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La totale disconoscenza della geomorfologia regionale induce le Classi Dirigenti calabresi a promuovere progetti privi di logica
Lunedì 17 febbraio 2025
Uno dei limiti fondamentali della terra di Calabria è l’inappropriata, oltreché inopportuna, modalità con cui le Classi Dirigenti si approcciano alle vicende che dovrebbero cambiare la percezione, e di conseguenza la narrazione, di una terra meravigliosa, ma spesso sacrificata sull’altare dagli interessi di scuderia.
Nei giorni scorsi ha tenuto banco uno scambio d’opinioni tra la Senatrice Minasi e i Primi Cittadini di Cosenza e Corigliano-Rossano. Oggetto del contendere: le dichiarazioni della Senatrice sulla scelta di tracciato della futura AV in Calabria.
Avrei sperato che nel battibecco si inserisse anche la Classe Dirigente del Crotonese. Purtroppo, a oggi, gli Amministratori pitagorici risultano ancora non pervenuti sulla vicenda, ma tant’è.
Quindi, tra una serie di posizioni di dubbia congruità e visioni estremamente provinciali, ancorché centraliste e viziate da una mai sopita “collegite”, cerchiamo di raccapezzarci e di capire in che direzione stiamo andando.
Lungi da me difese d’ufficio, arringhe o quant’altro. Oltretutto, non credo che le richiamate figure Istituzionali né abbiano bisogno. Tuttavia, consiglierei a chi prende posizioni su un’idea di tracciato di andare oltre la semplice immagine, riprodotta su un foglio di carta, della Calabria. Ergo, di rivedere le proprie conoscenze geografiche e di appurare appieno quelle che sono le caratteristiche orogenetiche del territorio in questione.
Tracciato vallivo: unico percorso che ossequia la geomorfologia regionale
Il fatto che questa Regione in origine fosse appellata Calabrie e non Calabria, non fu dovuto a un gioco dislessico rappresentato dall’utilizzo delle due vocali sul finale della parola, ma al fatto che l’area Nord (Citra) e l’area Sud (Ultra) differivano e differiscono notevolmente.
L’ambito settentrionale (Province di CS e KR) si caratterizza per la presenza di importanti contesti vallivi che si estendono lungo le direttrici dei fiumi Crati e Savuto. Le aree di fondovalle dei richiamati bacini fluviali, nel solcare una linea di distacco tra il massiccio silano e quello della Catena Costiera, allontanano notevolmente l’area tirrenica e quella jonica. Vieppiù, nel loro percorso a mo’ di esse allungata, creano una diagonale che dalla piana lametina conduce verso la piana di Sibari. La descritta condizione geomorfologica si attenua decisamente a partire dall’Istmo e fino allo Stretto. Dalla sua metà e fino all’estremità della Penisola calabrese, poi, la dimensione territoriale della Regione si affusola: spariscono i contesti vallivi e le due aree di costa si avvicinano notevolmente.
Nell’ottica descritta e guidati sostanzialmente dal buon senso, andrebbe da sé che il tracciato della futura linea AV, arrivati a Lamezia da RC, viaggi nelle valli del Savuto e del Crati. Tali contesti territoriali, infatti, rappresentano il percorso più congeniale, relativamente l’orogenesi del territorio, al passaggio di un corridoio ferroviario veloce. La tesi sostenuta si esplica perché, arrivati in area d’Istmo, sarebbe non conveniente proseguire lungo la direttrice jonica, per ovvi motivi di accrescimento della tratta. Lungo lo Jonio, ancora, l’espansione territoriale a oriente genera la formazione della più grande area interna d’Italia (ambito compreso tra le valli del Trionto e del Neto) che gravita tra le città di Crotone e Corigliano-Rossano. Tale contesto (400mila ab. circa), avrebbe come naturale e unico punto di raccordo alla futura AV la depressione a ovest della pianura sibarita (area di Tarsia).
