Suicidio assistito, il centrodestra in tilt in Lombardia. Fdi pretende “più rispetto” del Consiglio. La giunta: “C’è una sentenza”

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Il primo suicidio assistito in Lombardia – nel pieno del dibattito sulla legge sul fine vita approvata in Emilia Romagna – scuote la giunta regionale lombarda. Le tensioni già nell’aria da giorni, adesso sono diventate sempre più palesi all’interno dell’Amministrazione regionale guidata da Attilio Fontana, con Fratelli d’Italia che lunedì mattina ha ribadito all’assessore al Welfare, Guido Bertolaso, di non aver gradito il metodo seguito nell’auto-somministrazione di un farmaco letale a una 50enne lombarda affetta da sclerosi multipla progressiva. Il partito di Giorgia Meloni contesta a Bertolaso che il primo suicidio assistito in Lombardia sia arrivato un paio di mesi dopo che il Consiglio regionale aveva votato la non competenza della Regione sull’argomento.

Mentre si discuteva in Aula, è l’obiezione di Fdi, qualcuno “stava già predisponendo protocolli e comitati“, con i meloniani che hanno chiesto “più rispetto per le decisioni del Consiglio regionale”. Gli esponenti di Fratelli d’Italia lamentano anche di avere “appreso dalla stampa” la notizia anche se, viene sottolineato dalla Regione, era stata la stessa paziente, attraverso il suo legale, ad esprimere il desiderio di non divulgare la notizia.

Sul fine vita “noi dobbiamo dare una risposta. C’è stata una sentenza della Corte Costituzionale che ha a tutti gli effetti il valore di legge” e quindi “chi ha la responsabilità di organizzare questo genere di procedure, ha il dovere di portarle avanti nel modo migliore e più prudente e attento possibile”, ha replicato in maniera secca l’assessore al Welfare Bertolaso. “Abbiamo seguito davvero la strada giusta e corretta, lo abbiamo fatto nella più assoluta riservatezza perché questo è quello che ci aveva chiesto la famiglia” ha rimarcato. “Sono cinquant’anni che lavoro solo e a esclusivo beneficio e interesse della comunità e dei cittadini. Certe situazioni che ho trovato di fronte nella mia vita mi hanno portare a prendere decisioni che in alcuni casi non sono quelle che la politica si aspetta” ha proseguito Bertolaso. “Da questo punto di vista – ha spiegato – la mia linea di condotta è sempre stata identica. Ci sono differenze di vedute, opinioni diverse che si rispettano ma a un certo punto qualcuno deve cominciare a decidere cosa fare di fronte alle richieste legittime di persone che in questo caso chiedono di poter porre fine alla propria vita, che è diventata una vita assolutamente insostenibile e inaccettabile sotto tutti i profili”.

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Parlando del caso della 50enne affetta da sclerosi multipla progressiva l’assessore lombardo ha spiegato che la morte è avvenuta “a casa di questa persona senza l’intervento di un medico del servizio sanitario pubblico, ma di un medico di fiducia scelto dalla persona che aveva fatto questa richiesta. Pienamente nell’alveo delle determinazioni fatte dalla Corte Costituzionale”, ha ribadito- “Siamo stati talmente riservati – ha sottolineato Bertolaso – che questo fatto è avvenuto alla metà di gennaio ed è uscito solo pochi giorni fa. Dopo aver sentito la famiglia abbiamo dato le indicazioni, nel momento in cui è uscita la notizia, su quello che è il percorso che abbiamo intrapreso”. Sono stati coinvolti Asst, medici, giuristi, professionisti, personale amministrativo di Palazzo Lombardia “e non è uscita una sola parola su questa vicenda perché quando vogliamo fare le cose in modo serio e concreto lo sappiamo fare. Non abbiamo voluto prevaricare nessuno”, ha concluso.

L’argomento comunque agita il centrodestra lombardo: la Lega si divide tra la parte più cattolica e quella più laica, anche se il Carroccio è rimasto comunque prudente forte anche della libertà di coscienza lasciata da Matteo Salvini sul fine vita. Adesso sono in corso delle riunioni per capire cosa fare in vista della seduta di Consiglio regionale di martedì. Una mozione di sfiducia della maggioranza nei confronti di Bertolaso al momento è esclusa, con la Lega che vorrebbe evitare di prestare il fianco all’opposizione. Fdi, che ha già annunciato un’interrogazione a Bertolaso, sta valutando se proporre o meno un documento ma soltanto nel merito dell’argomento, per ribadire la contrarietà al fine vita. Nessuno scontro, ha assicurato un esponente della giunta lombarda, ma solo la volontà di essere “uniti” anche nelle scelte “più complesse” e “senza prevaricare nessuno“.

Ad ogni modo la posizione della Regione non dovrebbe cambiare: se bisognerà dare delle risposte a dei cittadini che faranno richiesta, si seguiranno sempre i dettami della Corte Costituzionale con il comitato etico regionale che dovrà valutare caso per caso se ci sono i quatto requisiti sancita dalla sentenza. La Consulta nel 2019 ha infatti stabilito che un malato terminale può fare domanda se sono rispettati i seguenti requisiti: diagnosi infausta, mantenimento in vita da “trattamenti di sostegno vitale” (concetto ampliato in una successiva sentenza), grave sofferenza fisica e psichica, libertà di scelta. Subito dopo la diffusione della notizia, l’assessore Bertolaso aveva fatto notare come la Lombardia ha “seguito il dettame della Corte costituzionale”. La Regione ha creato un comitato etico che ha accompagnato la richiesta arrivata “in assoluta coerenza con la Costituzione”, ha osservato Bertolaso parlando di un tragitto “indiscutibile” anche dal punto di vista giuridico.

E mentre a livello nazionale il dibattito si è ormai aperto all’interno del centrodestra nazionale (con Fdi e Fi che frenano, mentre Salvini ha lanciato un sondaggio social), il Movimento 5 stelle lombardo ha chiesto all’assessore Bertolaso di riferire in Consiglio regionale, nella seduta di martedì, sul primo caso di suicidio assistito: “È opportuno che Regione Lombardia esprima una posizione ufficiale, che vada oltre al botta e risposta interno alla maggioranza, del quale abbiamo letto in questi giorni sui media”, commenta il capogruppo dei pentastellati, Nicola Di Marco. “Risulta fondamentale garantire trasparenza e chiarezza riguardo alle procedure adottate, al fine di assicurare un quadro normativo e operativo certo per future richieste simili, tutelando i pazienti, le famiglie e gli operatori sanitari coinvolti”, ha concluso Di Marco.



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