di Giuseppe Gaetano, editor in chief
Le imprese italiane continuano a riportare valutazioni negative sulle condizioni per investire, mentre restano stabili quelle sull’accesso ai finanziamenti: attendono ancora una vera svolta nel ciclo del credito, intanto – nell’aggravarsi del clima di incertezza economica e politica – puntano sempre più su rafforzamento delle supply chain e miglioramento della competitività.
Nonostante le condizioni di accesso al credito siano valutate invariate, le aziende prefigurano però un’espansione degli investimenti nella prima metà del 2025. Gli stabili outlook di Bankitalia e S&P Ratings considerano la posizione complessiva di liquidità ancora soddisfacente – anche perché gli emittenti gestiscono con attenzione il proprio bilancio – e il rischio di finanziamento delle aziende resta dunque limitato. Cerved ha rilevato che nel secondo trimestre 2024 i mancati pagamenti sono saliti in media appena dello 0,2% annuo, sia per le Pmi che per le grandi aziende (ma non per le micro). Il trend non è uniforme né a livello geografico, con il Sud storicamente ai livelli più alti di fatture non saldate, né nei vari settori; tuttavia anche nelle costruzioni, comparto col livello più alto (12,6%), sono in calo dell’1,4%. In sintesi, all’orizzonte non sembrano esserci “spie” di possibili gravi sofferenze ma semmai di miglioramento dei conti e buona resilienza alle crisi.
ABI conferma che la capitalizzazione delle imprese (con profitti netti passati da -4,3% nel 2011 a +4,9% nel 2023) e l’attenzione delle banche nell’erogazione di prestiti stanno facendo sì che i deteriorati crescano al massimo in maniera moderata sui bilanci d’esercizio degli istituti. L’associazione stima un Npe ratio netto al 2% nel 2025 e all’1,8 nel 2026. Dunque, un tasso di deterioramento del credito gestibile senza ansie dopo i picchi toccati nel 2015, come ribadito inoltre dal Market Watch Npl di Banca Ifis, sia nel 2023 che nel 2024. Purtroppo, nonostante la solidità, le aziende stentano ancora a investire attendendo più delle famiglie un ulteriore calo del costo del denaro. Eppure proprio le imprese familiari, se sostenibili e dedite all’export, risulterebbero meno rischiose dal punto di vista del merito creditizio.
Chi può opta per l’autofinanziamento, con risorse interne: il 90% considera adeguata la propria liquidità, così domanda ed erogato restano deboli e appesi ai prossimi allentamenti monetari della Bce (con il pericolo di volatilità se i mercati ne sovrastimassero il ritmo). Al momento, secondo l’ultima lending survey di Francoforte, per il quarto trimestre 2024 le banche dell’area euro prevedono – com’è avvenuto nel terzo – un ulteriore inasprimento degli standard per i finanziamenti corporate. Guardando agli impieghi delle relazioni finanziarie uscite in questi giorni, da parte degli istituti sembra emergere un leggero allentamento dei cordoni delle borse lato retail; non si riscontra invece una analoga concessione verso le imprese che tipicamente hanno un accesso al credito meno agevole e nelle aree dove la penetrazione bancaria è più bassa.
Il momento no del credito alle imprese è evidente anche nell’andamento della finanza alternativa, o complementare. Dopo la leggera flessione del 2023, anche il primo semestre 2024 non è stato brillante per i 7 segmenti del settore, tutti con la raccolta in negativo per il Politecnico di Milano: minibond (609 mln negli ultimi 12 mesi, -33% a/a), lending crowdfunding (88 mln, -3%); ma anche invoice trading, crypto asset, quotazioni in Borsa, private equity e venture capital. Lo studio evidenzia la possibilità di generare vantaggi tangibili al credito bancario a partire proprio dal 2025, grazie a tassi più bassi e a innovazioni legislative che hanno alzato l’asticella nei segmenti più esposti a rischi opportunistici (semplificando al contempo la vita di quelli più tradizionali). “Di certo l’evoluzione tecnologica e il fintech stanno creando sempre più opportunità per le Pmi che vogliono raccogliere capitale – sostengono i ricercatori -, servono però più attori nella filiera che possano stimolare sia la domanda degli imprenditori che l’offerta dagli investitori“.
Almeno, le coperture del nuovo Fondo di garanzia in vigore dall’1 gennaio restano all’80% sugli investimenti, e il Mef sta valutando di alzare da 80mila a 100mila euro la soglia entro cui i confidi possono accedervi in controgaranzia. Al momento l’ammontare destinato agli investimenti è sotto i 150 miliardi, pari al 29% di tutte le coperture, ma per le micro e piccole imprese il dato arriva a incidere sul 60% del totale dei prestiti bancari.
