contributo per cittadinanza “iure sanguinis”



All’interno della Legge di bilancio 2025 arriva il contributo in favore dei Comuni per le richieste di riconoscimento della cittadinanza italiana iure sanguinis da parte dei discendenti dagli avi italiani.


A fornire una panoramica completa sull’argomento è l’approfondumento curato dal Dottor Nicola Schiralli.

Introduzione: la cittadinanza jure sanguinis

Prima di tutto, occorre porre una fondamentale premessa: non è giuridicamente trascurabile l’utilizzo, in tema di cittadinanza per discendenza, del termine riconoscimento in luogo di quello di concessione, solitamente adoperato per le cittadinanze acquisite sulla base di residenza o matrimonio. Questo in quanto l’attribuzione della cittadinanza italiana per discendenza da avo italiano (genitore, nonno, bisnonno e così via…), comunemente conosciuta come iure sanguinis, ha valore dichiarativo e non costitutivo.

In altre parole, non si acquista costituendo un nuovo status con decorrenza dal giorno successivo del giuramento o dell’atto deputato al conferimento, ma viene semplicemente dichiarata, resa nota: il beneficiario del riconoscimento di cittadinanza iure sanguinis si considera come italiano con decorrenza ex tunc, dalla nascita. In altre parole il neo cittadino italiano si considera come se fosse sempre stato tale, anche se questo status non gli è mai stato attribuito in precedenza, motivo per cui risulta necessario il procedimento di riconoscimento per via amministrativa o giudiziale.

La fonte normativa risulta essere risalente ad oltre un secolo fa: era difatti l’art. 7 della legge 555/1912 a consentire all’italiano residente all’estero (solitamente per emigrazione, si pensi alle grandi migrazioni di italiani in Nord o Sud America) di mantenere la cittadinanza italiana salvo che, dopo la maggiore età, l’emigrato o il discendente rinunciasse volontariamente alla stessa.

La “trasmissione” da una generazione alla successiva avviene se la naturalizzazione (con conseguente perdita della cittadinanza originaria, quella italiana, secondo la legge in vigore al tempo nei Paesi di emigrazione) non sia mai avvenuta o sia avvenuta prima della nascita del figlio o della figlia a cui si intende trasmettere la cittadinanza italiana (consentendo dunque il “passaggio” della cittadinanza alla generazione immediatamente successiva).

Si fa ancora  giuridicamente riferimento ad una normativa così datata in quanto l’art. 20 della legge n. 91/1992, normativa attualmente in vigore per la cittadinanza, afferma  “salvo che sia espressamente previsto, lo stato di cittadinanza acquisito anteriormente alla presente legge non si modifica se non per fatti posteriori alla data di entrata in vigore della stessa”, rinviando tutte le situazioni verificatesi anteriormente all’entrata in vigore della legge del 1992 alla normativa in vigore all’epoca dei fatti [1].

Si può richiedere il riconoscimento in due modi:

  • per via amministrativa: istanza corredata di tutta la documentazione dell’avo e dei discendenti presentata all’Ufficiale di Stato Civile del Comune italiano di residenza o, se residenti all’estero, al consolato italiano competente;
  • per via giudiziale: istanza al tribunale competente in base al luogo di nascita dell’avo), possibile però solo in tassativi casi;

Gli Enti Locali e la problematica delle eccessive richieste

La problematica della quale ci si accinge a trattare in questa sede può essere imputata a diverse cause.
In primis occorre ricordare la normativa, per alcuni giudicata particolarmente “a maglie larghe” riguardo la legittimazione soggettiva dei richiedenti.

Il requisito del “Comune di residenza dell’interessato” competente a ricevere le istanze di riconoscimento della cittadinanza iure sanguinis difatti da un lato agevola non di poco a livello pratico la presentazione delle medesime e, di conseguenza, i richiedenti, dall’altro, secondo alcuni “addetti ai lavori”, sarebbe idonea potenzialmente a creare una sperequazione tra gli Enti presso cui sono presentate le istanze, maggiormente designati tra i Comuni più piccoli, ove è più facile trovare abitazioni disponibili in un momento storico di emergenza abitativa, al fine di costituire residenza e quindi poter soddisfare il requisito anagrafico richiesto (la dimora abituale).

Molto spesso, tra l’altro, si parla di Enti non particolarmene strutturati, aventi uffici di stato civile poco specializzati e/o che versano in gravi situazioni di carenza di personale. Pertanto le attività ordinarie di questi Comuni si vedono di fatto paralizzate dalla notevole mole di istanze presentate per il riconoscimento della cittadinanza iure sanguinis.

In aggiunta alla problematica che riguarda direttamente i Comuni, i Consolati italiani all’estero risultano particolarmente interessati da un’importantissima mole di istanze presentate dai richiedenti residenti all’estero (che costituiscono di gran lunga la maggioranza del totale), con liste d’attesa che arrivano, ad esempio, sino a dieci anni per i Consolati italiani in Brasile [2].

