Ucraina, Giorgia Meloni a Parigi per il vertice europeo sulla pace – Il Tempo

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Giorgia Meloni sarà lunedì 17 al vertice di Parigi convocato da Emmanuel Macron sull’Ucraina. Insieme alla premier ci saranno i capi di governo di Germania, Regno Unito, Polonia, Spagna, Paesi Bassi e Danimarca, la numero uno della Commissione europea Ursula von der Leyen, il presidente del Consiglio europeo, Antonio Costa, e il segretario generale della Nato, Mark Rutte. L’Ue prova a battere un colpo dopo la conferenza di Monaco e l’estromissione – di fatto – del Vecchio continente dalle trattative Usa-Russia su Kiev. La premier, che vanta una vicinanza particolare con Donald Trump, non ha sin qui replicato all’attacco all’Ue sferrato dal suo vice JD Vance e dovrà ora ponderare la strategia da mettere in campo visti i delicati equilibri internazionali. Non c’è solo l’Ucraina, infatti. Anche il dossier dazi agita l’Ue e, di conseguenza, Roma. Prediligere l’unità europea o dare priorità ai rapporti bilaterali con Washington? E’ questo l’interrogativo di Palazzo Chigi.

Il leghista Claudio Borghi risponde senza troppi dubbi: «I dazi non sono certo colpa di Salvini ma delle politiche di concorrenza sleale della Germania. Quindi è contraddittorio pensare che chi è causa del problema possa essere la soluzione. Anzi. È proprio la posizione di amicizia con Trump, saggiamente coltivata negli anni dalla Lega, che potrebbe avvantaggiarci, ma occorre trattare in modo bilaterale, sacrificarci per l’Unione europea (ovvero per la Germania) non ha senso», dice chiaro. Non la pensa così, però, Marina Berlusconi che non risparmia critiche a Trump: «Spero davvero che il Paese che è sempre stato il principale garante dell’Occidente non abbia ora un presidente che ambisce a diventare lui il “rottamatore” dell’Occidente stesso, demolendo così tutto quello che l’America è stata negli ultimi 80 anni», ragiona in un’intervista al Foglio, in edicola lunedì 17. La Presidente di Fininvest e Mondadori rivolge qualche frecciatina anche ai signori delle Big Tech: «C’è un problema di concorrenza sleale grande come una casa», rileva, per poi aggiungere: «Sono riusciti a imporre nella nostra vita di tutti i giorni la dittatura dell’algoritmo».

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La maggioranza, in ogni caso, si prepara ad affrontare una settimana ricca di temi in agenda. Si riunirà mercoledì (causa summit a Parigi) il Cdm inizialmente convocato per lunedì alle 17: all’ordine del giorno, per il momento almeno, non figura il provvedimento contro il caro-bollette annunciato dal ministro dell’Economia Giancarlo Giorgetti. Al titolare del Mef si appellano, intanto, sia Lega che FI. Insiste con la rottamazione il Carroccio, puntano alla riduzione delle tasse per il ceto medio gli azzurri e tra gli alleati non mancano le scintille. «Per Forza Italia il taglio dell’Irpef dal 35% al 33% per chi ha un reddito fino a 60mila euro rappresenta la priorità – ribadisce Antonio Tajani – Per quanto riguarda la rottamazione non siamo assolutamente contrari. Se ci sono le risorse ben venga. Ma prima il taglio dell’Irpef perché si tratta di un provvedimento strutturale». «Il ceto medio si aiuta con la rottamazione delle cartelle: libererebbe dall’angoscia dell’Agenzia delle Entrate oltre 23 milioni di italiani. Altre misure ipotizzate nelle ultime ore, invece, nel concreto garantirebbero una mancetta da poco più di 36 euro al mese per 1,7 milioni di cittadini – attacca il Carroccio – Conti alla mano, la Lega è pronta a discutere con gli alleati con la convinzione di proporre la soluzione migliore e più concreta». Forza Italia, però, non ci sta, respinge le accuse e chiama in causa Giorgetti: «Il Mef certamente farà chiarezza, una quadra si troverà», è la linea. In Parlamento, poi, restano alcuni nodi da sciogliere. Le opposizioni insistono perché si convochi la seduta straordinaria della commissione di Vigilanza Rai, bloccata da mesi per il mancato accordo sulla presidenza del servizio pubblico a Simona Agnes. Che l’intesa con la maggioranza sia ancora lontana lo conferma direttamente la segretaria Pd Elly Schlein: «Sulla Rai noi non siamo della partita, non abbiamo partecipato alla formazione del Cda, non aveva senso farlo visto che siamo già in ritardo per fare una riforma che recepisca il Media Freedom Act. L’unica cosa che aspettiamo sulla Rai è che si calendarizzi, si discuta e si approvi una riforma di questo tipo. Su questo daremo il nostro contributo», assicura. Mercoledì verrà votata, poi, la mozione di sfiducia presentata dal M5S nei confronti di Daniela Santanché. La maggioranza è pronta a blindare la ministra del Turismo, in attesa di un suo possibile confronto con Meloni. La prossima settimana, invece, sarà il ministro della Giustizia Carlo Nordio a finire sotto il fuoco incrociato delle opposizioni per il caso Almasri.



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