Purtroppo, per le più gettonate operazioni per liquidità, le garanzia passa dal 60 al 50% e questo minaccia di penalizzare proprio le realtà più piccole che lo strumento dovrebbe favorire. Secondo un’analisi Kpmg/Nsa per Plus24, il 2024 si è chiuso con operazioni ed erogato in calo rispettivamente del 3 e dell’8% rispetto al 2023 e del 19 e 21% rispetto al 2022, mentre in un anno il valore dei default è salito di un miliardo assestandosi sui 3 mld: la previsione è che non salga oltre i 4,5 nel 2025; ad ogni modo gli accantonamenti sullo stock di prestiti appare decisamente in grado di coprire i rischi. Per rendere il Fondo per le Pmi strutturale come richiesto da Confindustria e ABI, il governo vuole ridurre il ricorso a tali risorse considerando superata la fase Covid che le aveva determinate, ma non tiene in debito conto lo scenario bellico e la crisi energetica che ne ha preso il posto nel sentiment degli imprenditori in maniera forse ancor più grave: le condizioni operative a breve termine risentono dell’incertezza economico-politica, ma anche dell’andamento dei prezzi delle materie prime energetiche e delle politiche sugli scambi commerciali internazionali.
Chi investe, e parecchio, sono invece le banche. Grazie anche alla minore incidenza degli Npl, oltre che alla maggiore patrimonializzazione. I miliardi stanziati sono diretti soprattutto in tecnologie di frontiera e digitalizzazione, per abbattere i costi e restare competitivi. Del resto a richiederlo sono i loro stessi clienti – le imprese – che pretendono maggiore efficienza, rapidità operativa e condizioni commerciali più concorrenziali, ottenibili appunto grazie alla moderna tecnologia.
In base alla Rilevazione sull’IT condotta nel 2023 da CIPA e ABI su 22 gruppi bancari e 30 banche, rappresentativi del 92% del comparto, l’attività di tipo retail costituisce il 65,4% dell’operatività complessiva dei player. Si innova per migliorare processi di credito, incassi e pagamenti, della gestione dei canali di contatto con la clientela e della sicurezza. L’aumento dell’efficienza interessa soprattutto sistemi informativi, telecomunicazioni, risorse umane e customer service.
In attesa di dati ufficiali sull’esercizio appena concluso, per il 2024 il settore bancario ha previsto di incremento di oltre il 10% degli investimenti IT. Dal report emerge come tutti i gruppi partecipanti collaborino con aziende e startup specie su servizi di pagamento, personal financial management e account aggregation; tra le tecnologie in uso spiccano Intelligenza Artificiale e l’open API. Sono soprattutto le realtà più piccole a ricorrere all’esternalizzazione delle attività informatiche, per il futuro si riscontra tuttavia una maggiore propensione a formare il proprio personale interno già assunto.
Tuttavia anche seguire i criteri ESG è un ottimo affare, per le imprese come per le banche, che possono così risparmiare sui costi di finanziamento tramite obbligazioni.
E’ la stessa Bankitalia, in un recente studio sul tema, a raccomandarne l’integrazione nella raccolta perché “cruciale per una crescita sostenibile” e può “aiutare a raccogliere fondi a un costo minore“. Forse non è un caso che l’offerta green, spinta da Transizione 5.0, stia subendo un’accelerata; esattamente come avviene, lato retail, per i mutui green. Ad ogni modo, dei 3 fattori di sostenibilità quello di governance risulta il più significativo nel ridurre il costo del finanziamento. La ricerca evidenzia inoltre l’importanza dei rating sul rendimento dei bond: “Lo spread a scadenza tende ad aumentare dopo una riduzione del punteggio Esg e a diminuire dopo un aumento – scrive Via Nazionale –. Gli effetti di diminuzioni e aumenti non sono simmetrici: nel medio termine, l’impatto di questi ultimi è infatti più significativo e persistente“. E anche la solidità del sistema bancario contribuisce a schivare il credit crunch. In generale, la capacità di valutazione dei rischi propria degli intermediari – bancari e non – sarà indispensabile per lo sforzo finanziario richiesto dalla transizione ecologica, e per aumentare il rapporto credito/Pil: indicatore fondamentale per misurare il grado didi quanto l’intermediazione creditizia sostiene l’attività economica del Paese.
Più di recente il Tavolo per la Finanza Sostenibile presieduto dal Mef – a cui siedono, tra gli altri, Bankitalia e Ivass – ha pubblicato il “Documento per il dialogo di sostenibilità tra Pmi e Banche” poiché il mutato contesto normativo europeo richiede che le istituzioni finanziarie e le grandi imprese dispongano di nozioni affidabili sugli impatti ambientali dell’attività d’impresa, sia diretti che indiretti (generati cioè da fornitori e clienti). Entro l’estate 2026 è atteso inoltre il recepimento della Corporate Sustainability Due Diligence Directive, dunque in futuro le richieste di informazioni di sostenibilità sono destinate ad aumentare in maniera esponenziale. Sebbene le Pmi non quotate non siano ancora soggette a tali norme, facendo parte a pieno titolo della catena del valore, già si trovano nella prassi a fronteggiare questa domanda proveniente sia dalle grandi imprese committenti che da banche e intermediari.
La raccolta delle informazioni implica uno sforzo, ma può contribuire a migliorare il posizionamento concorrenziale delle Pmi consentendogli di valutare meglio i rischi, pianificare gli investimenti (laddove trovino i soldi) e accedere a finanziamenti privati, oltre che a fondi e garanzie pubbliche. Senza contare che efficientamenti energetici o autoproduzione da fonti rinnovabili non solo riducono la propria impronta ambientale ma aumentano la resilienza a shock energetici e climatici.
Credito: dal 2025 tutti i tipi di Finanziamento in positivo, anche alle Imprese
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