Rinnovabili sì ma non così: Controvento Calabria e la difesa delle risorse naturali | Calabria che cambia

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Controvento Calabria è un movimento nato circa due anni fa sulla costa jonica calabrese su impulso dell’associazione Terra e Libertà. In Calabria il 2024 è stato un anno movimentato sul fronte delle energie rinnovabili e della realizzazione di nuovi impianti. La mappa Econnextion realizzata da Terna registra, al 30 novembre 2024, 197 pratiche in itinere nella sola Calabria per la realizzazione di impianti di produzione di energia da fonti rinnovabili: 67 impianti da energia solare (2,58 gigawatt), 8 per eolico off-shore (4,37 gw) e 122 per eolico on-shore (6,60 gw). Gli interventi sono dislocati nell’intera regione: 67 pratiche nella provincia di Catanzaro, 59 in quella di Crotone, 49 nel Cosentino, 12 nel Reggino e 10 nel Vibonese.

Il 2025 si prospetta come un anno altrettanto movimentato. Davanti al proliferare di investimenti privati e allo sfruttamento delle risorse naturali, si delinea sempre più chiaramente lo scontro: da una parte molte istituzioni che si schierano a sostegno, dall’altra le manifestazioni di insofferenza nei territori. In mezzo, la selva della burocrazia con iter autorizzativi, ricorsi e controricorsi: «È necessario un processo di consapevolezza e protesta contro la colonizzazione e lo sfruttamento della Calabria a solo vantaggio di società private e multinazionali», assicurano dal Coordinamento.

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«Con le nostre iniziative e azioni concrete – proseguono – manifestiamo pacificamente il dissenso contro le politiche energivore che in modo sconsiderato si stanno abbattendo sulla nostra terra tagliando migliaia di alberi e devastando paesaggi e superfici verdi con la conseguente perdita di biodiversità, falde acquifere superficiali ed ecosistemi vitali. E a farne le spese nell’immediato, tra gli altri, anche piccole aziende agricole».

Di tutto questo abbiamo parlato con Oreste Montebello, fotografo e attivista di Controvento Calabria, che insieme ad altri attivisti storici della regione ha avuto la visione per mettere insieme il frammentato e ricco mondo delle associazione e realtà che ogni giorno provano a difendere il proprio territorio. «Circa due anni fa abbiamo contattato una serie di realtà già esistenti in Calabria e abbiamo indetto una riunione costitutiva per il coordinamento Controvento», ricorda Oreste. «Al primo incontro hanno partecipato 25 tra associazioni e comitati che in un modo o nell’altro si occupano della questione ambientale e del consumo del territorio, da Castrovillari fino a Reggio Calabria».

Manifestazione davanti al TAR
In Calabria l’emergenza si è storicizzata. Forse una difesa “emergenziale” e parcellizzata non basta più per difendere davvero il nostro territorio, ma occorre un’analisi comune e quindi gestire la complessità dei tanti nodi di una rete così variegata. 

Sì, noi partiamo dalla consapevolezza che questa è una lotta anticapitalista, anche se questo termine “fa raddrizzare il pelo a molte persone”. È difficile superare la diffidenza, però con il tempo stiamo riuscendo a rafforzare questa chiave di lettura. Anche chi è un pochino all’asciutto di dialettica politica riesce a capire che qui si tratta di una colonizzazione, l’ennesima colonizzazione del Meridione e non solo della Calabria. L’intero Sud d’Italia viene attaccato, abbiamo l’esempio più grande che è il Ponte sullo Stretto e poi ci sono i numerosi attacchi locali. Quello che stiamo cercando di fare è uscire dalla logica locale, producendo osservazioni affidabili grazie agli specialisti – avvocati, geologi, naturalisti – e mettere insieme tutte queste professionalità.

È abbastanza complicato, visto che gli attacchi al territorio sono continui e l’emergenzialità è sempre sul piede di guerra, perciò è necessario trovare una svolta politica, cercando di aggregare il più possibile anche all’esterno della regione. Ci confrontiamo costantemente con le altre regioni che si stanno trovando ad avere gli stessi nostri problemi perché l’attacco è rivolto verso il meridione e le isole. 

La storia insegna che spesso al Sud assistiamo a un attacco che poi si generalizza in tutto il paese.

Esatto, è proprio così. Per questo nel nostro movimento c’è un nucleo di persone che parte dalle lotte locali e cerca di unificare le lotte. La pretesa è quella di fare un movimento unico, anticapitalista, perché se il movimento ambientalista non è anticapitalista, come dicono alcuni, è puro giardinaggio. 

Controvento
Lo slogan di Controvento
Quali sono gli ostacoli? 

Il problema è riuscire a essere presenti sui territori. Se tu non conosci la realtà di un territorio, le priorità delle persone che ci vivono, è inutile mettere una bandiera davanti a qualche corteo fatto da 15-20 persone. Dobbiamo riuscire a entrare in stretto contatto con chi abita i territori e capire quali sono le loro esigenze, contattare i pastori, gli agricoltori per comprendere le loro esigenze. Ma purtroppo non sempre siamo presenti nei territori, spesso quasi disabitati. 

La questione ambientale è una questione innanzitutto sociale? 

