Un anno fa moriva Naval’nyj

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16 Febbraio 2025

Redazione

A un anno dalla scomparsa di Aleksej Naval’nyj pubblichiamo due messaggi inediti in italiano scritti durante la sua reclusione in prigione.

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La notizia improvvisa e sconvolgente che ci ha sorpreso tutti un anno fa, che Aleksej Naval’nyj era morto in campo di lavoro, ha spinto molti ad andare a vedere chi fosse veramente questo personaggio, di cui si conosceva il nome e poco più.
A chi ha seguito questo primo impulso si è rivelata una figura sorprendente, di grandi doti intellettuali e umanamente luminosa, come non ce ne sono tante in un secolo.

Quello che più colpisce di lui, leggendo le sue stesse parole, è la scelta di offrire la propria vita in sacrificio per i suoi cari e il suo Paese, con piena consapevolezza e davanti a Dio.

«Senti, non voglio sembrare drammatico, ma penso ci sia un’alta possibilità che da qui non uscirò mai. Anche se tutto cominciasse a crollare, mi farebbero fuori al primo segnale… » aveva detto alla moglie durante un incontro.

In questo momento storico che apparentemente premia la violenza, l’aggressione e la menzogna, il suo sacrificio sembra scomparso senza aver nemmeno scalfito la superficie della realtà. Anche tra i suoi più stretti collaboratori qualcuno ha defezionato proprio perché disperato dall’inutilità delle campagne contro la corruzione, in nome della verità. Sembra che l’eredità più vera lasciata da Naval’nyj – quella del cambiamento di sé per cambiare la politica – vada continuamente ricapita.

Lui non aveva dubbi: «Anatolij Marčenko è morto per uno sciopero della fame nel 1986, e un paio d’anni dopo la satanica Unione Sovietica è andata in pezzi. Dunque, anche il peggior scenario immaginabile in realtà non è così malvagio».

In questo primo anniversario spetta anche a noi comprendere o ricomprendere l’immensa potenza della sua offerta di sé per il bene di tutti. Non è facile, ora come ora, ma ci spingono a farlo la pienezza umana e la gioia che Naval’nyj ha sperimentato negli ultimi anni di campo di lavoro. Testimonianza e promessa che il piccolo bene, associato al sacrificio di Cristo, può edificare la grande storia.
Ricordiamo Aleksej in questi giorni drammatici, rileggendo alcuni suoi messaggi inediti, pieni di pacata ironia.

Pasqua 2021

Recluso nel campo di lavoro di Pokrov, Naval’nyj indice uno sciopero della fame perché non gli concedono la visita di un medico. Lo sciopero si protrae dal 31 marzo 2021 fino al 23 aprile, quando la visita medica ha luogo. In seguito, ha dovuto seguire un lungo periodo di rialimentazione.

2 maggio 2021

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Urrà, Cristo è risorto! La vita e l’amore hanno vinto.
Com’è tradizione, faccio i miei auguri a tutti per la più grande delle feste: ai credenti (quale sono oggi), ai non credenti (quale sono stato) e agli atei militanti (sono stato anche quello).
Abbraccio tutti, voglio bene a tutti.
Quanto ho aspettato questa Pasqua!

Sì, beh, quest’anno ho avuto una Quaresima difficile. Purtroppo, oggi non posso condividere un vero pranzo pasquale: sono ancora nella prima metà della mia affascinante trasformazione da «scheletro che trascina a malapena i piedi a uomo semplicemente affamato». Ma i pochi cucchiai di kaša che mi sono concessi li mangerò con eccellente spirito pasquale.
Perché in un giorno come questo io so e ricordo con certezza che tutto sarà per il bene.

Aleksej Naval’nyj in prigione. (A. Favorskaja, SOTA)

Piccole feste quotidiane

20 maggio 2021

Allora, parliamo di come raggiungere la felicità.
Rubrica: Spunti di riflessione di Aleksej Naval’nyj.

In effetti, il carcere esalta notevolmente la percezione della felicità. Percezione fugace, ma pur sempre… Basta semplicemente sapersi inventare una festa.

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Non appena mi hanno rinchiuso, ho deciso che sarebbe stato molto importante avere qualcosa da festeggiare e commemorare, affinché i giorni non diventassero una routine. Ho deciso di celebrare le domeniche: molto semplicemente le ho trasformate in una festa. Il fatto è che mi piace molto il pane. Moltissimo. Se mi chiedessero di mangiare un solo cibo per il resto della vita, io sceglierei il pane. Inoltre, il pane è importante in carcere, senza il pane non ci si sazia.

Ecco perché ho deciso di non prendere pane per tutta la settimana. Poi, la domenica mattina prendo un panino, ci spalmo del burro, quando c’è, preparo il caffè e faccio una colazione divina, come non avrei mai fatto da libero.

Capite dove voglio arrivare?

23 giorni di sciopero della fame + 23 giorni di rialimentazione molto rigida. Non ho mai sgarrato. Mi sono sorpreso della mia forza di volontà. A quanto pare, la convinzione di essere nel giusto mi ha aiutato. In più, dall’11 marzo non ho più mangiato nulla di dolce (di questo scriverò a parte).

Così, quando ho cominciato a uscire dallo sciopero della fame, sapevo esattamente cosa avrei fatto la mattina del 16 maggio. E ho scritto subito nel mio diario: «Una buona giornata: pane, burro, caffè. Prima volta dopo 46 giorni».

Ma il piano è quasi andato a monte. Qui al mattino danno il pane e il burro, ma il caffè non ce l’avevo. Fortunatamente, un detenuto vicino è «venuto a trovarmi» nella mia cella con un vasetto di caffè istantaneo.

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Ed ecco arrivato il 16 maggio. Di solito in questi momenti si prova una leggera delusione, la realtà è un po’ più noiosa di quello che hai aspettato a lungo.
Ma non nel mio caso. Il tempo era perfetto, ho aperto la finestra – e al diavolo le sbarre – ho preparato il caffè, ho imburrato un pezzo di pane bianco. Mi sono seduto sulla cuccetta. Ho dato un morso e bevuto un sorso dalla tazza.

Vi dico che se ci fosse un dispositivo che misura la felicità, nessun oligarca che fa colazione sullo yacht, nessun avventore di ristorante stellato avrebbe provato un decimo della felicità che ho provato io.
Un sorso l’ho fatto alla vostra salute, a tutti coloro che mi hanno aiutato e sostenuto.

Quindi, ecco la ricetta (breve) della felicità: scegliere qualcosa che si ama molto, privarsene per un po’ e poi riprenderla.
Solo ricordatevi che questo non si applica alle persone: dimostrate sempre amore alle persone che vi sono care.


(Immagine d’apertura: fotoload)


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