Caso Cospito, sottosegretario Delmastro condannato a 8 mesi. FdI contro giudici: «Sentenza politica». Caso Rainews

Effettua la tua ricerca

More results...

Generic selectors
Exact matches only
Search in title
Search in content
Post Type Selectors
Filter by Categories
#finsubito

Conto e carta

difficile da pignorare

 


Andrea Delmastro

di Laura Nazzari


Richiedi prestito online

Procedura celere

 

I pubblici ministeri Paolo Ielo e Rosalia Affinito ne avevano chiesto l’assoluzione, ma i giudici della ottava sezione penale del Tribunale Tribunale di Roma hanno deciso diversamente facendo esplodere l’ennesimo caso politico e polemico che ha avviluppato persino Rainewes.

Il sottosegretario alla Giustizia Andrea Delmastro, esponente di Fratelli d’Italia, è stato condannato a 8 mesi di reclusione, pena sospesa, per rivelazione di segreto d’ufficio in relazione alla vicenda dell’anarchico Alfredo Cospito, recluso in regime di 41bis. I giudici, inoltre, hanno concesso al sottosegretario le attenuanti generiche, interdizione dei pubblici uffici per la durata di un anno, beneficio della sospensione e non menzione nel casellario giudiziario. Respinta la richiesta di risarcimento. Nel procedimento sono parte civile i parlamentari del Pd Andrea Orlando, Silvio Lai, Debora Serracchiani e Walter Verini.
Rispetto al reato di rivelazione di segreto d’ufficio, i magistrati inquirenti avevano proposto l’assoluzione risentendo mancante l’elemento soggettivo del reato. Inutile dire che Delmastro è finito dal banco degli imputati sulla graticola politica. Dalle opposizioni si sono levate moltissime rivendicazioni di dimissioni, alle quali lui ha risposto in maniera netta. «Spero ci sia un giudice a Berlino ma non mi dimetto», ha detto Delmastro. E a fargli scudo ci ha pensato la premier Giorgia Meloni: «Il sottosegretario rimane al suo posto. Sono sconcertata, mi chiedo se il giudizio sia realmente basato sul merito della questione». Dal centrodestra, invece, si è gridato allo scandalo per via del fatto che il Tribunale non si è allineato alla tesi, più conveniente all’imputato, sostenuta dalla procura.

I FATTI
Delmastro era finito sul banco degli imputati a seguito della denuncia sporta dal deputato di Avs Angelo Bonelli. I fatti risalgono al 31 gennaio 2023 quando il vicepresidente del Copasir Giovanni Donzelli (tra l’altro responsabile nazionale per l’organizzazione di Fratelli d’Italia), in un tentativo di attacco a quattro deputati del Pd che avevano fatto visita in carcere a Cospito, parla di intercettazioni ambientali in carcere, di alcuni dialoghi tra Cospito e boss mafiosi che lo avrebbero incitato a proseguire nella lotta per effetti positivi su tutti i ristretti al carcere duro. Quelle informazioni “sensibili” e fino a quel momento secretate furono acquisite da Donzelli direttamente dal collega di partito, nonché coinquilino, Andrea Delmastro: fu Donzelli a doverlo ammettere, una volta interrogato dagli inquirenti; confermò, sempre dinanzi agli inquirenti, Delmastro in persona, il quale però spiegò che si trattava di documenti non classificati.

Una linea ripetuta da Delmastro più volte davanti ai pm di piazzale Clodio e anche a processo. Sentito lo scorso 12 dicembre in aula, ha dichiarato: «Se un documento mi arriva senza classificazione io lo posso utilizzare, se arriva classificato io invece non posso utilizzarlo e resto muto». «L’interesse per la vicenda Cospito nasce con la richiesta di revoca del 41bis tra fine dicembre 2022 e gennaio 2023, un caso molto discusso, era un tema politico scottante – aveva ricostruito in aula Delmastro – Ne parlai con i colleghi partito, e ritenni di assumere informazioni con il capo del Dap: questa fu una mia iniziativa autonoma. Le informazioni mi arrivarono via mail da Giovanni Russo». Si trattava, aveva aggiunto il sottosegretario, di «una sintesi del Nic ma io ho chiesto l’integrale e mi sono arrivate così le relazioni Nic e Gom con la dicitura lim-div (limitata divulgazione ndr.) e ho chiesto allora cosa fosse questa dicitura che non conoscevo. A me è stato detto che la limitata divulgazione riguardava solo l’ufficio del Dap ed era nata con Francesco Basentini: si trattava di una circolare per evitare che le risposte chieste dal ministro arrivassero prima ai giornali che al ministro».

