Trump, l’Ucraina e noi europei

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Questo è uno di quei momenti in cui mi viene in mente una vignetta di Altan, nella quale il solito operaio interlocutore di Cipputi si rivolge a lui dicendo «Poteva anche andare peggio» e lui, serafico, risponde «No». L’ora non è buia, è pesta. Stiamo perdendo l’America e con essa quell’architettura di sicurezza che ha garantito ottant’anni di pace e stabilità fra le due sponde dell’Atlantico e in definitiva nel mondo intero. Dopo avere cercato per settimane di tentare di trovare un bicchiere mezzo pieno nella nuova Amministrazione Trump (Marco Rubio?, Mike Waltz?), ho definitivamente rinunciato: il piano inclinato porta al disastro. In Europa. Di nuovo.

Il fantasma di Monaco è nuovamente fra noi: ottantacinque anni fa permettendo a Hitler di invadere prima la Repubblica Ceca, con la scusa della tutela della popolazione germanofona sudeta, e poi mezza Europa; oggi, sempre a Monaco, con la presa d’atto che l’Ucraina è abbandonata dalla principale potenza della Nato e che deve rinunciare al suo destino europeo ed euro-atlantico, perdere definitivamente i territori occupati, regalare a Trump le terre rare e il litio per ripagare gli aiuti bellici americani già avvenuti in questi anni. In più, Donald Trump e Vladimir Putin, all’unisono, dettano la peggiore delle condizioni possibili: l’esclusione dell’Europa dal tavolo delle trattative sul futuro dell’Europa stessa.

Trump ha aperto un negoziato diretto con Vladimir Putin senza avvisare l’Ucraina, il paese aggredito unilateralmente dalla satrapia di Mosca; senza coinvolgere gli alleati della Nato; senza parlare con l’Europa o il Regno Unito. L’Asse delle Autocrazie ha oggi una nuova, ma non insperata, sponda in Washington e per noi europei è una tragedia senza precedenti.

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Ma la partita è appena iniziata e l’esito non è ancora scontato, anche se bisogna agire con decisione e in fretta: l’Europa e i paesi europei sono chiamati a diventare adulti e a fare finalmente l’Europa, mettendo in cantiere alcune decisione in tempi brevi per permettere a Volodymyr Zelensky di non accettare alcuna imposizione americana o peggio ancora russo-americana.

Primo. Va confermato il destino europeo di Kyjiv. Va accelerato il percorso di integrazione europea dell’Ucraina, creando una corsia rapida, preferenziale e a tappe forzate. Il Parlamento Europeo dovrebbe accogliere da subito un gruppo di deputati ucraini indicati dal parlamento di Kyjiv, anche senza diritto di voto, ma con diritto di parola. L’Ucraina è Europa, geograficamente, culturalmente e storicamente e una sua sconfitta militare con un esito a sovranità limitata rappresenta una minaccia esistenziale per l’Europa stessa.

Secondo. Vanno fornite garanzie europee di sicurezza all’Ucraina. Il veto dell’attuale Amministrazione Usa ha interrotto il processo di avvicinamento dell’Ucraina nella Nato e se tale prospettiva va tenuta sempre aperta, non è, per almeno quattro anni, realistica. Vanno realizzati accordi militari bilaterali, sotto l’egida europea, fra l’Ucraina e i singoli Stati membri, più il Regno Unito. Accordi ampi che prevedano un processo costante nel tempo di forniture belliche; la realizzazione di joint venture euro-ucraine per la produzione bellica sul suolo ucraino; accordi di reciproca difesa in caso di attacco (sul modello dell’Articolo 5 della Nato); apertura di basi militari permanenti sul suolo ucraino degli eserciti dei paesi europei firmatari.

L’Europa ha due potenze nucleari (Francia e Regno Unito); due paesi leader nella produzione bellica (Italia e Germania); un paese che ha già superato il cinque per cento del proprio prodotto interno lordo nella difesa (la Polonia); nazioni che hanno già conosciuto la dittatura sovietica e che sono pronti a difendere la propria libertà senza cedimenti (Lituania, Estonia, Lettonia, Cechia, Romania, Bulgaria). L’Europa deve essere pronta a inviare proprie truppe in Ucraina.

Terzo. L’Unione Europea deve escludere dal Patto di Stabilità le spese militari, rendendo molto più agevole ai paesi membri un aumento significativo della propria spesa nel settore della difesa e prevedendo anche incentivi fiscali per le aziende belliche che siano disponibili a investire nella produzione bellica congiunta in Ucraina. L’obiettivo del tre per cento può essere raggiunto fin dal 2025. L’Italia ha una base produttiva militare fra le migliori d’Europa e può candidarsi a diventare un hub europeo della produzione bellica.

Quarto. La legislatura europea appena iniziata ha visto, in seno alla Commissione, l’insediamento del primo Commissario Europeo alla Difesa, il lituano Andreas Kubilius. Un buon inizio, ma non sufficiente. Il Parlamento Europeo dovrà rapidamente trasformare l’attuale Sotto Commissione per la Difesa e la Sicurezza (all’interno della Commissione sugli Affari Esteri), in una Commissione Permanente per definire gli indirizzi della politica di difesa dell’Unione. Va rapidamente realizzato un primo embrione di esercito europeo con comando unificato, in grado di affiancare gli eserciti dei singoli stati membri nel fornire garanzie di sicurezza a Kyjiv.

Quinto. La Francia è l’unica potenza nucleare della Ue ed è l’unico membro del Consiglio di Sicurezza delle Nazioni Unite fra i paesi dell’Unione (dopo la Brexit). Un conferimento del proprio seggio all’Unione Europea, aumenterebbe lo status globale dell’Unione stessa, e rappresenterebbe una leva importante per convincere anche i paesi più refrattari sulla necessità di un cambio di passo nel processo di integrazione e sulla non più prorogabile urgenza di una difesa e di un esercito europeo. In cambio la Francia, anche in quanto unica potenza nucleare, potrebbe ottenere la leadership, almeno nella fase iniziale, della costruzione bellica europea.

Sesto. Non si deve rinunciare in alcun modo al dialogo transatlantico. Se oggi gli Stati Uniti sono pervasi da un foga isolazionistica e oggettivamente antieuropea, l’Europa non deve rinunciare in alcun modo al dialogo e alla possibilità che l’asse euro-atlantico possa trovare nuovo vigore e nuova centralità in un prossimo futuro.

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È tempo di agire. Ce lo ha ricordato pochi giorni fa a Monaco, Volodymyr Zelensky, un grande leader di una nazione che da tre anni resiste alla barbara e anacronistica invasione militare della Russia: «Vi esorto ad agire – per il vostro bene, per il bene dell’Europa – per i popoli d’Europa, per le vostre nazioni, per le vostre case, per i vostri figli e per il nostro futuro condiviso».



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