Obbligazionario, rotta su credito USA e high yield per cavalcare Trump

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Per Olivier Debat (UBP), lo stop della Fed sui tassi impone di ridefinire le strategie per il reddito fisso. Titoli ad alto rendimento e AT1 i segmenti preferiti dall’esperto. Ma serve selezione geografica per evitare i colpi del tycoon

Con una crescita che si mantiene piuttosto robusta e livelli d’inflazione strutturalmente più alti di quelli registrati in passato, l’allentamento monetario di BCE e Fed rischia di rivelarsi meno consistente del previsto. Tanto è vero che la stessa banca centrale USA, nella riunione di gennaio, ha annunciato di volersi prendere una pausa per valutare se tagliare nuovamente i tassi di interesse solo nei prossimi mesi. Uno scenario che impone di ridefinire le strategie di portafoglio per gli investitori obbligazionari. Ne è convinto Olivier Debat, senior investment specialist di Union Bancaire Privée (UBP), secondo cui le opportunità risiedono oggi nei titoli ad alto rendimento e nel debito finanziario subordinato (AT1).

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Con la Fed che promette di rallentare il passo e la BCE che invece taglia dello 0,25%, che stagione di politica monetaria si prospetta e come può influire sul mercato obbligazionario?

Sebbene il carovita statunitense sia destinato a rimanere al di sopra dell’obiettivo, non si registrano accelerazioni così tanto consistenti e la Federal Reserve sembra avere il fenomeno sotto controllo. Questo dovrebbe contribuire a ridurre i rischi di coda hawkish, dal momento che la banca centrale USA potrà proseguire la sua politica di allentamento e concentrarsi sulla massimizzazione della crescita. Le pressioni inflazionistiche dell’amministrazione Trump rappresentano di certo un rischio, ma la marcia indietro sui dazi al 25% contro Messico e Canada supporta la prospettiva di un approccio pragmatico atto a disinnescare l’impatto della guerra commerciale e non far deragliare l’economia. In questo contesto, prevediamo che credito e tassi d’interesse continueranno a muoversi all’interno di un range e consentiranno di sfruttare l’opportunità di carry. I rendimenti all-in elevati sono destinati a rimanere ed essere presenti sul mercato piuttosto che attendere il momento perfetto. Il dry powder delle banche centrali dovrebbe infine contribuire a limitare i momenti di volatilità e di allargamento degli spread, con i tassi di default tendenzialmente limitati.

Proprio le politiche di Trump rappresentano l’altra grande variabile da considerare per comprendere l’evoluzione del mercato. Quali geografie, in relazione a questo fattore, si riveleranno più interessanti?

Il credito USA ci fa gola proprio perché crediamo che i tagli fiscali del nuovo presidente alimenteranno i consumi e continueranno a far viaggiare il Paese sopra il proprio potenziale. L’impatto del tycoon sull’Europa è invece legato ai dazi e rischia di manifestarsi sugli spread obbligazionari, che potrebbero non compensare adeguatamente un potenziale risk-off. Da un punto di vista valutativo, osserviamo infatti che la differenza tra gli spread dell’indice CDS investment grade e quelli dei titoli IG comincia ad apparire costosa: un segnale che gli investitori dovrebbero considerare di ri-bilanciare i portafogli dai bond agli indici CDS. Più in generale, vediamo però vediamo una situazione non priva di opportunità. Considerando infatti che non ci sono i presupposti per una recessione, un’attenta selezione geografica può risultare proficua: focalizzarsi soprattutto sui Paesi periferici, dove l’economia è in espansione e la crescita dei salari si avverte maggiormente, ed evitare blocco Francia-Germania, con il PMI manifatturiero tedesco che rimane in territorio di contrazione dalla metà del 2022, sono ovviamente le linee da seguire. Quanto infine alla Cina, sebbene le speranze di ripresa siano aumentate, sarà necessario attendere che Trump sveli l’entità definitiva dei dazi contro Pechino per formulare una previsione: solo allora le autorità saranno infatti in grado di calibrare con precisione gli stimoli fiscali finora promessi ma ancora non attuati. Anche se il fatto che i rendimenti dei titoli di Stato locali a lungo termine siano ora ben al di sotto dell’equivalente obbligazione giapponese evidenzia le pressioni deflazionistiche, alle quali il Paese potrebbe faticare a sottrarsi nel breve termine.

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Su quali segmenti dell’asset class bisogna puntare e perché?

Le aree di valore includono sicuramente l’high yield, da approcciare però proprio attraverso gli indici CDS: nonostante la maggiore liquidità, l’asset class continua infatti a scambiare a buon mercato rispetto ai cash bond e beneficia sia di un tasso di default favorevole sia di esigenze di rifinanziamento limitate anche nel breve termine. Non può mancare all’appello neppure il mercato degli Additional Tier 1, che dovrebbe continuare a essere supportato da fattori tecnici solidi e da ottimi fondamentali: la nuova offerta, cioè, è ben assorbita dagli investitori mentre il settore finanziario continua a trarre giovamento da un contesto di inflazione e tassi di interesse maggiori del previsto.

Negli outlook al 2025 di molte società, si parla di buone opportunità anche nei titoli di Stato europei. Cosa ne pensa?

Il recente rialzo nei rendimenti dei titoli di Stato rappresenta un punto di ingresso interessante per incrementare l’esposizione al reddito fisso e costruire allocazioni più equilibrate che tengano conto sia del rischio di credito sia del costo del denaro. Potremmo in effetti essere di fronte a un cambiamento di paradigma in cui la duration sui tassi ricomincia a proteggere i portafogli nei periodi di stress. Si tratta di una variazione significativa rispetto allo scorso anno, quando avevamo una visione più cauta sulla traiettoria di politica monetaria delle banche centrali. Detto ciò, continuiamo a mantenere la stessa visione costruttiva sul credito e preferiamo approcciarlo concentrandoci sulle opportunità di carry presenti verso i segmenti di mercato a reddito più elevato.

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Quali tendenze vede nell’universo del reddito fisso per il 2025?

Osserviamo un crescente interesse da parte dei clienti privati e istituzionali per soluzioni di allocazione core che combinano un profilo investment grade con l’ottimizzazione del rendimento del portafoglio. Su questo fronte, grazie alla nostra expertise in varie asset class obbligazionarie, siamo in grado di costruire portafogli con un rating medio BBB che vantano uno yield pickup e non comportano quasi alcun rischio di insolvenza perché esposte al mercato dei CLO.

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