La ”Casa Comune” e la ”rivoluzione gentile” della Costituzione

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È uno scossone
quello che Papa Francesco qualche anno addietro, nella sua enciclica “Laudato
Sì” sulla cura della Casa Comune, muove al cuore umano, allorquando equipara la
sua violenza alla malattia che “avvertiamo nel suolo, nell’acqua, nell’aria e
negli esseri viventi”. Senza preamboli e con una severità lucida e chirurgica
esordisce con “l’uso e l’abuso” della Terra e dei suoi beni, le assegna un
posto tra i poveri più abbandonati e maltrattati ricordando che siamo Terra noi
stessi. Se il passaggio su San Francesco d’Assisi ed il suo Cantico delle
Creature ricorda quanto sia antica l’attenzione verso la questione, di certo il
documento scritto dal Papa nel 2015 è la prima testimonianza ufficiale sulla
tutela dell’ambiente nella storia del pontificato. Peraltro, rivolta “ad ogni
persona che abita questo pianeta” attraverso parole chiave quali sviluppo
sostenibile ed ecologia integrale, biodiversità ed ecosistema.

In realtà, più di
uno scossone. Il concetto di “casa comune”, tanto laico quanto universale, è
entrato a far parte della nostra Carta Costituzionale l’11 febbraio 2022,
sebbene l’esigenza di tutelare l’ambiente dal punto di vista giuridico e
politico-legislativo sia stata avanzata, tempo addietro, attraverso alcune
proposte di modifica al testo e con diverse soluzioni a tale sensibilità
crescente, talune più rilevanti come l’istituzione del Ministero dell’ambiente
(Legge 8 luglio 1986, n.349), la legge “Galasso” (decreto-legge 28 giugno 1985,
n. 312, convertito, con modificazioni, dalla legge 8 agosto 1985, n. 431) ed
altri provvedimenti legislativi.

Questo percorso,
pur attestando, tra le varie, la costruzione di un coordinamento delle
competenze dei vari livelli amministrativi in materia ambientale, ha rinviato,
tuttavia, sull’aspetto più dirimente ai fini della sua reale tutela, nominata
espressamente solo nelle materie di competenza esclusiva statuale (art.117
c.2lett.s, tutela dell’ambiente, dell’ecosistema e dei beni culturali):
l’ambiente come valore primario costituzionalmente protetto. La quasi recente
modifica in Costituzione dell’art. 9, con l’introduzione di un nuovo comma, e
dell’art. 41, riformato con alcuni “incisi”, oltre all’introduzione di una
clausola di salvaguardia per l’applicazione del principio di tutela degli
animali, in linea con la normativa europea, ha innovato il testo non solo
inserendo tra i principi fondamentali la tutela dell’ambiente, della
biodiversità e degli ecosistemi, ma ha riconosciuto esplicitamente il valore
della sostenibilità includendo l’interesse delle future generazioni. I nuovi
limiti all’iniziativa economica privata (salute ed ambiente) introdotti
nell’art.41 ed anteposti ai già esistenti, hanno sostanziato ed attuato le
novità dell’art.9, assegnando alla medesima attività economica pubblica e
privata un indirizzo ed un coordinamento a fini ambientali, oltre che sociali.

La portata di
questa riforma ha assunto i contorni delle giornate epocali, di quelle che si
ricordano a vita, di veri e propri passaggi storici, per alcuni di una vera e
propria “rivoluzione gentile”. È assolutamente plausibile percepirla in questi
termini, soprattutto se si calcola il tempo trascorso per concretizzare una
scelta così decisiva per le implicazioni strettamente connesse, affidata per
lungo tempo alla sola “sensibilità”, mentre la gestione di numerose questioni
ambientali (è sufficiente pensare all’Ilva di Taranto) soffriva di una profonda
“inadeguatezza” già rispetto al concetto di tutela contenuto nella versione
originaria dell’articolo 9.

La nuova visione
oggettivistica dell’ambiente, quindi di bene in sé e non solo materia, ma
valore costituzionalmente protetto, è un parametro a cui tutte le leggi e tutte
le azioni dello Stato devono rapportarsi. Essa restituisce una sorta di
“garanzia” illimitata, tanto più se rivolta alle generazioni future. Sui
valori, diritti e doveri costituzionalmente garantiti e praticamente disattesi
dalle norme e ancor più negli articolati, se ne ha testimonianza quotidiana; il
nuovo corso potrebbe realmente restituire quella fiducia disattesa e la
consapevolezza che tarda ad insediarsi nella collettività rispetto alla tutela
dell’ambiente e della biodiversità. Allora potremmo davvero cominciare a
parlare di una coscienza consapevole del capitale naturale, delle sue relazioni
con le altre tipologie (umano, sociale, manifatturiero e finanziario), degli
equilibri sottesi, nonché accelerare il suo processo di ristrutturazione,
avviando concretamente la tanto agognata transizione ecologica.

La tutela legale
dei temi cardine dello sviluppo sostenibile, che guarda all’equità e
solidarietà intergenerazionale, può diventare la traccia attraverso la quale
sviluppare nuovi programmi e interventi.

Certo è che ad
oggi sarà più difficile ignorare gli allarmi degli scienziati sulla crisi
climatica in atto e ancora più complicato risolvere le questioni con un “ad
impossibilia nemo tenetur” (nessuno è tenuto a fare l’impossibile). Perché
l’impossibile, per la casa comune, è ormai un dovere universale e…naturale.

Costantino
Caturano

Microcredito

per le aziende

 

Presidente
dell’Ente Parco del Taburno Camposauro



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