I documenti di cui era venuto in possesso il sottosegretario riguardavano le registrazioni, lecite, relative ai colloqui tra Cospito e i familiari, oltre a quelli tra il detenuto e la cosiddetta ‘dama di compagnia’, così viene definito nel gergo carcerario il compagno con cui la persona ristretta al 41 bis trascorre, a rotazione, l’ora di socialità. Tutte le conversazioni sono poi finite nel dossier che il Gruppo operativo mobile della Penitenziaria portò all’attenzione del capo del Dap che, a sua volta, interessò il ministero della Giustizia attraverso una relazione inviata al gabinetto. Da qui, dunque, la relazione sarebbe stata legittimamente messa a conoscenza di Delmastro, che ha proprio la delega al Dap. Proprio il capo del Dap Giovanni Russo è stato ascoltato in aula lo scorso giugno e ha spiegato al Tribunale di avere inviato a Delmastro su sua richiesta, due relazioni sul caso del detenuto Cospito, entrambe con la clausola ‘a limitata divulgazione’, «che quindi sarebbero dovuti rimanere all’interno dell’amministrazione».

IL PROCESSO, LA TESI DELLA PROCURA
A fronte della pacifica ricostruzione degli eventi, i pm – questa mattina – hanno chiesto l’assoluzione del sottosegretario ritenendo che mancasse l’elemento soggettivo del dolo. Tradotto: per i rappresentanti dell’accusa, le notizie date dal sottosegretario al compagno di partito erano segrete ma il sottosegretario non lo sapeva quando le ha divulgate. Di diverso avviso il Tribunale, che ha condannato Delmastro. Le motivazioni saranno depositate nelle prossime settimane, passaggio necessario per consentire alla difesa del sottosegretario di presentare ricorso in Appello.

Cessione crediti fiscali

procedure celeri

 

LE REAZIONI DEL CENTRODESTRA: «SENTENZA POLITICA»
Il coro di contestazioni si è levato forte soprattutto all’interno di Fratelli d’Italia. E il pensiero è unanime: la condanna di Delmastro è una sentenza politica. A “scioccare” i parlamentari meloniani è stato il fatto che il dispositivo sia stato di segno contrario alle conclusione del pm. Come se il risultato tra requisitoria e sentenza fosse frutto di una precisa equazione matematica. Tant’è: il primo a parlare di sentenza politica è proprio Andrea Delmastro, che – ripresosi dal verdetto – affida al social Facebook il suo sfogo. «Una sentenza politica! Le sentenze non si commentano, ma quelle politiche si commentano da sole! E questa sentenza si commenta da sola! Dopo che l’accusa ha chiesto per tre volte l’assoluzione, arriva una sentenza di condanna fondata sul nulla! – si legge nel post -. Vogliono dire che le riforme si devono fermare? Hanno sbagliato indirizzo! Vogliono dire che il Pd non si tocca? Hanno sbagliato indirizzo. Io non ho tradito i miei ideali: ho difeso il carcere duro verso terroristi e mafiosi. Io non ho tradito! E gli italiani lo sanno! Attendo trepidante le motivazioni per fare appello e cercare un giudice a Berlino. E da domani avanti con le riforme per consegnare ai nostri figli una giustizia diversa». Lo seguono a ruota i compagni di partito: dal senatore napoletano Sergio Rastrelli al presidente dei senatori di Fratelli d’Italia, Lucio Malan, passando per Nicola Calandrini (senatore, presidente della 5a Commissione Bilancio), Mauro Rotelli (senatore, presidente della Commissione Ambiente, Territorio e Lavori pubblici della Camera), Gianni Berrino (capogruppo di Fratelli d’Italia in commissione Giustizia al Senato).

