Ida Galati, vibonese di nascita, cresciuta in mezzo al mondo, vestendo abiti diversi, indossando colori cangianti che le hanno permesso di essere tante cose ma soprattutto quello che voleva. Diventata nota attraverso i social (i suoi account contano migliaia di follower) “Le stanze della moda” questo il suo alter ego web, oggi diventa anche scrittrice.
Da sempre appassionata di fashion e narratrice dei cambiamenti del costume della nostra società attraverso il suo libro “Il linguaggio segreto della moda” racconta un viaggio quello fatto fuori e dentro di noi, per non sentirci mai più nei panni di qualcun altro ma finalmente liberi, coraggiosi ma soprattutto se stessi.
Ida, ti definisci un’anima cangiante: sei psicoterapeuta, giornalista, informatrice digitale, fashion teller oggi anche scrittrice. Come fanno a convivere queste anime in te?
«Il fil rouge che collega queste mie anime è l’esigenza di comunicare ancora prima di lavorare. Lo studio e il lavoro da psicoterapeuta mi aveva permesso di perfezionare l’arte dell’ascolto sensibile ed empatico, ma mi aveva negato il fatto di poter poi comunicare con l’altro in libertà. Ho capito con il tempo di dover dare spazio a quello che mi mancava come l’aria: poter raccontare utilizzando la “penna” prima e lo strumento della mia voce poi. Voce parlata e non cantata, se pur il canto abbia fatto parte della mia vita sin da piccolissima».
Hai definito il tuo primo libro “Il linguaggio segreto della moda” un tuo secondo figlio, quanto ti ha reso orgogliosa questo tuo traguardo?
«Da piccola sognavo di diventare una cantante famosa, non una scrittrice, tanto meno una content creator, visto che la professione a quei tempi neanche esisteva. Quando è arrivata la proposta del libro e ho iniziato a visualizzare il mio futuro libro in tutte le librerie, mi sono detta che tutto era andato proprio come doveva andare, nonostante in alcuni frangenti della mia vita mi era sembrato di essermi persa e di non avere il controllo delle mie evoluzioni. E invece è stato come un cerchio perfetto che si è chiuso a cui spero continuino a seguirne tanti altri. Cerchi, libri e storie da raccontare».
Moda e psicologia, c’è un legame che tiene insieme questi due mondi apparentemente diversi?
«La relazione tra moda e psicologia è profonda e complessa, poiché entrambi gli ambiti si intrecciano nell’analisi del comportamento umano, dell’identità e dell’espressione personale. La moda è uno strumento per esprimere chi siamo, come ci percepiamo e come vogliamo essere percepiti dagli altri: per questo gli abiti possono diventare un’estensione del sé, riflettendo personalità, stato d’animo, valori e appartenenza a gruppi sociali. Così come la scelta degli abiti può rafforzare la nostra autostima o rispondere al desiderio di conformarsi o distinguersi all’interno di una comunità».
Sono più di dieci anni che lavori tra il mondo dei social e quello della moda com’è riuscito in questi anni il fashion a plasmarsi a questi nuovi mezzi di comunicazione?
«Io ho attraversato tantissime fasi della comunicazione differenti: dalla carta al sito web, i blog, poi Facebook, Instagram e infine Tiktok. Ci sono stati fasi che sono state a me più congeniali e fasi che lo sono state meno.Tiktok ha sicuramente cambiato tutto: ha chiesto e abituato tutti noi a uno stile comunicativo spontaneo, leggero e personale che premiava chi ci metteva la faccia e aveva qualcosa da dire. In video.Ecco che i marchi moda stanno ancora cercando di trovare delle “facce” e di scrollarsi di dosso quello storytelling dove tutto sembra ancora troppo perfetto e patinato».
Negli ultimi anni ti stai “battendo” per sensibilizzare ad una moda più sostenibile. Più qualità dei materiali, artigianato, second hand e meno fast fashion?
«Sì, sono preoccupata per il futuro dei nostri figli e cerco di fare la mia parte pur sapendo di essere comunque dentro il sistema. È difficilissimo per i consumatori (costantemente bombardati dalla pubblicità) e anche per le aziende, che se non fatturano e non producono per come riescono muoiono: trasformare i processi produttivi per renderli davvero sostenibili è un’impresa titanica molto più complessa di quello che pensiamo. Alcune cose non basta volerle per cambiarle».
Dalla Calabria al resto del mondo: cosa ti ha tenuto legata alla tua terra e cosa ti ha lasciato andar via?
«Mi hanno portato via i miei grandi sogni, il mio desiderio di fare i provini di canto a Roma. Mi sono sentita spesso “troppo” per la mia bella Calabria, ma oggi che faccio effettivamente tanto, ogni volta che torno ritrovo la pace, l’accoglienza, la lentezza, la gioia dei piccoli piaceri della vita, il calore, un sacco di cose che mi renderanno una calabrese per sempre e che mi faranno fare sempre ritorno a casa ogni volta che posso. Fiera e sicura che è anche grazie a lei che sono quello che sono oggi».
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