La crisi austriaca e il dilemma delle democrazie liberali

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L’Austria continua a rimanere senza un governo a causa del fallimento degli incontri tra Fpö e Övp. Dopo una lunga trattativa, in cui il partito di estrema destra aveva chiesto di avere non solo la carica di cancelliere ma anche i due ministeri più importanti, vale a dire gli Interni e le Finanze, tutto è naufragato. Secondo i conservatori, quello degli Interni è un ministero con competenze troppo sensibili perché sia affidato al partito di estrema destra, anche per la circolazione di informative dei servizi segreti. Diversa la spiegazione del fallimento dell’accordo offerto da Hermann Kickl, leader della Fpö, imputato alle eccessive pretese della Övp sui vari dicasteri.

Di fronte alla nuova crisi, il presidente della Repubblica Alexander van Der Bellen ha tenuto un discorso di alto profilo in cui ha prospettato prima di tutto le possibili soluzioni alla crisi: elezioni anticipate, governo di minoranza, governo di tecnici o riapertura delle trattative fra i partiti per un diverso governo politico. Nel discorso il presidente ha poi richiamato l’attenzione sull’importanza del compromesso in politica come via per trovare soluzioni condivise ai problemi, operazione tanto più importante in un’epoca di radicalizzazione.

Ora che anche la coalizione con il partito di estrema destra è saltata, vi sono segnali di una possibile riapertura del confronto da parte dei vari attori politici

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L’enfasi sull’arte del compromesso è un messaggio assai importante che fotografa le ragioni del fallimento delle precedenti trattative tra i partiti di centro e di sinistra. Essa richiama inoltre l’attenzione su un problema di carattere più generale con cui si misurano le democrazie contemporanee sotto la pressione della polarizzazione affettiva, ossia di posizioni radicali su singoli temi in settori della popolazione e della politica, tanto radicali da non ammettere forme di compromesso. Le trattative tra conservatori, socialdemocratici e liberali del partito Neos e, poi, tra Övp e Spö sono state segnate dall’irrigidimento su singole posizioni considerate non negoziabili e per questo erano fallite. Ora che anche la coalizione con il partito di estrema destra è saltata, vi sono segnali di una possibile riapertura del confronto da parte dei vari attori politici.

Non si tratta di un’operazione semplice, ma per certi aspetti è un’operazione necessaria. Secondo gli ultimi sondaggi, precedenti però al fallimento delle trattative, il partito di estrema destra potrebbe registrare un incremento significativo in termini percentuali. Secondo due sondaggi di metà febbraio il partito di Kickl oscillerebbe tra il 33 e il 35%, con un incremento tra i 4 e i 6 punti rispetto alle ultime elezioni; un risultato ragguardevole, anche se ancora ben lontano dalla maggioranza assoluta. Inoltre solo la Fpö si trova nelle migliori condizioni per finanziare la campagna elettorale, mentre gli altri partiti dispongono ora di minori risorse. Eventuali elezioni anticipate con una vittoria ancora più netta dell’estrema destra potrebbero dunque rendere ancora più difficile la formazione di un nuovo esecutivo. Un governo composto da tecnici sembrerebbe trovare buona stampa in Austria, ma si scontrerebbe con lo stesso problema di un sostegno parlamentare incerto sulle questioni più delicate in termini di consenso. Peraltro, l’esperienza di Paesi come l’Italia mostra che, se inizialmente i governi tecnici incontrano consenso, la loro reiterazione non sempre porta a risultati positivi in termini elettorali per i partiti che li sostengono. Uno sforzo per raggiungere un compromesso sarebbe dunque auspicabile nella misura in cui si ravvisa un potenziale pericolo per la democrazia nell’ascesa della Fpö. Certo, giudicare il partito di estrema destra inadatto a occupare la poltrona degli Interni per possibili rischi per la sicurezza internazionale dell’Austria o enfatizzare l’importanza dello Stato di diritto come base dell’azione di governo – così si era espresso il leader del partito popolare – conferma che vi siano ragioni di preoccupazione maggiori che in passato rispetto a un ingresso della Fpö nel governo, anche se poi viene da chiedersi perché allora si sia proceduto in questa direzione. Naturalmente la realtà politica è spesso assai variegata. A livello regionale vi sono governi di coalizione tra Fpö e partito popolare che funzionano in base a compromessi soddisfacenti per entrambe le parti e senza mettere a rischio la stabilità democratica. Ciò sembrerebbe indicare che anche nella Fpö vi siano forze interne più compatibili con i conservatori di altre. Tuttavia la formazione di un governo nazionale guidato da un leader di estrema destra che si propone come Volkskanzler (cancelliere del popolo) sostenendo posizioni molto radicali è una cosa diversa. Sotto questo profilo la richiesta dei conservatori di occupare tutti i ministeri più importanti – tra cui quelli più sensibili in termini di rapporti internazionali, di sicurezza interna e di economia – sembrerebbe confermare la sfiducia verso la Fpö e l’intento di relegarla di fatto al ruolo di junior partner nonostante l’assunzione della guida del governo.

A livello regionale vi sono governi di coalizione tra Fpö e popolari che funzionano in base a compromessi soddisfacenti per entrambe le parti, senza che ciò metta a rischio la stabilità democratica

Il problema però che dovrebbe essere chiarito in generale rispetto all’estrema destra non è tanto o solo la presenza di valori che possono apparire ad alcuni inaccettabili, come l’atteggiamento verso i migranti o verso la comunità Lgbtq+, quanto l’orientamento rispetto allo Stato di diritto e alla separazione dei poteri. Benché i primi temi siano comunque parte integrante di una cultura democratica, essi possono essere modulati in forme diverse, a condizione ovviamente che tale modulazione non entri in conflitto con i valori costituzionali. Diverso è invece il discorso se si parla di Stato di diritto e separazione dei poteri, perché questi aspetti sono due dei pilastri su cui si reggono le liberaldemocrazie e che sostanziano l’applicazione dei valori fondativi presenti nelle Costituzioni. Naturalmente l’assetto su cui si fondano le liberaldemocrazie è un prodotto della storia e come tale può essere sostituito da assetti di altro tipo. Tuttavia la storia passata ci ha finora mostrato che, senza questi due pilastri, i regimi politici assumono forme di più o meno marcato autoritarismo. Similmente, nel corso del tempo, è emerso come l’autoritarismo possa riscuotere consensi almeno in una parte della popolazione. Se si ascoltano le voci dei militanti della Fpö – quando non rifiutano di parlare con i cosiddetti “media dominanti” – colpisce il loro senso di alterità al sistema e in particolare la loro idea di un’informazione manipolata dalle élite globaliste, per cui è legittimo nutrire qualche preoccupazione per le sorti della liberaldemocrazia, soprattutto se i partiti democratici non si impegneranno per riconquistare la fiducia verso il sistema di almeno una parte di questi gruppi di popolazione. Qui risiede il vero dilemma delle democrazie contemporanee rispetto al quale vedremo quale strada l’Austria deciderà di percorrere.



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