Gli oli da cucina esausti sono una risorsa resiliente e strategica per il settore trasporti, ma l’Europa fatica a trovarli sostenibili nel mercato internazionale. Potenziare la raccolta degli scarti da cucina potrebbe ampliare l’offerta ed evitare due esternalità ambientali negative: il consumo di suolo nei paesi in cui si (stra)producono e la dispersione in acqua dove si consumano.
Gli oli da cucina esausti (used cooking oil, Uco) rappresentano una risorsa strategica per la transizione energetica del settore dei trasporti, uno dei più difficili da decarbonizzare. Questi oli, generati dalle attività di cottura e frittura in ambito domestico, commerciale e industriale, costituiscono un prodotto di scarto largamente disponibile e trovano applicazione in diversi ambiti, dalla produzione di cosmetici e biolubrificanti fino alla generazione di biocarburanti avanzati, ovvero quelli caratterizzati dal maggiore potenziale di mitigazione del cambiamento climatico.
Tuttavia, l’aumento repentino della domanda di biocarburanti, stimolato dalla direttiva (Ue) 2023/2413 sulle energie rinnovabili (Red III), che ha innalzato dal 14% al 29% l’obiettivo di fonti rinnovabili nel consumo finale di energia nel settore dei trasporti, sta esponendo l’intera filiera a rischi legati alla diffusione di feedstock non sostenibili.
Questi rischi potrebbero compromettere la credibilità dei biocarburanti come soluzione efficace e vanificare gli sforzi per la riduzione delle emissioni di gas serra. Per garantire che questa risorsa venga utilizzata in modo sostenibile, è essenziale investire nell’ampliamento della raccolta interna degli oli esausti e migliorare i controlli sulle importazioni da paesi extra-Ue.
Crescente domanda di Uco per realizzare Sustainable aviation fuels (Saf)
In Europa, il mercato degli oli da cucina esausti sta vivendo una rapida espansione sostenuta dalle emergenti politiche ambientali e dagli impegni di decarbonizzazione di moltissime compagnie aeree. Nel solo 2023 sono state consumate circa 7 milioni di tonnellate di oli da cucina esausti, per un quantitativo otto volte superiore a quello raccolto nel Vecchio continente.
La crescente domanda di Uco ha portato a una dipendenza significativa dalle importazioni, principalmente da paesi extra-Ue come Cina e Malesia, dai quali sono arrivate nel 2023 rispettivamente 484 e 599 mila tonnellate. Tuttavia, le discrepanze nei dati di raccolta e di esportazione di questi paesi sollevano dubbi sulla sostenibilità delle materie prime importate.
Secondo Transport & Environment, la Cina risulta esportare e utilizzare volumi di oli esausti superiori alla sua produzione stimata, alimentando sospetti sull’esistenza di un mercato illegale di oli vegetali vergini falsamente etichettati.
Una dinamica simile si riscontra in Malesia, dove il volume di esportazioni è addirittura tre volte superiore alla raccolta interna, suggerendo che parte dell’olio di palma prodotto localmente venga fraudolentemente etichettato come olio da cucina esausto per accedere al mercato europeo.
Cina e Malesia, un mercato illegale di oli vegetali vergini falsamente etichettati?
Purtroppo, identificare feedstock non sostenibili è tecnicamente complesso a causa della loro composizione chimica e delle caratteristiche fisiche molto simili a quelle degli oli da cucina esausti. A questa difficoltà tecnica si aggiunge una notevole vulnerabilità del sistema certificativo alle frodi.
Attualmente, la certificazione più in uso si basa su uno schema volontario proposto dall’International sustainability & carbon certification (Iscc), che si traduce molto spesso in veri e propri castelli di carta. Questi schemi permettono il verificarsi di pratiche fraudolente come la miscelazione con materiali non idonei, etichettature scorrette e falsificazione nelle certificazioni stesse. Inoltre, le verifiche effettuate coprono solo raramente l’intera catena del valore, raggiungendo in pochissimi casi il punto di origine di produzione dell’olio da cucina esausto.
Queste dinamiche sono particolarmente preoccupanti, poiché le materie prime non conformi non possiedono le stesse caratteristiche di sostenibilità dell’olio da cucina esausto, che, essendo un rifiuto perlopiù non in contrasto con la filiera alimentare, è caratterizzato da maggiore valenza in termini di riduzione degli impatti ambientali.
In Italia si disperdono 200.000 tonnellate l’anno di olio esausto
Mentre l’Europa punta a incrementare l’uso di biocarburanti avanzati, gran parte del potenziale interno di raccolta degli oli esausti rimane inutilizzato. Secondo i dati di Transport & Environment, il 55% degli oli da cucina esausti prodotti a livello europeo sfugge alla raccolta, con particolare riferimento alla produzione domestica, la quale rappresenta oggi meno del 10% degli oli raccolti.
Solo in Italia, ad esempio, si stima che oltre 200 mila tonnellate di oli domestici vengano smaltite in modo inappropriato, spesso nelle reti fognarie, con conseguenze ambientali altamente negative. Questo quantitativo rappresenta circa due terzi del totale degli oli esausti prodotti nel paese (dati Conoe tratti dal report Il Riciclo in Italia 2024). Investire in infrastrutture di raccolta e campagne di sensibilizzazione potrebbe consentire di recuperare queste risorse preziose, riducendo la pressione sulle importazioni.
Sensibilizzare il consumatore verso il recupero degli scarti per contrastare le frodi e la dipendenza dalle importazioni
Gli oli esausti raccolti in Europa rappresentano una risorsa resiliente e strategica, capace di garantire stabilità nella produzione di biocarburanti, senza i rischi legati alle importazioni da paesi extra-Ue. Tuttavia, se da un lato l’incremento della raccolta domestica può assicurare una maggiore disponibilità di una materia prima davvero sostenibile, dall’altro è fondamentale riconoscere che, in un contesto in cui la domanda di biocarburanti continuerà a crescere rapidamente, rimarremo inevitabilmente dipendenti dalle importazioni di oli da cucina extra-Ue.
In questo scenario, è essenziale adottare una regolamentazione più stringente e implementare controlli efficaci lungo tutta la filiera, con l’obiettivo di ridurre il rischio di frodi nelle importazioni e aumentare la trasparenza del mercato.
Investire nel recupero degli oli esausti e nella lotta contro le frodi è diventato un imperativo strategico per raggiungere gli ambiziosi obiettivi climatici europei e favorire una transizione energetica del settore trasporti che risulti autenticamente sostenibile.
Piergiorgio Palamara è ingegnere energetico, manager in ambito transizione energetica e cambiamento climatico
Foto: unsplash
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