LE OPPOSIZIONI
Più variegate, invece, le voci che si levano dalle opposizioni. Giuseppe Conte, leader del Movimento 5 stelle, ha invocato le dimissioni di Delmastro: «Si sentono intoccabili. Delmastro, Santanchè, tutti incollati alla poltrona. Delmastro è innocente fino a condanna passata in giudicato. Però il fatto oggettivo è che lui ha preso un segreto ufficio e lo ha dato al suo coinquilino Donzelli per attaccare un partito di opposizione. Che vada subito a casa. E che ci vada insieme a Santanchè, sottobraccio». «Ma che cosa abbiamo? La nuova sfera degli intoccabili, la nuova casta? La legge non più uguale per tutti? Per il fatto oggettivo, noi abbiamo chiesto da subito le dimissioni», ha concluso. Le dimissioni sono state invocate anche dalla presidente di Avs alla Camera Luana Zanella: «È stato sprezzante e arrogante con l’opposizione, ora se ne vada». «Chissà se almeno stavolta Giorgia Meloni ritroverà la coerenza con sé stessa, pretendendone le dimissioni», ha affermato Chiara Braga, Capogruppo Pd alla Camera dei Deputati.

Sempre pungente Matteo Renzi, leader di Italia viva, che invoca sì le dimissioni di Delmastro ma non per via della condanna: «Per un garantista come me, la condanna in primo grado del sottosegretario alla giustizia Delmastro Delle Vedove non cambia nulla. Assolutamente nulla. Per me Delmastro era incapace di fare il sottosegretario alla giustizia anche prima della (nuova) condanna. Pistole a capodanno, documenti a Donzelli, frasi vergognose sui detenuti, condanna nascosta alla stampa, per non parlare di Biella. Uno come Delmastro non merita di stare al governo per quello che dice, non per le condanne che prende. Uno con la sua storia è un perfetto sottosegretario alla giustizia solo nella Repubblica delle Banane».

IL CASO RAINEWS
Alla storia si è aggiunto poi il caso Rainews. Alle ore 12, All news della Rai titolava a caratteri cubitali “Assoluzione per Delmastro”, circostanza segnalata dal Cdr. Si dava cioè notizia della sentenza con un finale favorevole al sottosegretario. Ma a quell’ora la sentenza non era stata ancora letta e il finale, come ormai sappiamo, è stato opposto. Il direttore Petrecca, dal canto suo, ha provato a difendersi, replicando al al Cdr che non aveva abbastanza caratteri per scrivere la verità dei fatti. Parole che però non hanno arginato l’ira politici di opposizione e giornalisti. L’Esecutivo Usigrai è stato tranciante: «Non sta a noi proporre un titolo alternativo al direttore Petrecca che difende l’indifendibile. Con un pizzico di professionalità in più poteva evitare di trarre in inganno i telespettatori, ma non è andata così. Un comportamento irresponsabile da parte del direttore di Rainews che così danneggia la credibilità della Rai e di giornaliste e giornalisti che lavorano nella redazione All News del Servizio Pubblico». I componenti del Partito democratico nella commissione di Vigilanza Rai hanno chiesto le dimissioni di Petrecca: «Dopo aver ‘anticipato’ l’assoluzione (mai avvenuta) del sottosegretario Andrea Delmastro violando ripetutamente i doveri di garanzia di un’informazione verificata, è chiaro che il direttore Rainews Paolo Petrecca debba prendere atto che il suo ruolo e’ del tutto fuori posto e che le sue dimissioni sono un atto dovuto. Avremmo richiesto un passo indietro a prescindere dell’esito della sentenza sul caso Cospito, ma dopo la condanna di Delmastro, appare evidente che Petrecca è del tutto inadeguato e indegno a ricoprire la sua carica tra i vertici della televisione italiana. La Rai non può essere un organo di propaganda governativa e Petrecca un suo direttore».

giovedì, 20 Febbraio 2025 – 20:00
© RIPRODUZIONE RISERVATA



Source link

Prestito personale

Delibera veloce

 

***** l’articolo pubblicato è ritenuto affidabile e di qualità*****

Visita il sito e gli articoli pubblicati cliccando sul seguente link

Source link