Parimenti, sarebbe assurdo proseguire lungo la dorsale tirrenica per le caratteristiche quasi a falesia di buona parte del percorso tra Nocera T. e Praia. Se poi, a fianco le difficoltà orogenetiche del territorio, aggiungessimo i problemi legati all’ambiente eccessivamente antropizzato e all’erosione costiera del contesto tirrenico, solo uno sprovveduto potrebbe pensare di realizzare una nuova linea ferrata affiancata alla ferrovia storica. Infrastruttura, quest’ultima, che puntualmente, a ogni perturbazione atmosferica, diventa un pericolo pubblico.
Lagonegro—Tarsia—Lamezia: unico percorso funzionale alle esigenze joniche, tirreniche, istmiche e dello Stretto
Il fatto che l’ormai accantonata variante Praia-Tarsia rappresenti un ostacolo per la presenza di falde acquifere lungo la Catena Costiera, sarebbe un problema assolutamente sormontabile se si tenesse in debita considerazione lo storico percorso di ricongiungimento al Vallo di Diano (via delle Calabrie). Il citato contesto campano, infatti, è stato già designato come area che sarà solcata dal passaggio della nuova AV a sud di Salerno. Fermo restando, quindi, le connessioni a Praia, via Santomarco e a Lamezia tra la futura linea e la storica “Tirrena Inferiore”, nessuno ci impedirebbe di scollinare l’ostacolo Pollino dall’area di Lagonegro verso Tarsia e, successivamente, la linea di spartiacque tra il Crati e il Savuto, per raggiungere Lamezia.
Pertanto, riprendendo l’idea originaria e rispettando tutti gli ambiti della Regione, chi avrebbe maggiori benefici dal passaggio di una nuova linea AV lungo il vallo del Crati, sarebbe proprio l’area dello Stretto. Forse l’intero tragitto misurerebbe qualche km in più, ma avrebbe un’estensione più funzionale e rispondente alle esigenze di ogni contesto regionale. Per comprendere quanto sostenuto basterebbe dare uno sguardo fugace a una banale cartina della Calabria.
La Politica accantoni il vessillo di casacca e vesta i panni di chi vuole contribuire a declinare una nuova Calabria
Che il Ministero delle Infrastrutture non conosca il territorio calabrese potrebbe anche starci. Tuttavia, quando a disconoscerlo è l’Establishment della Regione, si genera una condizione tale che non invoglia certo a considerare quest’ambiente geografico come un contesto unico. Piuttosto, acuisce il sentimento di vivere in una terra di figli e di figliastri. Sarebbe opportuno, pertanto, che gli attori della Politica smettano di comportarsi da ragionieri commercialisti pagati per tutelare le esigenze dei loro clienti. Nel nostro caso, il cliente non è Reggio Calabria, Cosenza, l’Istmo, Crotone, la Sibaritide, il Tirreno o il Pollino. Presi singolarmente, e demograficamente parlando, tali contesti, considerata la loro esigua rappresentanza demografica, non valgono neppure un quartiere di Roma Capitale. Se proprio di cliente volessimo continuare a parlare, l’unico ad avere prelazione dovrebbe essere la Calabria. Solo la panoramica d’ambito unico, dal Pollino allo Stretto, porterebbe questa Regione a valere quanto un’area metropolitana europea. Solo una visione demograficamente unitaria e rispettosa di ogni angolo del territorio, anche di quello più sparuto, potrebbe spianare la strada a una considerazione coerente e funzionale della Regione. È tempo di smetterla con scelte discutibili e dissennate che amplificano il ruolo collaterale che questa Regione recita da tanto, troppo tempo. Perché sia chiaro: ancor prima di portare la AV a sei milioni di siciliani, bisognerebbe mettere poco più di un milione e mezzo di calabresi, e non porzioni di popolazione regionale, in grado di considerarsi cittadini europei.
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