«Un grande problema pugliese» titola in prima pagina «La Gazzetta di Puglia» del 19 febbraio 1925. Cento anni fa Michele Viterbo dedica una lunga riflessione al tema dell’industria del turismo, che in quegli anni inizia a muovere i primi passi nel nostro Paese, ma nel Mezzogiorno stenta parecchio a decollare. «L’industria dei forestieri in Italia ha dato in questi ultimi anni risultati eccellenti» comincia Viterbo, «secondo l’Ente Nazionale per le Industrie Turistiche il numero dei turisti stranieri in Italia è salito da 329.605 nel 1921 a 700.000 nel 1923». Cifre che fanno sorridere se paragonate ai quasi 68 milioni di stranieri arrivati nel 2023, ma assai significative a pochi anni dalla fine del Primo conflitto mondiale.
Viterbo non ha a disposizione i dati dell’anno appena concluso, il 1924, ma azzarda una stima in aumento, soprattutto per il 1925, anno Santo. Ecco, però, la nota stonata: «L’industria del forestieri nel Mezzogiorno continentale si ferma a Napoli e dintorni». Puglia, Basilicata, Calabria e Sardegna sono tagliate fuori da questo grande movimento, in parte sviluppato, invece, in determinate zone della Sicilia. A queste regioni, pertanto, nulla è arrivato dei circa dieci miliardi di lire di ricavi che, dal 1921 al 1924, sono entrati nel resto d’Italia «mediante l’industria dei forestieri». Questo dato, commenta Viterbo, è ben comprensibile per ciò che riguarda la Basilicata e la Calabria, poverissime di vie di comunicazione e ancora, nel febbraio 1925, largamente infestate dalla malaria. I «forestieri» mal volentieri si avventurerebbero in un viaggio che potrebbe rivelarsi disastroso.
«Ma sorge spontanea una domanda: E la Puglia?». Viterbo – che durante il fascismo ricoprirà rilevanti cariche politiche, fino a quella di Podestà di Bari dal 1935 al 1943 – già da qualche anno si occupa del tema in virtù della sua carica di Regio Ispettore onorario ai Monumenti in Puglia. «La Puglia non è povera di strade e di vie di comunicazione come la Calabria», precisa Viterbo, «è a sole otto (!) ore da Napoli: è ricchissima di monumenti, di capolavori d’arte, che hanno una singolarità tutta propria; non difetta di belle vedute panoramiche. Perché dunque la Puglia è tagliata fuori dal movimento dei forestieri?». Le ragioni sono molteplici, prima fra tutte il ritardo economico rispetto al Nord Italia e la mancanza di investimenti da parte dei Governi e delle Banche; pesa, però, anche l’assenza di una tradizione e di competenze pregresse in questo settore, che di certo non mancano a Napoli. «Noi non abbiamo un’idea precisa di ciò che significhi e importi l’industria dei forestieri. Non abbiamo saputo valorizzare a tutt’oggi neppure le acque salsoiodiche di Margherita di Savoia, che hanno qualità ben paragonabili a quelle di Salsomaggiore. E a tutt’oggi noi lasciamo tranquillamente giacere nelle profondità della roccia murgiosa di Alberobello una magnifica vena di marmo colorato, che altrove sarebbe stata utilizzata chissà da quanto tempo! Altro, dunque, che industria dei forestieri!».
Occorrerebbero alberghi «con tutto il comfort moderno», autobus, automobili e, naturalmente, strade per raggiungere le principali località da Bari. «Guai a Dio se per recarsi a visitare la cattedrale di Bitonto o quella di Ruvo o il Castello del Monte i forestieri dovessero viaggiare con la Bari-Barletta!». Già vede, Viterbo, profilarsi «il sogghigno dello scettico», di chi non conosce il «malinconico Tavoliere del Foggiano», o la «zona pietrosa che è tra Altamura e Gravina», oppure il Gargano, «lembo di Svizzera che si slancia nel terso azzurro dell’Adriatico», e ancora Lecce, Trani, Molfetta, Polignano, Andria col suo Castel del Monte, Fasano con la sua «mirabile Selva», Alberobello «dai trulli inimitabili», e Cisternino col pittoresco panorama. «V’erano fra noi quelli che non credevano all’Acquedotto Pugliese, non credevano all’Università a Bari, né al Gran Porto, né a tante altre cose. Così ora non crederanno alla possibilità di sviluppo dell’industria dei forestieri in Puglia» polemizza Viterbo. Bisogna invece far conoscere questo patrimonio, anche agli Italiani: «Non sono soltanto gli stranieri a muoversi: ormai in Italia il più modesto negoziante viaggia, nei mesi estivi, cercando un’oasi di pace! E quelle che ci sono non bastano più, son divenute insufficienti. Occorre crearne di altre». Insomma, conclude Viterbo, «occorre che la nostra Puglia si svegli!». Nel 2023, è notizia di pochi giorni fa, la Puglia ha registrato la cifra di 5,9 milioni di arrivi: cento anni dopo l’articolo di Viterbo, la vera sfida è destagionalizzare un turismo non del tutto sostenibile, con certi numeri, per le nostre realtà territoriali.
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