva analizzato ciò che non aveva funzionato nell’offensiva del Cremlino, in La guerra russo-ucraina. Strategie e percezioni di un conflitto intraeuropeo (pp. 193, euro 28, casa editrice Il Cerchio), illustra come «Mosca, partita da una situazione di svantaggio sul campo di battaglia, sia ora molto vicina al conseguimento dell’obiettivo di conquistare la totalità del Donbass (e forse non solo)».
Valido nel comprendere lo strumento militare russo in chiave operativa, nonché le «dinamiche che hanno causato il fallimento della controffensiva ucraina dell’estate-autunno 2023», il testo si occupa della guerra informativa condotta dall’Occidente, anziché quella portata avanti dall’invasore russo. E questo, pur ammettendo che Mosca «ha sempre applicato in maniera spregiudicata la propaganda, la disinformazione, la manipolazione dei media e i cyberattacchi per sostenere la sua narrativa strategia e conseguire determinati effetti negli scenari dove opera».
“Gustosi” i riferimenti ai, per altro capacissimi, britannici; al neoconservatorismo americano e alla nebulosa di «milbloggers», «vale a dire di militari in servizio (russi e ucraini) che commentano l’andamento delle operazioni fornendo spesso riscontri o smentite degli avvenimenti in corso». Molto scorrevoli le pagine dedicate all’uso di fonti aperte e alle triangolazioni con le informazioni geografiche satellitari (il ruolo tattico di Starlink, qui accennato, meriterebbe un libro a parte).
Interessante è la parte dedicata alle «origini intellettuali del piano russo», in cui il generale dell’Esercito (in quiescenza) offre al lettore, con parole semplici, il distillato di studi approfonditi e sedimentati, ma è forse nella parte di analisi della capacità bellica russa (logistica e complesso industriale inclusi) che il generale fa il miglior dono delle sue competenze fini al lettore.
Previsioni? L’autore (che è stato anche vicecomandante dell’Allied Rapid Reaction Corps e capo di stato maggiore del NATO Rapid Reaction Corps Italy) è prudente, ma da alcuni commenti si intuisce cosa pensa di questa Russia «troppo grande e resiliente per perdere questa guerra». Nonostante gli ammaestramenti del recente passato, non crede però all’ipotesi che, se Putin non venisse fermato, dopo Kiev ci saranno altre capitali a rischio di cadere in mani russe. La speranza è che abbia ragione.
La recensione de Il Sussidiario, di Leonardo Tirabassi, apparsa i 13 febbraio 2025
Strategie, vittime, trincee e blog: Russia-Ucraina, una guerra da capire
L’ultimo libro del generale Maurizio Boni spiega la guerra in Ucraina, tradizionale e post-moderna, tra “strategie e percezioni”, social network e blog
Siamo arrivati al terzo anniversario della guerra in Ucraina, iniziata con l’invasione russa quel 24 febbraio 2022. Ultimo atto, per ora, di un conflitto che però risale perlomeno al 2014. Conflitto strano, feroce, c’è chi parla di un milione di morti, combattuto tra eserciti tradizionali nella vecchia Europa, tra un colosso carico di storia centenaria e uno Stato nuovo appena nato. Scontro che vede l’Ucraina sostenuta dagli Stati Uniti, dai Paesi dell’Unione Europea e da quella Nato che sta agendo ancora una volta fuori dal suo mandato istituzionale.
Guerra tradizionale e post-moderna allo stesso tempo. Combattuta nelle trincee ma con l’intelligenza artificiale, con le informazioni delle reti satellitari, con i nuovi rivoluzionari sistemi d’arma, i droni. E paradossalmente guerra dai costi umani enormi, perché costretta a svolgersi nelle trincee (come nella Prima guerra mondiale) da quei nuovi sistemi di avvistamento che impediscono i grandi raggruppamenti di forze e la guerra di manovra inventata proprio per evitare il bagno di sangue dello scontro frontale della Grande guerra. Scherzi della storia. E ancora, guerra combattuta entro l’universo dei social media, dei blog, tra Telegram e FB. In un confine inesistente tra verità e falsità, dove presunte fondazioni scientifiche come l’Institute for the Study of War (ISW), di ispirazione neocon, producono aggiornamenti apparentemente “neutrali”.
Così tra propaganda, giornalisti compiacenti, ignoranza diffusa dei divulgatori, difficile risulta la comprensione di cosa stia succedendo sul campo, di chi vinca e di chi perda, per non parlare della ragione e dei torti.
A questo proposito, a raggiungere una maggiore comprensione della realtà, ci aiuta adesso un testo scritto dal generale Maurizio Boni, La guerra russo-ucraina. Strategie e percezioni di un conflitto intra europeo (Il Cerchio, 2024). A riprova del fatto che ormai le guerre sono una cosa troppo seria per essere lasciata ai politici. Figuriamoci ai giornalisti! Perché questo è il dato di fatto.