Tutto ciò ha portato gli Enti Locali, soprattutto in alcune regioni (es. Veneto) a situazioni di vera e propria paralisi, che hanno condotto i medesimi a serie difficoltà di regolare espletamento dei procedimenti [3]. Sono seguiti, a tal proposito, numerosi appelli da parte dei Comuni e persino proposte di legge aventi l’obiettivo di porre un freno al numero di richieste, ad esempio limitando il numero di generazioni per le quali fosse possibile presentare istanza di riconoscimento della cittadinanza per discendenza [4].

La legge di Bilancio e i commi 636-639 dell’art. 1: quali strumenti sono ora a disposizione dei Comuni?

Il “disegno di legge d’iniziativa del Governo recante “Bilancio di previsione dello Stato per l’anno finanziario 2025 e bilancio pluriennale per il triennio 2025-2027” (legge 30 dicembre 2024, n. 207, c.d. “Legge di Bilancio”) introduce radicali modifiche, come già richiamato, alla normativa in vigore riguardante gli oneri per la presentazione delle istanze di riconoscimento della cittadinanza italiana per discendenza per via amministrativa o giudiziaria.
Particolarmente rilevanti sono i commi 636-639 dell’articolo 1, che, introducendo maggiori oneri in materia di contributi richiesti da parte dei Comuni e degli Uffici consolari, recitano:

Comma 636

I comuni possono assoggettare le domande di riconoscimento della cittadinanza italiana presentate ai sensi degli articoli 1, 2, 3 e 14 della legge 5 febbraio 1992, n. 91, o degli articoli 1, 2, 7, 10, 11 e 12 della legge 13 giugno 1912, n. 555, al pagamento di un contributo amministrativo in misura non superiore a euro 600 per ciascun richiedente maggiorenne. Il primo periodo non si applica alle domande presentate per il tramite degli uffici consolari, soggette esclusivamente ai diritti consolari di cui al decreto legislativo 3 febbraio 2011, n. 71”

Comma 637

I comuni possono assoggettare le richieste di certificati o di estratti di stato civile formati da oltre un secolo e relativi a persone diverse dal richiedente al pagamento di un contributo amministrativo in misura non superiore a euro 300 per ciascun atto.

Per le richieste corredate dell’identificazione esatta dell’anno di formazione dell’atto e del nominativo della persona cui l’atto si riferisce, il contributo può essere ridotto. Non sono assoggettate al contributo di cui al presente comma le richieste presentate da pubbliche amministrazioni.

Comma 638

Le domande di cui ai commi 636 e 637 presentate ai comuni sono improcedibili in caso di mancato o inesatto pagamento dei contributi ivi previsti nei termini stabiliti dal comune conformemente al proprio ordinamento. I contributi riscossi ai sensi dei commi 636 e 637 sono integralmente acquisiti al bilancio del comune. Restano ferme le disposizioni vigenti in materia di imposta di bollo.

Comma 639

All’articolo 7-bis della sezione I della tabella dei diritti consolari da riscuotersi dagli uffici diplomatici e consolari, allegata al decreto legislativo 3 febbraio 2011, n. 71, le parole: «euro 300,00» sono sostituite dalle seguenti: «euro 600,00»  

La portata di questi commi per gli Enti Locali

Le disposizioni sopra richiamate hanno una portata estremamente rilevante soprattutto per gli Enti Locali che si vedono presentate decine di istanze di riconoscimento presso i propri sportelli di stato civile. Ogni Comune potrà difatti, con propria delibera di giunta, determinare un contributo amministrativo anche di rilevante entità (fino a 600 euro per le istanze di riconoscimento di cittadinanza per discendenza e fino a 300 euro per gli atti di stato civile formati da almeno un secolo).

Questo porterà da una parte un potenziale notevole introito aggiuntivo per le casse comunali (come espresso dal comma 638, i proventi sono “integralmente acquisiti al bilancio del comune”), dall’altra potrebbe causare una presumibile riduzione, ancorché probabilmente non accentuata, del numero di domande presentate presso gli uffici comunali competenti.

Si rammenta, per completezza di trattazione, che, prima di tale riforma, l’istanza di riconoscimento della cittadinanza jure sanguinis scontava la mera imposta di bollo di euro 16,00, senza alcun contributo di segreteria previsto per il Comune, a fronte talvolta di un notevole lavoro esperito da parte degli uffici di stato civile investiti della responsabilità dei procedimenti connessi. L’assenza del pagamento di tale contributo, ove stabilito, conseguirà nell’improcedibilità della domanda, come stabilito dal c. 638.

Riassumendo, la modifica normativa riguarda, per ciò che concerne i Comuni:

  • Le istanze di riconoscimento della cittadinanza italiana per discendenza: si introduce un onere amministrativo a carico dei richiedenti fino ad un massimo di 600 euro.
  • Atti e certificati di stato civile prodotti da più di un secolo: ci si riferisce agli atti di nascita, di matrimonio e di morte che sono normalmente corredati alla presentazione dell’istanza per iure sanguinis al fine di attestare la linea di discendenza e dimostrare la trasmissione ininterrotta della cittadinanza italiana, questi potranno essere soggetti a un contributo amministrativo fino ad un massimo di 300 euro.

