Il Partenariato Pubblico Privato: definizione e tipologie alla luce del Correttivo Appalti

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Quadro normativo di riferimento e definizioni

Il Codice dei contratti evoca la categoria da sempre misteriosa e per certi versi contradditoria, di contratto pubblico (F. Caringella). Nell’ambito di questo apparente contrasto (il Caringella parla anche di “ossimoro apparente” in riferimento alla natura antitetica che interviene tra anima privatistica del contratto e imperatività e unilateralità del public power), si configura – tra i contratti passivi della P.A. –  una altrettanto per quanto fumosa suddivisione non sempre di facile risoluzione,  ovvero quella tra appalto e concessione.

La nozione di contratto di appalto pubblico si rinviene all’art. 2, lettera b) dell’allegato I.1 al Dlgs 36/2023 che lo definisce come quel “contratto a titolo oneroso tra S.A. ed o.e. avente per oggetto l’esecuzione di lavori, l’acquisto di beni o la prestazione di servizi”. A ben vedere, si tratta di una tipologia sostanzialmente differente da quella di matrice civilistica. L’appalto pubblico, a differenza della nozione di appalto che si ricava dall’art. 1655 del cod. civ., non è un tipo di contratto bensì “un modello generale aperto a ogni negozio tipico o atipico per l’acquisizione di beni, servizi o lavori” (Manuale dei contratti pubblici, Dike Giuridica, Carbone, Caringella, Rovelli). Dunque, il contratto di appalto – nei termini pubblicistici che qui ci interessano (tanto per i lavori, quanto per forniture e servizi) costituisce un negozio a titolo oneroso tra Stazione appaltante ed operatore economico.

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La concessione, al contrario, pur prevedendo la presenza di un contratto a titolo oneroso, in questo caso prevede che il corrispettivo consista unicamente nel diritto di gestire, da parte del privato, i lavori o i servizi oggetto dell’accordo eventualmente accompagnato da un prezzo. Il contratto di concessione rappresenta una tipologia del più ampio genus del partenariato pubblico-privato.

Le differenze più evidenti tra i due istituti – ovvero tra Appalto e Concessione – possono essere così riassunte, sulla base di tre diverse angolazioni. Se il destinatario è identificato con la PA si allora tratta di appalto; se coincide con l’utenza lo schema più corretto sarà quello della concessione. In base al costo: se è a carico della PA, si tratterà di contratto di appalto; mentre laddove fosse a carico dell’utenza, si avrebbe un contratto di concessione. 

Infine, sulla base del rischio: appalto se questo è in capo alla PA, concessione se è in capo all’operatore economico.

In questo contributo saranno analizzati i principali elementi costitutivi del PPP – categoria ampia e generale –  e delle sue subspecies tra cui le forme di cooperazione con gli Enti del Terzo settore, le concessioni, le sponsorizzazioni, ma anche le principali differenze introdotte dal Decreto Correttivo Dlgs 209/2024.  

A differenza di quanto previsto dall’abrogato Dlgs 50/2016, il legislatore del 2023 definisce il PPP non più un “contratto”, bensì “una operazione economica”. Inoltre, il nuovo Codice recepisce espressamente la distinzione, già nota al diritto euro- unitario, tra PPP contrattuale (cfr. art. 174, comma 3 del Nuovo Codice) e PPP istituzionale.  Nelle operazioni di PPP è prevalente il rischio concernente la disponibilità/offerta dell’opera secondo un rapporto trilaterale (ente concedente -privato -utenza). L’operazione economica di PPP è, dunque – come più volte accennato –  il genus cui appartengono molteplici schemi contrattuali tipici (i.e. locazione finanziaria, contratto di disponibilità, concessioni, anche nella forma della finanza di progetto) o atipici ammettendosi espressamente la possibilità di ricorrere anche a forme non tipizzate aventi i contenuti di cui al comma 1 dell’art. 174 del Codice dei contratti e che siano dirette a realizzare interessi meritevoli di tutela (es. sponsorizzazioni pure/tecniche).Quali sono le condizioni ex art. 174 Dlgs 36/2023?