La guerra è l’attività più drammatica dell’umanità, perché in gioco immediatamente vi sono la vita e la morte. Contiene cioè tutta la durezza della condizione umana nella sua essenza. Nella guerra sta la realtà delle cose. La negazione dell’evidenza, della materialità; violare il principio di realtà provoca la morte. L’uso della forza trasforma gli uomini in cose e gli oggetti si comportano secondo leggi fisiche, perché, dirà Simone Weil, la forza “rende l’uomo cadavere”. Sembra banale. Non capire questa legge primordiale conduce alla cecità, ad azioni sconclusionate se non addirittura folli. Hybris allo stato puro. Ma è proprio quello che è successo nel caso della guerra in questione.
Andando con ordine. In guerra non vince chi ha ragione, o meno torto. Vince il più forte. E la forza si misura su vari fattori, molti quantificabili, altri spirituali. Popolazione, forze armate, capacità produttiva, e poi le qualità morali, come la coesione sociale e lo spirito di un popolo. I numeri di questo conflitto erano fin dall’inizio implacabili a segnare il divario tra le forze in campo. Da una parte, un Paese con una superficie enorme di più di 17 milioni di chilometri quadrati, di quasi 150 milioni di abitanti, con una profondità strategica infinita, con un esercito in tempo di pace di 1 milione e 200mila uomini, più un altro milione e mezzo di riservisti, a cui vanno assommati mezzo milione di paramilitari, e con una propria industria bellica. Che vuol dire, ad esempio, fabbriche che producono 20-22mila proiettili, granate e razzi al giorno! Gli Stati Uniti saranno in grado di produrre 80mila colpi al mese alla fine del 2028 (pag. 97).
L’enorme differenza di numeri si deve ad un fatto molto semplice, che l’economia russa è stata riconvertita e finalizzata alla guerra e non a caso il ministro della Difesa russo è l’economista Andrej Rėmovič Belousov. A questi dati si aggiunga la storia che ha forgiato quell’elemento impalpabile, ma ben conosciuto dello “spirito russo” (notevole l’appendice scritta da Andrea Giumetti a questo proposito). Fattore morale, intangibile, di difficile quantificazione, ma non impossibile da cogliere. È sufficiente non diciamo conoscere la storia, ma avere qualche informazione sulla guerra contro Napoleone, su Stalingrado, o aver letto qualche pagina di Guerra e Pace.
E i fatti parlano chiaro, suscitando una riflessione. Le stime sulle perdite umane nella guerra russo-ucraina, iniziata nel febbraio 2022, variano notevolmente a seconda delle fonti. Secondo dichiarazioni del presidente ucraino Volodymyr Zelensky, al 4 febbraio 2025, l’Ucraina ha avuto 45.100 soldati uccisi e 390mila feriti, mentre le perdite russe sono stimate tra 300mila e 350mila soldati uccisi e tra 600mila e 700mila feriti. Per quanto riguarda le perdite ucraine, un articolo del novembre 2024 stimava tra 60mila e 100mila soldati ucraini uccisi e 400mila feriti. Ma questa è sicuramente propaganda. Un altro metodo, sostiene Boni, è partire dai dati ufficiali e ufficiosi e come minimo raddoppiare. Partendo dai 91.059 decessi di militari russi, di conseguenza, si ottiene che il totale delle vittime russe potrebbe variare tra 149mila e 208.700 soldati. L’autore è attentissimo al problema della stima dei caduti a cui dedica un preciso e puntuale paragrafo sulle modalità di conteggio (pagg. 89-93) da cui trae la conclusione annunciata. Con i presunti 363mila soldati caduti, l’Ucraina ha “largamente superato la disponibilità di risorse umane” (pag. 92).
Comunque sia, eccoci alla domanda preannunciata. Qual è la nazione occidentale che si può permettere di sacrificare centinaia di migliaia di ragazzi in una guerra fuori dai confini nazionali senza nessuna forma di dissenso al proprio interno? Risposta semplice, nessuna. Ad aprile saranno cinquant’anni dalla fine della guerra del Vietnam e gli Stati Uniti sono ancora lì a leccarsi le ferite.
Eppure, la potente macchina russa ha commesso una serie di errori ed è stanca. Quella che doveva essere una rapida “azione militare speciale”, cioè non un’azione di guerra, si è rivelata una faticosa vittoria sul campo, che a sua volta ha comportato una notevole difficoltà strategica.