Il problema essenziale è che c’è una povertà incredibile nei nostri territori. Facciamo l’esempio di un anziano che ha 10 ettari di terreno di bosco e che non sa più come fare per poterlo coltivare e per pagare le tasse, perché i suoi figli sono all’estero e non sono interessati alla terra o all’allevamento facendo altro nella vita. Se lì si presenta un procacciatore di terreni e dice “per questo terreno che non utilizzi ti do 20.000 euro”, tu glielo dai. Il nostro compito da avanguardie, da attivisti, da anticapitalisti dovrebbe essere anche quello di avere la possibilità di entrare in contatto con queste persone e cercare quantomeno di tamponare, ma anche di avanzare una proposta.

Si tratta di una colonizzazione, l’ennesima colonizzazione del Meridione e non solo della Calabria

E cosa propone Controvento? 

Per adesso avanziamo una proposta alla controparte politica, anche se spesso non si riesce bene a distinguere chi è, se è il governo o la Regione. Per quanto riguarda la Regione Calabria, in questo momento si discute su aree idonee e non idonee e cioè dove mettere pale eoliche e pannelli solari. La Commissione Ambiente sta cercando di accontentare un po’ tutti e lo sta facendo seguendo un metodo molto consueto in Calabria: “Amico caro che mi porti la bellezza di 1500 voti e hai un agriturismo o un’azienda biologica, ti posso garantire che le pale eoliche previste su quel territorio le metto a debita distanza”. 

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A questo riguardo avete scritto una lettera al presidente della Regione Calabria Occhiuto. Cosa chiedete? 

Chiediamo alla Regione di riattivare il vecchio quadro paesaggistico territoriale nelle sue norme iniziali, che sono state cancellate dalla precedente amministrazione guidata da Giuseppe Scopelliti. O comunque, se non vogliono riattivare quel quadro paesaggistico, di attenersi almeno a quello sul tavolo, che basterebbe da solo per evitare tutto questo scempio naturalistico. Chiediamo l’attivazione delle comunità energetiche che stanno naufragando una dietro l’altra a vantaggio delle multinazionali. Ci atteniamo ai rapporti dell’ISPRA, quando chiediamo di consumare meno suolo e attualmente c’è questa proposta alla commissione Ambiente. In altre parole chiediamo di utilizzare le aree già compromesse – come i capannoni industriali nel cuore dei centri storici – andando a risolvere anche un problema di degrado territoriale invece di aggiungerne un altro. 

Controvento
Raccolta firme

Al netto di alcune piccole royalties a vantaggio della Regione però sappiamo che parte tutto dal governo, che ci vede come un territorio da sacrificare. È un discorso contraddittorio: il governo spinge il territorio con il turismo e il patrimonio naturalistico – per esempio sull’escursionismo – e allo stesso tempo devasta le foreste di quegli stessi percorsi. Ti faccio l’esempio del percorso più famoso della Calabria: il Calabria Coast to Coast, che attraversa la costa da Soverato a Pizzo Calabro. Nel bel mezzo – quando arrivi al Comune di San Vito sullo Jonio – ti ritrovi un impianto eolico che attraversa praticamente il 50% del cammino. 

La retorica della Calabria straordinaria sta contribuendo a devastare ulteriormente questa terra?

Il turismo che vuole la Regione Calabria si sviluppa solo ed esclusivamente sul consumo del suolo e delle spiagge, come dimostra il fatto che si continuano a costruire grandi opere di cementificazione sulla costa. 

I problemi di spopolamento e mancanza di lavoro però sono tangibili. Tante volte chi costruisce è convinto di fare il bene di questa terra, anche se contribuisce a distruggerla. In fondo è questo il dilemma: la lotta per la conservazione dell’ambiente incrocia quella per il reddito.

È vero, perché comunque si porta lavoro, anche se poi, controllando, i rapporti tra datore di lavoro e lavoratore all’interno di queste strutture sono negativi. Una transizione ecologica in Calabria è possibile ma non così e questo è il nostro slogan che accompagna tutte le nostre manifestazioni: rinnovabili sì, ma non così. 

Controvento
Controvento in piazza
I prossimi appuntamenti? 

L’8 febbraio siamo stati a Scilla e Favazzina (RC). Da quelle parti non c’è solo il problema del Ponte sullo Stretto, ma anche quello del nuovo progetto della multinazionale energetica Edison S.p.A., che prevede la costruzione di un impianto di accumulo idroelettrico mediante pompaggio dell’acqua marina. Si tratta dell’ennesimo scempio ecologico: un progetto energetico di impatto straordinariamente devastante non solo sul luogo specificato, ma per tutto lo Stretto di Messina. Parliamo di un invaso idrico posto a circa 600 metri sul livello del mare che raccoglierà l’acqua salata aspirata da idrovore che poi, una volta convogliata, verrà sparata di nuovo giù per produrre energia elettrica, rituffandosi in mare a una temperatura di 100°C.

Sembra che centrali di questo tipo ce ne siano un paio in giro per il mondo, una sicuramente in Giappone. Questo impianto ha un bilancio ambientale molto negativo, oltre al fatto che quello che costa prendere l’acqua, portarla su e poi rimandarla giù praticamente non si rientra con le spese. Senza contare che ci sarà una grandissima devastazione. Di tutto questo si sa pochissimo, soprattutto ne sanno poco o niente gli abitanti di Favazzina e Scilla.

Perciò è stato importante organizzare una giornata di informazione. Questa iniziativa rientra in un percorso pensato da un’idea del professor Alberto Ziparo e da noi sposata in pieno come coordinamento e cioè cinque appuntamenti nelle cinque province calabresi che partono da una criticità locale per discutere della necessità reale: la riattivazione delle norme del quadro paesaggistico territoriale.

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