A conclusione, occorre menzionare un’ulteriore modifica particolarmente discussa e controversa, pur non riguardante direttamente gli Enti Locali, ovvero la decisione di raddoppiare l’importo del contributo unificato per la richiesta della cittadinanza italiana iure sanguinis da 300 a 600 euro prevista al comma 639.

Conclusione: tra buon andamento della pubblica amministrazione e principio di eguaglianza sostanziale

Approvata la legge di Bilancio, sin dalle prime settimane dell’anno corrente numerosi Comuni hanno predisposto e approvato l’atto deliberativo per la fissazione dei contributi di segreteria previsti per le istanze di riconoscimento della cittadinanza iure sanguinis.

Da una parte è indubbio che la misura possa dare respiro ai Comuni maggiormente in difficoltà, che spesso versano in incolpevoli situazioni di carenza di organico, propiziando il buon andamento delle attività amministrative e il corretto e tempestivo espletamento dei procedimenti connessi alla cittadinanza.

Si considera, a tal proposito, che l’attività procedimentale a carico degli uffici di stato civile comunali connessa a tali istanze non si esaurisce con il mero controllo della regolarità formale degli atti, che pur talvolta risultano incompleti e non rispondenti alle formalità previste per le trascrizioni ma prevede, altresì, una serie di adempimenti aggiuntivi tutt’altro che espletabili in tempi rapidi, come la ricostruzione della genealogia (in vari casi di non immediata interpretazione, visti i frequenti cambi di generalità), le eventuali rettifiche di atti, trascrizione degli stessi, l’apposizione di annotazioni, comunicazioni ai Consolati e agli studi legali a cui vanno aggiunti gli adempimenti anagrafici per iscrizione AIRE, di leva ed elettorali e il dispendioso invio di cartoline per le elezioni [5].

Il termine del procedimento, peraltro, se non fissato ad un massimo di 180 giorni e solo se espressamente previsto da apposito regolamento comunale, deve considerarsi rientrante nel termine ordinario previsto all’art. 2 comma 2 della legge n. 241/1990, ovvero trenta giorni. Va da sé che per Enti Locali strutturalmente carenti, con numerosi procedimenti da espletare e che devono spesso attendere le risposte delle autorità consolari competenti, ciò rappresenta un ulteriore, enorme, ostacolo.

Si deve però, dall’altra parte, esaminare con maggior attenzione le voci dissonanti circa le restrizioni suindicate, soprattutto riguardanti ulteriori aspetti della manovra volti a disincentivare la presentazione di istanze di riconoscimento della cittadinanza italiana per discendenza [6]. Tra queste vi sono quelle dell’Associazione Giuristi Iure Sanguinis (A.G.I.S.) [7] e Avvocati Uniti per la Cittadinanza Italiana (A.U.C.I.), che reputano la norma per larghi tratti discriminatoria e sostengono contestualmente che la stessa possa violare i principi di uguaglianza sanciti dallarticolo 3 della Costituzione italiana, compromettendo il diritto all’accesso alla giustizia previsto dall’articolo 24 [8].

In relazione al primo profilo, si ritiene effettivamente dubbia l’opportunità e la legittimità di una scrematura delle istanze di tipo prettamente economico come quella operata all’interno della legge in questione, che potrebbe penalizzare soprattutto i richiedenti provenienti da Paesi in situazione economica precaria e con valuta debole, come ad esempio l’Argentina, soprattutto considerata la rilevanza, anche alla luce del diritto comunitario e internazionale, di uno status come quello della cittadinanza.

Note

[1] https://lentepubblica.it/cittadini-e-imprese/parita-genere-cittadinanza-discendenza-materna/#Le_slide_curate_dal_Dott_Schiralli

[2] https://www.aduc.it/comunicato/cittadinanza+iure+sanguinis+dieci+anni+lista+attesa_26306.php

[3] https://www.anciveneto.org/notizie-1/16181-riconoscimento-della-cittadinanza-iure-sanguinis-servizi-demografici-dei-comuni-in-difficolta.html

[4] https://www.astrid-online.it/static/upload/ddl-/0000/ddl-1263__4399211.pdf

[5] https://www.anciveneto.org/notizie-1/16181-riconoscimento-della-cittadinanza-iure-sanguinis-servizi-demografici-dei-comuni-in-difficolta.html

[6] Principalmente il raddoppio del contributo unificato per la richiesta della cittadinanza italiana iure sanguinis da 300 a 600 euro

[7] https://www.italiachiamaitalia.it/manovra-600-euro-per-la-cittadinanza-lavvocato-priolo-a-italiachiamaitalia-misura-incostituzionale-gravi-ricadute-sui-discendenti-degli-italiani-allestero/

[8] https://lentepubblica.it/cittadini-e-imprese/manovra-finanziaria-2025-imposta-controversie-cittadinanza/ 



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