Piacenza, l’economia dei pacchi e i 14.000 posti di lavoro. La città ora chiede un risarcimento

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di
Claudio Del Frate

Il boom della logistica e lo sbarco dei colossi planetari che ha cambiato economia e paesaggio: il record di consumo di suolo e le lotte sindacali«stile anni’70».

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Una volta qui era tutta campagna. Stavolta non è un modo di dire. Perché tutt’intorno a Piacenza, dove fino a pochi anni fa il paesaggio era un susseguirsi di campi arati ora fioriscono capannoni a cemento. Un boom che ha cambiato i connotati a questo angolo di Pianura Padana facendola diventare una delle capitali della logistica. È l’«economia dei pacchi»: una città «che non dorme mai» fatto di un via vai giorno e notte di camion, furgoni, merci, persone che hanno trasformato Piacenza in una sorta di magazzino globale delle merci grazie alla presenza di alcuni dei maggiori player mondiali a partire da Amazon e Ikea che hanno collocato qui i loro centri di smistamento.  Ma a che prezzo? 

L’intera zona è stata come centrata da un meteorite che ha ribaltato non solo il paesaggio e l’economia ma anche i rapporti tra le persone, le risposte attese dalla politica. Se la globalizzazione è stato un terremoto, uno degli epicentri va individuato qui in riva al Po. Meglio inquadrare la questione con qualche numero: oggi il settore della logistica in provincia di Piacenza dà lavoro direttamente a 14.000 persone, dai laureati ai facchini.  Che con l’indotto possono allargarsi a 40.000. Con un effetto collaterale forse unico in Italia: grazie ai nuovi residenti a Piacenza è l’età media dei residenti si è (leggermente) abbassata. I salari, in compenso, sono mediamente inferiori a quelli pagati nel resto dell’Emilia Romagna (fonte Cisl). Secondo la Business school  dell’università Liuc di Castellanza i magazzini si estendo su un’area di 16 milioni di metri quadrati. L’equivalente di 2.240 campi da calcio. Un’analisi dell’Ispra, infine, ha messo in luce che nel 2023 il consumo di suolo a Piacenza è stato di 699 metri quadrati per abitante, contro una media nazionale di 365. Quasi il doppio.      




















































Luci ed ombre, in sintesi. Economia che tira ma anche precariato. Scioperi e picchetti «duri», stile anni ’70 davanti ai magazzini, denunce alla polizia e addirittura un’inchiesta che ha portato all’arresto di alcuni sindacalisti. Lo scorso ottobre le principali organizzazioni imprenditoriali e sindacali hanno firmato in prefettura un protocollo di legalità che introduce controlli più severi sulle cooperative di lavoro che forniscono la manodopera che «muove» l’economia dei pacchi: anche gli appalti inferiori ai 50.000 euro, quelli dove si annida la giungla degli abusi, devono essere comunicati agli organismi ispettivi. Il Comune di Piacenza, invece, ha avviato un’indagine per sondare i bisogni dei nuovi lavoratori.      

Roberto Montanari, segretario piacentino del sindacato Usb, è tra quelli in prima linea nelle vertenze a tutela dei lavoratori della logistica. sempre in prima linea. È tra i sindacalisti finiti agli arresto domiciliari due anni fa con l’accusa di aver fomentato scontri e conflitti con le aziende per aumentare il «peso» della sua organizzazione. Ora è libero, il processo non è iniziato. «Ma il tribunale del riesame di Bologna – racconta – ha già riconosciuto che le nostre erano lotte normalmente conflittuali. Siamo tutti orgogliosi di quanto fatto per far emergere malaffare. Siamo dei rompicoglioni? Si ma abbiamo salvato vite umane. Letteralmente».    

Guai giudiziari a parte, il sindacalista tratteggia come sta cambiando il lavoro sotto i capannoni piacentini: «Si sta passando da una organizzazione “just in time” a una “just in case”. Cosa significa? Anziché essere determinato dalla domanda del consumatore, il lavoro prevede di aver  sempre merce stoccata nei magazzini, pronta per i picchi di domanda. Le ricadute? Più velocità ma anche costi maggiori. Ma poiché il costo aziendale non deve superare i 24-26 euro l’ora cosa accade? Che viene chiesta maggiore produttività, ergo maggiore sfruttamento dei lavoratori». 

Nel gergo dei dipendenti della logistica è nato un neologismo, i «natalini»: definisce i lavoratori assunti con contratti brevi per fare fronte ai picchi di consegne, ad esempio in vista del Natale o dei «black friday». Il contratto della logistica fino a poco tempo fa imponeva ai colossi un tetto del 35% di contratti atipici. «Ma con il nuovo contratto – denuncia Montanari – questa quota potrà salire al 41. Quindi il lavoratore si sentirà sempre più sotto ricatto, accetterà di alzare i ritmi, ad esempio di movimentare 200 colli all’ora anziché 150 in cambio di 100 euro».

La conflittualità resta alta e l’antologia dei casi approdati nei tribunali è la più fantasiosa: dal driver che si vede detrarre dalla busta paga la rate del leasing del furgone (intestato però alla società) fino al classico della cooperative che chiudono,  licenziano e riassumono gli stessi lavoratori dopo un «maquillage» e un cambio di nome. Magari solo per risparmiare sugli scatti di anzianità.   

L’indagine avviata dal municipio di Piacenza sui bisogni dei lavoratori della logistica non si è ancora conclusa ma qualche tendenza l’ha messa in luce. «Una su tutte – chiarisce Nicoletta Corvi, assessora sai servizi sociali del Comune – ed è l’emergenza casa. Il 60% delle persone interpellate vive in affitto, il 3% addirittura in auto. Chi ha contratti a termine fatica ancora di più perché gli affitti brevi sono rari; talvolta si ricorre alla convivenza tra più colleghi. La risposta? Non può arrivare in toto dal Comune, chiediamo corresponsabilità alle aziende».  

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L’economia dei pacchi non cambia solo la vita delle persone, come detto, ma anche il paesaggio. Passati gli anni del boom la protezione del territorio è diventata una priorità. «Non facciamo i conti solo con la cementificazione – chiarisce Adriana Fantini, assessora all’urbanistica sempre del Comune di Piacenza – ma anche con la necessità di infrastrutture e servizi. Il piano territoriale, che non riguarderà solo Piacenza ma anche i comuni limitrofi è in fase di elaborazione. Il nostro orizzonte è fermare il consumo di suolo e introdurre regole». Il criterio a cui si punta è che le costruzione, nei prossimi 10 anni potranno espandersi rispetto alle superfici attuali solo del 3%. E di questa quota, non più della metà potrà essere riservata alla logistica. La città, insomma, prova a tirare il freno.  «Puntiamo al riutilizzo di aree già edificate – conclude l’assessora Fantini – e siamo pronti ad accogliere nuove richieste. Ma la città in qualche modo dovrà essere anche risarcita». 

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18 febbraio 2025 ( modifica il 18 febbraio 2025 | 07:56)

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