Russia, la storia come religione. L’ossessione di Mosca per la «vittoria sacra» contro il Terzo Reich

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di
Marco Imarisio

Il nuovo mito delle origini celebrato ogni 9 maggio

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Al viaggiatore straniero e giornalista che una volta giunto alla stazione di Smolensk è preso in consegna da alcuni esponenti delle autorità locali, viene subito proposta una passeggiata sul Viale degli Eroi. Poco distante dall’aquila zarista che celebra la vittoria contro Napoleone del 1812, una fiamma eterna arde davanti alla tomba del sergente Mikhail Yegorov, uno dei due soldati immortalati nella storica foto della bandiera rossa issata sul Reichstag.

In un Paese dove si parlano quasi trecento lingue, dove esistono più di settanta confessioni religiose, dove nella capitale si professa la fede ortodossa mentre a nord gli sciamani benedicono gli oleodotti, l’unico cemento possibile, da Stalin a Putin, è la storia, continuamente riscritta, sacralizzata e mitizzata. «Per quale ragione dice queste cose», il riferimento è alle parole di Sergio Mattarella «proprio nell’ottantesimo anniversario della nostra vittoria?». Nel nuovo sfogo di Maria Zakharova, questa volta al microfono del celebre conduttore televisivo del canale Rossiya-1 Vladimir Solovyov, c’è una spiegazione semplificata per il popolo russo dei suoi attacchi contro il nostro presidente della Repubblica. «Quella vittoria è fatta delle vite perdute da milioni di cittadini sovietici che non solo liberavano la propria patria e il nostro Paese, ma liberavano anche loro, gli europei, dal nazismo».




















































È come se esistesse una invisibile linea rossa, oltre la quale non valgono le ragioni della diplomazia ma conta solo il sentimento della gente comune, che su questi argomenti di natura patriottica è spesso in sintonia con i vertici del potere. Il riferimento del Quirinale al Terzo Reich è diventato in Russia una parte per il tutto, una offesa che non poteva restare senza risposta. Anche perché sulla Grande guerra patriottica si fonda un nuovo mito delle origini, celebrato ogni 9 maggio con la festa della Vittoria, sostenuto dall’autorità statale con leggi, film e musei celebrativi, che ha finito per conquistare e impregnare di sé l’intera società.

Con il passato non si scherza, e il potere russo esercita un controllo fortissimo sulla memoria pubblica. Nel 2020, quando venne riformata la Costituzione permettendo a Vladimir Putin di moltiplicare i propri mandati presidenziali, venne approvato anche un passaggio nel quale si afferma che «La Federazione russa protegge la verità storica e non consente di minimizzare il carattere sacro (…) della vittoria dell’Urss». 

A fare da sfondo, c’è il perenne timore di vedere ridotti i propri meriti e i propri innegabili sacrifici. «Solo durante l’assedio di Leningrado, ci furono più vittime russe di quante ne abbiano avute Usa e Gran Bretagna durante l’intera guerra». Nei nuovi manuali di storia in uso alle scuole di ogni ordine e grado, scritti da Vladimir Medinsky, assistente di Putin, già capo negoziatore russo all’inizio dell’Operazione militare speciale ed ex ministro della Cultura, allo sbarco in Normandia degli Alleati è dedicato uno spazio modesto. Sempre maggiore di quello riservato al patto Molotov-Ribbentrop. A quella foto del sergente di Smolensk e del sergente georgiano si torna. A chi arrivò per primo a Berlino, sconfiggendo così il Terzo Reich, quella Germania nazista che nel tempo è diventata l’unità di misura di ogni nemico esterno, una ossessione tenuta ancora viva e tramandata di padre in figlio, da televisione a computer.

La stessa Zakharova, e più volte Putin, hanno sottolineato la dimensione comune della vittoria ottenuta nel 1945. Ma quel timore di essere sottostimati rimane. Da qui, una versione ufficiale che esalta i trionfi, sminuendo tragedie ed errori. Con una storia nazionale depurata da ogni contraddizione interna, in modo che non si presti ad alcuna doppia interpretazione, il riferimento del presidente della Repubblica italiana al Terzo Reich non poteva passare inosservato. Anche perché in questi anni la tesi della Russia difensore dell’Europa, contro l’Orda d’oro e contro i conquistatori interni come Napoleone e Hitler, le forze del caos e della devianza, è servita a veicolare anche l’idea di una Russia che difende i veri valori europei ai quali l’Occidente corrotto ha rinunciato.

Sono semi gettati su un terreno fertile e preparato con cura. «Oggi vediamo come si tenti di deformare la verità sulla Seconda guerra mondiale… Il revanscismo, la storia beffeggiata, la volontà di giustificare gli odierni seguaci dei nazisti, sono parte della comune politica delle élite occidentali per fomentare sempre nuovi conflitti regionali». Così parlò Vladimir Putin, il 9 maggio dell’anno scorso, a proposito dell’Operazione militare speciale, prima della annuale parata militare per «la festa principale, l’unica veramente popolare, la più santa». Molti osservatori pensano a ragion veduta che proprio quello potrebbe essere il giorno in cui l’eventuale fine delle ostilità contro i feroci «nazisti ucraini» verrà annunciata, e senza alcun dubbio celebrata.

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17 febbraio 2025 ( modifica il 17 febbraio 2025 | 23:51)

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