Il primo errore russo è, per un osservatore non esperto, incomprensibile. Putin credeva veramente di prendere il potere attraverso una quinta colonna, cambiare gli uomini al governo di Kiev con degli amici di Mosca e chiudere la partita in breve tempo. Cosa ancora più strana, lo credevano anche gli americani, che infatti consigliarono agli ucraini di spostare la capitale lontano dal confine con la Russia, a Leopoli. Boni ricostruisce le linee generali dell’operazione speciale, e del pensiero a suo fondamento, elaborata secondo i dettami della “guerra ibrida” sviluppati dal generale russo Valery Gerasimov nel 2013 (in realtà introdotto dallo stratega americano Frank G. Hoffmann). Dettami che si erano rivelati vincenti nei casi dell’invasione della Georgia (agosto 2008), dell’occupazione della Crimea e dell’Ucraina orientale nel 2014-15. A riprova c’è il numero di soldati che hanno invaso l’Ucraina, assolutamente scarso se messo a confronto con altri casi. Solo 100mila uomini contro i necessari 590mila se si fosse trattato di un’invasione (pag. 82), cifra raggiunta applicando la semplicistica regola del rapporto 3:1, dato che le forze ucraine ammontavano a 196mila soldati.
Ma lo scacco iniziale dell’esercito russo non mette in discussione il principio della guerra ibrida, che correttamente Boni fa risalire al pensiero cinese di Sun Tzu, quando afferma che la forza deve servire a dare il colpo di grazia, la spallata finale a un nemico logorato al proprio interno. Pensiero fatto proprio dai russi da sempre.
Il secondo errore macroscopico è la valutazione della forza di resistenza ucraina, sostenuta dagli occidentali, che se non ha piegato l’economia russa con le sanzioni ha trasformato la Russia in un cliente, non un alleato alla pari, della più potente e prudente Cina. Realizzando non proprio il disegno geopolitico di Yevgeny Primakov di un mondo non più unipolare a guida statunitense, ma bilanciato da Russia, Cina e altre potenze in ascesa.
E che dire dell’Ucraina e della sua leadership? Se notevole e sbalorditiva è la capacità di resistenza dimostrata, altrettanto incredibili rimangono le speranze di sconfiggere il celebre orso russo, fino appunto a quella sorta di scempiaggine strategica, ricostruita con precisione dall’autore, della controffensiva nell’estate del 2023, che secondo Zelensky doveva permettere la liberazione di tutti i territori occupati dalla Russia compresa la Crimea. Fallimento ampiamente previsto dai militari e dagli osservatori dotati di buon senso, e che ha comportato di bruciare nello spazio di poche settimane i modernissimi aiuti ricevuti dai Paesi Nato, compresi quei carri armati Leopard e Abraham lanciati senza successo contro le trincee russe. A proposito di errori clamorosi, poco prima della controffensiva vi era stata l’inutile resistenza ad oltranza da parte delle forze ucraine di Bakhmut, dove l’esercito di Kiev ha lasciato sul campo truppe esperte contro i poveri soldati russi ex galeotti o mercenari.
Boni, forte della sua esperienza decennale anche nei comandi Nato, ha centrato la sua analisi su tre punti fondamentali per capire non solo questa guerra, ma le guerre contemporanee. In primo luogo “l’elemento più significativo di questo conflitto”, cioè l’abbondanza di informazioni, e il loro uso da entrambe le parti (Open Source Intelligence, OSINT). In secondo luogo, l’evoluzione del pensiero militare dell’ex Armata Rossa, e in terzo luogo le origini concettuali dell’iniziativa militare russa. In ultimo, sull’aspetto delle guerre “di nuova generazione”, il contesto in cui inserire l’operazione speciale russa.
La guerra russo-ucraina è un libro esaustivo, dalle conclusioni militari chiare e definitive, da cui la politica deve ripartire per trovare una soluzione. Nessuna azione di Kiev è risolutiva, nessuna controffensiva è possibile, perché le “sorti del conflitto sono ormai inesorabilmente a favore di Mosca” (pag. 187). E gli sviluppi di questi giorni sembrano dimostrarlo.
Maurizio Boni, Generale di Corpo d’Armata dell’Esercito (ris.), è nato a Vicenza nel 1960. È stato il Vicecomandante del Corpo d’Armata di Reazione Rapida della NATO a guida inglese di Innsworth (Regno Unito), Capo di stato maggiore del Corpo d’Armata di Reazione Rapida della NATO a guida italiana di Solbiate Olona (Varese), nonché Capo Reparto Pianificazione e Politica Militare dell’Allied Joint Force Command di Lisbona.
Ha comandato la Brigata Pozzuolo del Friuli a Gorizia, l’Italian Joint Force Headquarters a Roma e il Centro Simulazione e Validazione dell’Esercito a Civitavecchia. È stato Capo Ufficio Dottrina e Addestramento dello Stato Maggiore dell’Esercito e Vice-Capo Reparto Operazioni del Comando Operativo di Vertice Interforze a Roma. Giornalista pubblicista, è opinionista di Analisi Difesa Web Magazine. E’ autore per Il Cerchio di L’Esercito russo che non abbiamo studiato – Le operazioni militari terrestri dell’Esercito della Federazione Russa in Ucraina (2023).
La Guerra Russo-Ucraina. Strategie e percezioni di un conflitto intraeuropeo
Autore: Maurizio Boni
Editore: Il Cerchio
Prezzo: 28,00 €
Pagine: 196.
Serie: I Saggi di Domus Europa.
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