Tra un ente concedente e uno o più operatori economici privati è instaurato un rapporto contrattuale di lungo periodo per raggiungere un risultato di interesse pubblico; la copertura dei fabbisogni finanziari connessi alla realizzazione del progetto proviene in misura significativa da risorse reperite dalla parte privata, anche in ragione del rischio operativo assunto dalla medesima; alla parte privata spetta il compito di realizzare e gestire il progetto, mentre alla parte pubblica quello di definire gli obiettivi e di verificarne l’attuazione; il rischio operativo connesso alla realizzazione dei lavori o alla gestione dei servizi è allocato in capo al soggetto privato.

Considerato che con l’operazione di PPP si trasferisce sul privato la gestione di progetti di interesse pubblico, anche tale istituto – come nel caso della co-programmazione / co progettazione di cui all’art. 6 del Dlgs 36/2023 / art. 55 Codice che sarà esaminato più avanti, – potrebbe configurare uno strumento di attuazione del principio di sussidiarietà orizzontale di cui all’art. 118 co 4 Cost., di cui tali procedure sono appunto uno strumento attuativo. Tuttavia, una parte della dottrina,  ha sottolineato come il PPP non preveda una completa sostituzione della parte pubblica con la parte privata poiché la prima mantiene comunque un ruolo propulsivo, direttivo e di controllo. L’istituto del PPP costituirebbe, quindi, una sorta di tertium genus tra l’autoproduzione e la privatizzazione di un’attività, distinguendosi – in tal maniera -dalle forme di co-progettazione sopra citate. 

Elemento che potremmo definire “centrale” nel PPP, (nell’archetipo della concessione) è rappresentato dal fatto che il corrispettivo equivale al diritto di gestire l’opera/servizio oppure tale diritto affiancato da un prezzo. 

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Nell’ambito di tale attività, come visto, il privato si assume il rischio e deve trattarsi di un rischio «effettivo» di disponibilità, ovvero di costruzione   o di domanda/offerta. 

Il rischio operativo deve quindi derivare da “fattori esterni non soggetti al controllo delle parti». Soccorre sul punto la disposizione del Dlgs 36/2023 di cui al comma 1, dell’art. 177  che chiarisce che “l’aggiudicazione di una concessione comporta il trasferimento al concessionario di un rischio operativo legato alla realizzazione dei lavori o alla gestione dei servizi e comprende un rischio dal lato della domanda o dal lato dell’offerta o da entrambi…Il comma 2 del medesimo articolo prosegue specificando che “si considera che il concessionario abbia assunto il rischio operativo quando, in condizioni operative normali, non sia garantito il recupero degli investimenti effettuati o dei costi sostenuti per la gestione dei lavori o dei servizi oggetto della concessione”.

In particolare, per quanto concerne l’elemento del rischio, la P.A risulterà sollevata in tutto o in parte sia dall’onere finanziario, sia dal rischio di perdita economica che potrebbe derivare dalla gestione del servizio/opera così che l’alea operativa trasmessa al concessionario debba difatti comportare, per questi, una reale esposizione alle fluttuazioni del mercato. La CGE, sul tema, ha specificato che all’operatore deve essere, in particolare, trasferita la maggior parte dell’alea legata alla gestione dell’opera o del servizio o per lo meno una porzione “significativa” di questa.

Sul punto in argomento il codice dei contratti pubblici all’art. 177, comma 2, specifica che “la parte del rischio trasferita al concessionario deve comportare una effettiva esposizione alle fluttuazioni del mercato tale per cui ogni potenziale perdita stimata subita dal concessionario non sia puramente nominale o trascurabile”.

