La Germania alla vigilia di un voto cruciale

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A pochi giorni dalle elezioni generali in Germania, il Paese si trova ad affrontare una fase di incertezza politica ed economica. L’erosione della coalizione di governo, la crescita dell’ultradestra e il dibattito sulle possibili alleanze post-elettorali stanno ridefinendo il panorama politico tedesco, con ripercussioni che vanno ben oltre i confini nazionali.

Il prossimo 23 febbraio la Germania tornerà alle urne per eleggere il nuovo Bundestag, la Camera bassa del Parlamento. Il voto arriva in un contesto di forte instabilità politica ed economica, segnato dalla crisi della “coalizione semaforo” – formata da Socialdemocratici (SPD), Verdi e Liberali (FDP) – al governo dal 2021, guidata dal cancelliere socialdemocratico Olaf Scholz. Dopo mesi di tensioni interne, la coalizione si è sciolta soprattutto a causa di disaccordi su come finanziare la legge di bilancio per il 2025. Scholz e Robert Habeck (Verdi), per tentare di frenare la crisi economica tedesca, avevano espresso il desiderio di derogare temporaneamente al meccanismo di “freno al debito” (Schuldenbremse), che proibisce qualsiasi deficit superiore allo 0,35% del PIL ogni anno – tranne in situazioni eccezionali come una pandemia o una recessione –, ma l’FDP si è opposta apertamente a questa possibile decisione portando al licenziamento del ministro delle Finanze, Christian Lindner, e aprendo così una crisi di governo culminata con la sfiducia a Scholz.

Il prossimo cancelliere, molto probabilmente il leader della CDU Friedrich Merz, erediterà infatti un’economia in difficoltà, segnata da una contrazione, per il secondo anno consecutivo, del prodotto interno lordo dello 0,2% rispetto al 2023. Questi dati emergono a pochi giorni da un voto cruciale, in cui la ripresa economica si impone come tema centrale nell’agenda politica dei candidati. L’economia tedesca è infatti appesantita da una crescita stagnante, un quadro fiscale incerto, costi energetici elevati e un settore automobilistico in crisi. In assenza di riforme strutturali volte a rilanciare gli investimenti e rafforzare la competitività, come evitare che le aziende continuino a delocalizzare la produzione e gli investimenti all’estero, il rischio è che la crisi si prolunghi.

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L’estrema destra avanza, le piazze reagiscono

Ma la sfida per il prossimo governo non è solo economica. Il voto arriva dopo un anno di crescita dell’estrema destra, culminata nelle elezioni europee del 2024, in cui Alternative für Deutschland (AfD) ha ottenuto il 15,89%, migliorando del 5% il risultato ottenuto nelle elezioni europee del 2019 e superando l’SPD, fermo al 13,9%. AfD ha inoltre consolidato il suo consenso anche nelle elezioni regionali dello scorso settembre nei Länder orientali di Turingia e Sassonia. In quest’ultima, pur con il 30,7% dei voti, non è riuscita a superare la CDU, ma si è affermata come il secondo partito più votato. In Turingia, invece, ha ottenuto il 32,8%, staccando la CDU di quasi dieci punti e conquistando una “storica vittoria”. Per la prima volta dalla fine della Seconda guerra mondiale, infatti, l’estrema destra tedesca ha vinto una grande elezione

Il crescente successo dell’ultradestra è il risultato di una combinazione di fattori, tra cui l’ondata anti-establishment alimentata dall’insoddisfazione nei confronti della coalizione di governo e l’efficace strategia comunicativa e mediatica utilizzata da AfD. Tuttavia, questo successo ha suscitato una forte reazione nel Paese, con proteste diffuse in diverse città, a dimostrazione di una società sempre più polarizzata di fronte all’avanzata dell’estrema destra. In particolare, nelle ultime settimane migliaia di persone sono scese in piazza per protestare contro la cooperazione tra CDU e AfD in materia di politiche anti-migratorie. L’episodio ha confermato quanto la questione migratoria sia centrale nel dibattito politico tedesco, ma ha anche acceso un allarme più ampio: il crescente peso dell’estrema destra nel panorama politico nazionale

Merz a gennaio era riuscito a far passare, grazie al sostegno di alcuni deputati dell’AfD e dei liberali, una mozione non vincolante per rafforzare i controlli alle frontiere. Lo stesso scenario si è verificato con una proposta di legge, questa sì vincolante, volta a limitare il numero di ingressi e restringere il diritto al ricongiungimento familiare. Sebbene quest’ultima sia stata respinta, anche per via delle defezioni di 23 parlamentari dei Liberali e di 12 parlamentari della CDU, che non hanno votato, il voto ha segnato un evento senza precedenti. Merz ha infatti infranto per la prima volta dal dopoguerra il cosiddetto “cordone sanitario”, ossia l’impegno di non collaborare con l’estrema destra.

