PALERMO – Guglielmo Rubino, soprannominato l’attaccante, condannato per mafia e scarcerato nel 2020, sarebbe diventato il reggente del mandamento di Santa Maria di Gesù. Più che un mandamento è un’enclave, geograficamente separata dal resto della città, dove Cosa Nostra detta legge.
L’ultima inchiesta della Direzione distrettuale antimafia di Palermo ha svelato la massiccia presenza mafiosa. Boss vecchi e nuovi, liberi o detenuti, impongono il pizzo, ordinano danneggiamenti, trafficano droga e investono nelle attività economiche.
“Iddu guida” la mafia a Santa Maria di Gesù
C’è una data da segnare in rosso. Il 20 luglio 2022 Salvatore Ribaudo, pure lui arrestato nel blitz, riferendosi a Rubino diceva: “Iddu guida”. Parlando con Giuseppe La Mattina, anziano boss della zona, Rubino intercettato dai carabinieri del Ros mostrava i muscoli. Voleva imporsi su “chi viene da fuori” in modo che si sapesse che Santa Maria di Gesù “è una bolgia indistruttibile”.
Rubino ha goduto dell’appoggio di un detenuto eccellente, Francesco Pedalino, che sta scontando 30 anni di carcere per l’omicidio di Mirko Sciacchitano, un giovane su cui scaricarono la collera. Non potevano farlo con il figlio di un mafioso e se la presero con chi non aveva modo di difendersi.
Carcere colabrodo
Le vicende di Santa Maria di Gesù confermano che le carceri italiane sono un colabrodo. I boss continuano a comandare grazie ai cellulari che entrano sottobanco. Attraverso l’applicazione Signal Gabriele Pedalino (figlio di Francesco e anche lui in carcere per l’omicidio Sciacchitano), detenuto ad Ascoli Piceno, nel settembre 2023, chiedeva ad Antonino La Mattina notizie della scarcerazione “dell’americano”. Voleva che La Mattina gli recapitasse i saluti: “… un bacio da parte nostra assai”.
Poi il riferimento al “sosia del Pedalino”, uno dei tanti personaggi ancora non identificati, che faceva parte della loro “stessa linea”. L’americano invece sarebbe Giuseppe Galati arrestato il 12 novembre 2015, condannato perché faceva parte alla famiglia mafiosa della Guadagna e scarcerato il 23 settembre 2023.
Bar, discoteche, tabaccherie
Spazio anche agli affari. A qualcuno andava recapitato il messaggio che “voglio entrare in società in questo posto”. E cioè una discoteca. Stessa cosa in un bar, da cui però era meglio tenersi alla larga perché sarebbe riconducibile a qualcuno che conta e che “dopo 30 anni ora ha preso qualche permesso”. Indizi che condurrebbero a Santi Pullarà, killer un tempo ergastolano che gode della libertà condizionale dal 2020.
I Pedalino volevano investire in tabaccheria e centri scommesse. C’è un capitolo di indagini patrimoniali tutto da scrivere. I soldi della droga in qualche modo devono essere stati ripuliti.
Quando c’era da discutere di faccende delicate bisognava andare a casa di Concetta Profeta, figlia del boss Salvatore, deceduto in carcere nel 2018, e moglie di Francesco Pedalino, e chiederle di “calare il paniere” con il cellulare “citofono”. Altro non era che l’utenza dove contattare il detenuto nel carcere di Livorno.
La complicità di un avvocato
Francesco Paladino, soprannominato “elefante”, riusciva pure a parlare con il figlio Gabriele rinchiuso ad Ascoli Piceno. Un giorno trovò alcune microspie nella cella e avvertì la moglie. Il citofono non era più sicuro, doveva disfarsene. Fece in tempo ad avvertire la donna- gli servivano nuove sim – e poi a marzo fu trasferito nel carcere di Oristano dove le schede pulite arrivarono dentro un pacco di viveri.
ll 9 aprile il canale di comunicazione era di nuovo attivo. Il detenuto diceva alla moglie che si stava già adoperando per procurarsi un telefono “attraverso un avvocato a disposizione dei detenuti”. Un professionista in grado di soddisfare la richiesta fuorilegge. Anche così vengono bucati i controlli. Non è il solo avvocato su cui si indaga, visto che in un altro mandamento grazie alla soffiata di un legale un altro boss avrebbe scoperto di avere le microspie in macchina.
Il 26 aprile 2024 Francesco contattava la moglie tramite una misteriosa donna. Le faceva sapere di avere recuperato un nuovo telefono grazie alla moglie di un detenuto.
Via telefono venivano smistati gli ordini. Nel settembre 2023 erano stati sequestrati due grossi quantitativi di cocaina. Gabriele Pedalino riteneva che ad accollarsi la perdita dovesse essere solo Giuseppe Aliotta, altro arrestato, che però si rifiutò. E così dal carcere fu ordinato di dare fuoco alla panineria “L’acquolina in bocca”, gestita da Salvatore Aliotta, il padre di Giuseppe che da allora iniziò a pagare.
Niente pane con la milza
Il do ut des mafioso fece sì che i mafiosi intervennero per fare chiudere il tizio che vendeva “pane con la milza” di fronte al panificio sempre di proprietà di Salvatore Aliotta. La concorrenza non autorizzata sarebbe stata eliminata.
La prevaricazione mafiosa si manifestò in tutta la sua forza nelle vicissitudini di una famiglia costretta a lasciare la propria casa per alcuni contrasti con Guglielmo Rubino. Gli impedirono addirittura di rientrare nell’abitazione. Una notte si piazzarono in cinque-sei persone davanti alla casa in via Orestano e incendiarono la macchina di un componente del nucleo familiare.
Rubino sentenziò. Dovevano andarsene “dalla Guadagna più lontano possibile, magari in un pizzo di montagna”. Accadde davvero. Non solo: quando un acquirente si presentò per visitare la casa nella prospettiva di comprarla un uomo si avvicinò all’impiegato dell’agenzia immobiliare per chiarire che l’immobile non era in vendita.
***** l’articolo pubblicato è ritenuto affidabile e di qualità*****
Visita il sito e gli articoli pubblicati cliccando sul seguente link