La tramvia di Firenze, e la dura vita del trasporto pubblico nei centri storici italiani

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Ce l’ha fatta. Il 25 gennaio scorso la tramvia è entrata nel centro storico di Firenze, oltrepassando quelle mura da alcuni ritenute, non solo fisicamente, invalicabili. Tra le sei nuove fermate del prolungamento della linea T2 – il cui nome è Vacs, Variante alternativa al centro storico –, Piazza San Marco è quella che più si avvicina al Duomo e per questo la più contestata. 

La sfida, nel capoluogo toscano ma non solo, è far convivere il centro storico, patrimonio Unesco dal 1982, con un mezzo di trasporto come la tramvia che certo non passa inosservato e che porta con sé il carico impattante di pali e fili. Convivenza del resto riuscita in tante altre città, anche straniere, ma senza le peculiarità artistiche e architettoniche di Firenze (una tesi spesso sostenuta dai contrari alla tramvia). A Brema, ad esempio, il tram di tipo moderno taglia l’isola pedonale del Markt sul lato del rinascimentale edificio del Municipio (patrimonio Unesco) e, più avanti, lambendo la cattedrale romanica di St. Petri.

Forse per assurdo, il progetto originario fiorentino, più ambizioso, che prevedeva di arrivare fin nella zona pedonale del Duomo, ma con una tramvia diversa e cioè con batteria a bordo, avrebbe avuto meno impatto estetico, senza pali di elettrificazione. Ma questo progetto, che pure aveva ricevuto un parere positivo da parte della Soprintendenza, per ragioni sostanzialmente politiche è stato accantonato. A quest’ultimo è stato invece preferito quello inaugurato a fine gennaio che, attraverso le due incursioni su rotaia unica in via Cavour, via La Marmora e via La Pira, entra nel centro storico per poi uscirne dopo aver fatto il giro di piazza San Marco.

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Sebbene una parte significativa dell’utenza dei mezzi pubblici che attraversa o lambisce il centro del capoluogo toscano sia rappresentata da turisti – altrimenti non si spiegherebbe il dato, riportato dalla Gest (la società di gestione delle due linee tranviarie), di centocinquantamila persone che usano ogni giorno la tramvia, in una città di meno quattrocentomila abitanti –, l’obiettivo era ed è convincere parte dei residenti che per spostarsi preferiscono il mezzo privato di rivedere le loro abitudini, promettendo un miglioramento della qualità del trasporto pubblico. Infatti, con il sessantotto per cento dei residenti che si sposta ogni giorno con auto e moto, Firenze è tra le città italiane più dipendenti dai mezzi di trasporto privati.

Secondo il report di Legambiente Mal’Aria 2025, le città toscane non figurano tra quelle più inquinate d’Italia, ma ciò non le esime, per i valori di PM10 (polveri sottili) e NO2 (biossido di azoto) registrati, dal dover intervenire per rispettare le nuove soglie europee in vigore dal 2030. Infatti, in Toscana, Firenze è la città con le concentrazioni più alte di NO2 – ventisette microgrammi per metro cubo d’aria –, mentre per il PM10 si pone al secondo posto dopo Lucca, con ventiquattro microgrammi per metrocubo d’aria. 

Non va meglio se dai dati si passa all’esperienza diretta. Basta trovarsi all’ora di punta (e non solo) sui viali di circonvallazione del centro e in prossimità dei cavalcavia e sottopassi che uniscono le due parti della città (divise dalla direttrice ferroviaria Nord-Sud Italia) per rendersene conto. L’inquinamento, del resto, non risparmia la tramvia, i cui cantieri hanno avuto un impatto non irrilevante sulla città. 

La tramvia occuperà con il suo passaggio parte dei viali di circonvallazione finora destinati alla circolazione veicolare. Inoltre, i lavori non termineranno entro la fine del 2026, quindi oltre i limiti previsti dal Piano nazionale di ripresa e resilienza (Pnrr). Al di là delle critiche e delle polemiche, però, il prolungamento della rete tranviaria di Firenze è sicuramente positivo in termini di velocità di spostamento nelle aree urbane. 

La tramvia è più sostenibile del mezzo privato, consuma meno combustibile fossile per passeggero, emette meno gas serra, riduce l’inquinamento acustico e – a Firenze – permette di raggiungere, da un qualsiasi punto della città e con il semplice biglietto urbano da 1,70 euro, l’aeroporto cittadino di Peretola.

Poi c’è la questione dei pali lungo la linea, per la cui presenza la tramvia fiorentina sembrerebbe essere nata già obsoleta, ma per i quali il Comune di Firenze ha chiesto al governo fondi per sostituire i tram attualmente in circolazione con mezzi più moderni muniti di batterie, eliminando così pali e fili in alcuni tratti ritenuti esteticamente di pregio. Tram più moderni sono programmati anche sulla nuova linea T3, il cui tracciato è previsto in parte senza pali né fili, come sui lungarni.

L’inaugurazione dei nuovi tratti di tramvia è una buona notizia anche su scala nazionale, come rilevato ancora dal report “Pendolaria-Speciale aree urbane” di Legambiente, in un Paese come l’Italia che sconta un ritardo strutturale sulla mobilità su ferro, e in cui, per la prima volta dal 2017, la legge di bilancio 2024 non ha previsto fondi né per il trasporto rapido di massa (il cui fondo è stato definanziato), né per la ciclabilità e la mobilità dolce. 

Su scala europea, la lunghezza complessiva delle reti metropolitane delle sette città italiane che ne sono dotate è inferiore a quella della sola Madrid, che misura duecentonovantatré chilometri. Anche la rete tranviaria italiana, con i suoi trecentonovantasette chilometri, è ben lontana dagli ottocentosettantotto chilometri di altre realtà europee. Le nuove linee tranviarie di Firenze, una volta completate, aggiungeranno ventisette chilometri e trecento metri a quelli già esistenti, con un investimento di circa un miliardo di euro.

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