Oltre un milione di persone sono scese in piazza in tutta la Germania per protestare contro questa convergenza, da molti considerata un “tradimento” dei principi su cui la Germania ha ricostruito la propria identità dopo il nazismo. Berlino ha visto la mobilitazione più imponente, con circa 250mila manifestanti. Ma proteste massicce hanno attraversato anche Monaco, Francoforte e Colonia, in un’ondata di dissenso che ha coinvolto l’intero paese.

Il quadro politico tedesco, dunque, è attraversato da tensioni e cambiamenti significativi. Se da un lato la crisi della coalizione semaforo e l’ascesa dell’AfD hanno polarizzato l’opinione pubblica, dall’altro la CDU si avvia verso una vittoria elettorale che, pur essendo ad oggi prevedibile, lascia aperti interrogativi cruciali.

La große Koalition: tra differenze e continuità

Mentre il vincitore assoluto delle elezioni del 23 febbraio sembra prevedibile, con i cristianodemocratici di Merz stabili al 30% secondo gli ultimi sondaggi la composizione della coalizione è ancora molto incerta. Il sistema politico tedesco rende quasi inevitabile una coalizione di partiti e i governi europei si stanno chiedendo con chi governerà Friedrich Merz e quali equilibri guideranno il futuro esecutivo. Molti esponenti del partito, Merz compreso, vorrebbero evitare una coalizione a tre, a causa delle inevitabili lotte intestine che ne seguirebbero, come quelle che hanno portato alla crisi di governo

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Ad oggi, uno degli scenari più plausibili, data l’esclusione di una coalizione con AfD e i dubbi su una possibile coalizione tra i Verdi e la CDU/CSU, dopo la recente apertura di Merz all’estrema destra, è la große Koalition (GroKo), la “grande coalizione” composta da CDU/CSU e SPD che ha governato la Germania per quattro volte dal 1949. Tuttavia, la CDU post-Merkel ha assunto una linea più conservatrice su diversi temi, complicando la possibilità di un accordo con l’SPD. 

Analizzando i programmi elettorali dei due partiti, emergono infatti differenze significative in settori chiave come la sicurezza e la politica estera, sebbene ci siano anche aree di continuità. Entrambi i partiti si impegnano a rafforzare la posizione della Germania in Europa e nel mondo, ma le loro priorità differiscono notevolmente in termini di strategia e alleanze. L’SPD adotta infatti un approccio più cauto verso gli aiuti militari all’Ucraina. Pur sostenendo Kiev con armamenti e risorse, il partito esclude esplicitamente l’invio dei missili “Taurus”, mantenendo la sua posizione di supporto alle iniziative di pace e dialogo proposte da Volodymyr Zelensky. Pur rimanendo legata alla NATO, l’SPD mira a creare una “difesa europea” autonoma, puntando a una maggiore indipendenza nella politica di sicurezza e a decisioni comuni da parte degli Stati membri.

La CDU/CSU, pur allineata nel supporto all’Ucraina, adotta un approccio più assertivo. Il partito non solo spinge per l’adesione dell’Ucraina all’Unione Europea, ma sostiene l’invio di armi e l’intensificazione delle sanzioni contro la Russia. Inoltre, la CDU/CSU promuove un rafforzamento immediato della Bundeswehr, proponendo l’introduzione di una leva militare e aumentando il personale, un approccio ben diverso dalla SPD, che preferisce una “milizia flessibile” e un’adesione volontaria. Entrambi i partiti concordano sulla necessità di aumentare la spesa per la difesa, ma con approcci differenti: l’SPD insiste su una difesa più sostenibile e una riserva di personale a lungo termine, mentre la CDU/CSU punta a una crescita rapida e significativa delle forze armate.

Sul fronte della politica estera, l’SPD promuove una maggiore indipendenza per l’Europa, in particolare nel settore della difesa e della politica estera, e si impegna per l’ingresso rapido dei Balcani occidentali nell’Unione Europea, oltre a una cooperazione più integrata. La CDU/CSU, pur condividendo l’impegno per un’Europa forte, adotta una visione più pragmatica, concentrandosi sugli interessi economici strategici e preferendo tappe graduali per l’ingresso nell’UE.

Infine, sul fronte della Cina, sia l’SPD che la CDU/CSU riconoscono la crescente influenza globale della nazione, ma con approcci differenti. L’SPD considera la Cina un “partner, concorrente e rivale” e spinge per ridurre la dipendenza economica, pur mantenendo la cooperazione su temi globali come il cambiamento climatico e il disarmo. La CDU/CSU, pur consapevole delle necessità di ridurre la dipendenza economica dalla Cina, si concentra sul mantenimento delle relazioni economiche e sulla competizione di sistema, mirando a gestire le sfide provenienti da Cina e Russia, specialmente in Africa e Asia-Pacifico. 





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