Dopo la riforma della giustizia aumentano i crediti deteriorati

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La riforma della giustizia del 2012 doveva ridurre i tempi dei procedimenti, ma ha prodotto conseguenze inaspettate sul sistema bancario, con un aumento dei crediti deteriorati. L’efficienza del sistema giudiziario è cruciale per la stabilità economica.

Una riforma che ha cambiato la geografia giudiziaria

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La riforma della geografia giudiziaria del 2012 in Italia ha rappresentato un tentativo ambizioso di affrontare una delle principali debolezze strutturali del sistema legale italiano: la lentezza nei procedimenti giudiziari. Tuttavia, secondo uno studio recente, ha avuto conseguenze inattese e in larga misura negative per il sistema bancario italiano, in particolare per quanto riguarda la capacità delle banche di ridurre l’esposizione ai crediti deteriorati (non-performing loans, Npl).

Lo studio

Nel 2012, infatti, il governo ha introdotto una riforma giudiziaria che ha ridotto il numero di tribunali da 165 a 140. L’obiettivo era migliorare l’efficienza della giustizia attraverso la chiusura di tribunali con un carico di lavoro troppo ridotto per garantire la specializzazione e la rapidità nei processi.

Il nostro studio ne analizza l’impatto su due fronti principali: l’efficienza dei tribunali e l’esposizione delle banche ai crediti deteriorati, utilizzando un approccio difference-in-differences. I dati, che coprono il periodo dal 2010 al 2017, includono sia informazioni sui procedimenti giudiziari annuali che dati di bilancio delle banche. Per calcolare l’efficienza giudiziaria, la ricerca si avvale del database DG Stat del ministero della Giustizia, che riporta il numero di procedimenti nuovi, conclusi e in sospeso per ogni tribunale. L’indice di efficienza giudiziaria utilizzato misura i giorni medi necessari per la chiusura di un procedimento.

La strategia di identificazione si basa su un approccio quasi sperimentale: i tribunali che hanno incorporato una sede soppressa sono considerati “trattati”, mentre quelli non coinvolti nella riorganizzazione fungono da gruppo di controllo. I risultati in termini di efficienza giudiziaria mostrano un effetto opposto a quello previsto dal legislatore (figura 1). In media, il tempo necessario per chiudere un caso legale è aumentato di 39 giorni (circa il 9 per cento in più) nelle aree interessate dalla fusione dei tribunali. Il ritardo è stato attribuito a fattori come la carenza di personale amministrativo e infrastrutture inadeguate nei tribunali che hanno assorbito nuovi carichi di lavoro.

L’impatto sul sistema bancario è altrettanto preoccupante. Le banche situate nelle giurisdizioni dei tribunali coinvolti hanno registrato un aumento significativo dei crediti deteriorati (Npl) rispetto agli istituti localizzati in aree non interessate dalla riforma. Lo studio stima che il rapporto tra Npl e prestiti sia cresciuto di 3,5 punti percentuali, con un incremento medio del 20 per cento. L’effetto è stato particolarmente marcato nelle aree servite da tribunali che, prima della riforma, erano relativamente più efficienti.

Figura 1 – L’efficienza dei tribunali in Italia, prima e dopo la riforma

Nota: Le mappe riportano i decili della distribuzione dell’indice di efficienza giudiziaria per distretto di corte d’appello. Toni più scuri indicano una durata più lunga e dunque una minore efficienza.

I crediti deteriorati e il ruolo della giustizia

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Il problema dei crediti deteriorati rappresenta una sfida cruciale per il sistema bancario italiano, soprattutto dopo la crisi finanziaria del 2008. Le banche con elevati livelli di Npl sono più vulnerabili a reazioni negative da parte del mercato, trovano maggiori difficoltà nell’ottenere liquidità interbancaria o accedere ai mercati dei capitali e devono accantonare risorse aggiuntive per coprire le perdite potenziali. Ciò riduce la loro capacità di erogare nuovi prestiti, con effetti negativi sulla crescita economica complessiva.

L’efficienza del sistema giudiziario gioca un ruolo chiave nella capacità delle banche di recuperare i crediti in sofferenza. Se il sistema giudiziario è lento, i procedimenti per il recupero crediti si prolungano, costringendo le banche a mantenere i crediti deteriorati nei loro bilanci per periodi più lunghi, con conseguente aumento delle riserve di capitale. In più, la lentezza dei tribunali incentiva il fenomeno del “default strategico”, in cui i debitori ritardano intenzionalmente i pagamenti contando sui tempi lunghi della giustizia.

Un futuro incerto

I risultati dello studio mettono in evidenza come la riforma giudiziaria del 2012 abbia creato diseconomie di scala, danneggiando particolarmente quei tribunali che erano già più efficienti. Sebbene puntasse a migliorare l’efficienza, ha finito per aggravare i problemi esistenti. Inoltre, nonostante l’Italia sia caratterizzata da notevoli disuguaglianze economiche e sociali tra le regioni, lo studio non ha rilevato una significativa eterogeneità geografica dell’impatto della riforma né per l’indice di efficienza né per il rapporto Npl.
Più in generale, l’analisi sottolinea l’importanza del sistema giudiziario nel determinare l’esposizione al rischio di credito delle banche, un tema particolarmente rilevante nell’attuale contesto economico globale, ancora influenzato dai lasciti della pandemia. In risposta alla crisi legata al Covid-19, l’Unione europea ha approvato il piano Next Generation EU (il Pnrr in Italia), che mira a promuovere lo sviluppo economico e finanziario, con la giustizia al centro delle riforme strutturali in molti stati membri.

Contestualmente, in quel periodo i singoli paesi hanno introdotto misure economiche a sostegno delle imprese, spesso sotto forma di prestiti e garanzie. Queste misure, pur avendo evitato fallimenti aziendali, hanno aumentato l’indebitamento delle imprese, il che potrebbe rappresentare una minaccia per la stabilità delle banche se la ripresa economica dovesse tardare.

In questo contesto, lo studio dimostra che l’efficienza del sistema giudiziario è cruciale per determinare la stabilità economica. Ciò suggerisce che qualsiasi riforma giudiziaria deve essere accompagnata da risorse adeguate e preceduta da un’analisi accurata delle condizioni locali, per evitare effetti distorsivi sia sull’efficienza del sistema legale che sulla stabilità finanziaria del paese.

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E’ ricercatrice di CSIL Milano da settembre 2023. Dal 2017 al 2023 ha lavorato come Research Economist presso il Joint Research Centre della Commissione, mentre in precedenza è stata Research Fellow in IRVAPP (Trento). È un’economista applicata esperta in analisi quantitative ed econometriche, specializzata nella valutazione delle politiche attraverso metodi controfattuali. Il suo principale ambito di ricerca è l’economia industriale. Ha conseguito un dottorato in Economia e Management presso l’Università di Trento.

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E’ ricercatrice (RTD-B) in Economia Applicata presso l’Università della Calabria. Dal 2017 al 2022 ha lavorato come Research Economist per il Competence Centre on Microeconomic Evaluation (CC-ME) del Joint Research Centre (JRC) della Commissione Europea. Precedentemente, è stata ricercatrice post-doc presso l’Università della Calabria e l’Università di Genova, e visiting researcher presso l’Università di Groningen, Paesi Bassi. Ha conseguito un Dottorato di Ricerca in Economia Applicata. Si occupa di microeconometria applicata e valutazione delle politiche pubbliche, con un focus su economia regionale, disuguaglianze multidimensionali, imprese ed economia industriale.



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