Nuovo acquisto “prima casa” impedito dall’unità preposseduta e locata – La lente sul fisco

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L’applicazione dell’agevolazione prima casa è impedita, tra il resto, dalla titolarità, nel medesimo Comune in cui si va ad acquistare la nuova abitazione, “dei diritti di proprietà, usufrutto, uso e abitazione di altra casa di abitazione” (lett. b) della Nota II-bis all’art. 1 della Tariffa, parte I, allegata al DPR 131/86).

Tuttavia, facendo perno sulla nozione di “casa di abitazione”, questa condizione agevolativa è stata oggetto di un’interpretazione giurisprudenziale (che trova origine in Cass. n. 100/2010 e, poi, viene confermata ad esempio, da Cass. n. 13118/2019 e Cass. n. 2565/2018) secondo la quale solo un immobile idoneo ad essere utilizzato come abitazione impedisca effettivamente l’accesso al beneficio e che l’idoneità deve essere valutata sia sotto il profilo oggettivo che soggettivo.

Tale interpretazione ha ricevuto riscontro dalla Corte Costituzionale che, nell’ordinanza n. 203/2011, pur ritenendo inammissibile la questione di legittimità sollevata, afferma che l’espressione “casa di abitazione”, di cui alla lett. b) della Nota II-bis, vada interpretata nel senso (costituzionalmente orientato) che “la possidenza di una casa di abitazione costituisce ostacolo alla fruizione delle agevolazioni fiscali per il successivo acquisto di un’altra casa ubicata nello stesso Comune soltanto se la prima delle due case sia già idonea a soddisfare le esigenze abitative dell’interessato”.
Su questa base, la Cassazione (Cass. n. 19989/2018) aveva affermato che l’indisponibilità giuridica dell’immobile preposseduto nel Comune non è di ostacolo al nuovo acquisto agevolato e, quindi, ha ammesso al beneficio l’acquirente che fosse già titolare di un immobile abitativo locato a terzi.

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Su un caso non dissimile si è pronunciata la Suprema Corte, con l’ordinanza 17 febbraio 2025 n. 4102, che ha, però, sconfessato l’indirizzo precedente.
Nel caso di specie, due contribuenti avevano applicato l’agevolazione prima casa sull’acquisto di un’abitazione, pur essendo già titolari di altri immobili nel medesimo Comune, locati a terzi. L’Agenzia delle Entrate riteneva che il beneficio non spettasse, non risultando soddisfatta la condizione di impossidenza richiesta dalla lettera b) della Nota II-bis. In giudizio, però, i giudici tributari davano torto all’Agenzia confermando l’orientamento secondo cui l’agevolazione prima casa non è preclusa dalla titolarità, nel medesimo Comune, di un immobile inidoneo all’uso abitativo.

La questione giunge di fronte ai giudici di legittimità che ritengono di confermare l’orientamento secondo cui il beneficio prima casa può applicarsi anche all’acquirente che sia titolare di un altro immobile “non concretamente idoneo, per dimensioni e caratteristiche complessive, a sopperire ai bisogni abitativi del contribuente e della sua famiglia”, precisando, poi, che “inidoneità” può derivare sia da circostanze di natura oggettiva, come l’effettiva inabitabilità, sia di natura soggettiva, come nel caso dell’immobile che, per dimensioni o caratteristiche sia non adeguato a far fronte alle esigenze di quel nucleo familiare.

In questo contesto la Cassazione, però, dichiara apertamente di non condividere l’orientamento (Cass. n. 19989/2018) che in passato ha rinvenuto l’inidoneità abitativa per l’immobile preposseduto locato a terzi.
Secondo la Suprema Corte, invece, non integra “inidoneità oggettiva” (ai fini che qui interessano) “una indisponibilità giuridica di carattere meramente temporaneo dipendente dalla volontà e discrezionale scelta del soggetto, come quella derivante dalla locazione a terzi dell’immobile pre-posseduto nel medesimo Comune”.

In pratica, secondo i giudici di legittimità, non può sussistere l’inidoneità oggettiva (che ammette alla fruizione del beneficio) quando l’indisponibilità dell’immobile pre-posseduto deriva dalla concreta destinazione d’uso impartita dal proprietario stipulando il contratto di locazione. Per questo motivo, ad esempio, non può applicare l’agevolazione, invocando l’inidoneità, il soggetto che sia proprietario di un’abitazione da lui locata, oppure di un’abitazione utilizzata come studio professionale (Cass. n. 18098/2018).

Viene allora il principio di diritto secondo cui “la circostanza che l’immobile pre-posseduto sia gravato dal diritto di godimento di terzi, per effetto di contratto di locazione o altra forma negoziale di disponibilità, non integra una inidoneità oggettiva dell’unità immobiliare atta a giustificare l’applicazione dell’agevolazione in questione anche al successivo acquisto immobiliare; sicché se a quest’ultima data l’immobile pre-posseduto risulta giuridicamente indisponibile, esso non può ritenersi per questa ragione inidoneo ai fini del beneficio, dipendendo la sua indisponibilità dalla destinazione d’uso ad esso volontariamente e discrezionalmente impartita dal proprietario”.

Tuttavia, sebbene il principio appaia favorevole all’Agenzia, il ricorso viene respinto in quanto le censure si risolvono in una richiesta di riesame nel merito, posto che i giudici hanno affermato che gli immobili preposseduti fossero, nel caso di specie, “per dimensioni e caratteristiche oggettive” inidonei a soddisfare le esigenze abitative dei contribuenti.





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