Pertanto, ai fini della configurabilità della concessione è necessario che all’operatore siano trasferiti i “rischi operativi”, ossia i rischi di natura economica o tecnica connessi all’alea della gestione, che possono riguardare il lato della domanda o dell’offerta o di entrambi. Se non avviene un trasferimento di tali rischi il rapporto è qualificabile come un appalto (v. sul tema anche Cons. di Stato n. 2426/2021). Inoltre, in base all’art. 177, comma 6, del CCP (in riferimento al Partenariato Pubblico-Privato contrattuale) “se l’operazione economica non può da sola conseguire l’equilibrio economi- co-finanziario, è ammesso un intervento pubblico di sostegno. L’intervento pubblico può consistere in un contributo finanziario, nella prestazione di garanzie o nella cessione in proprietà di beni immobili o di altri diritti. Non si applicano le disposizioni sulla concessione, ma quelle sugli appalti, se l’ente concedente attraverso clausole contrattuali o altri atti di regolazione settoriale sollevi l’operatore economico da qualsiasi perdita potenziale, garantendogli un ricavo minimo pari o superiore agli investimenti effettuati e ai costi che l’operatore economico deve sostenere in relazione all’esecuzione del contratto. La previsione di un indennizzo in caso di cessazione anticipata della concessione per motivi imputabili all’ente concedente, oppure per cause di forza maggiore, non esclude che il contratto si configuri come concessione».

Altre forme di Partenariato: il PPP pubblico

Abbiamo accennato a come il partenariato sia un modello ampio e generale; modello che, in certi casi, rappresenta forme attuative del principio costituzionale di sussidiarietà orizzontale. Ma vi sono anche di collaborazione  – anche questi incentrati sull’assenza di sinallagmaticità tra le parti – che trovano applicazione non tra pubblica amministrazione e privati, bensì tra due o più amministrazioni aggiudicatrici.

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E’ il caso delle forme di cooperazione tra pubbliche amministrazioni la cui cornice generale è delineata dall’art. 15 della L. 241/1990 prevedendo che “anche al di fuori delle ipotesi previste dall’articolo 14 (le conferenze di servizi), le amministrazioni pubbliche possono sempre concludere tra loro accordi per disciplinare lo svolgimento in collaborazione di attività di interesse comune.”

Nell’ambito del Codice dei contratti, la disciplina speciale è dettata dall’art. 7 co 4 del Dlgs 36/2023 (auto-organizzazione amministrativa) che, oltre ad affrontare lo strumento dell’In house providing, si occupa di cooperazione tra stazioni appaltanti o enti concedenti volta al perseguimento di obiettivi di interesse comune. Tali accordi non rientrano nell’ambito di applicazione del codice quando concorrono tutte le seguenti condizioni:

a) la cooperazione interviene esclusivamente tra due o più stazioni appaltanti o enti concedenti, anche con competenze diverse;

b) garantisce la effettiva partecipazione di tutte le parti allo svolgimento di compiti funzionali all’attività di interesse comune, in un’ottica esclusivamente collaborativa e senza alcun rapporto sinallagmatico tra prestazioni;

c) determina una convergenza sinergica su attività di interesse comune, pur nella eventuale diversità del fine perseguito da ciascuna amministrazione, purché l’accordo non tenda a realizzare la missione istituzionale di una sola delle amministrazioni aderenti;

d) le stazioni appaltanti o gli enti concedenti partecipanti svolgono sul mercato aperto meno del 20 per cento delle attività interessate dalla cooperazione.

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Modifiche apportate dal “Correttivo”

Il decreto correttivo al Codice dei contratti pubblici (decreto legislativo 31 dicembre 2024, n. 209) ha contribuito con una importante modifica dell’art. 193 del Dlgs 36/2023, dedicata alla finanza di progetto, quale particolare modalità di realizzazione di un contratto concessione di lavori e servizi. Tale disciplina, infatti, è stata integralmente riscritta dal legislatore del correttivo (art. 57 Dlgs 209/2024). 

L’obiettivo della novella è quello di rendere più intelligibile la differenza che intercorre tra il project financing attivato su iniziativa di parte e quello su iniziativa dell’amministrazione concedente. 

Tra le modifiche più rilevanti si sottolineano: 

  • La previsione di un PFTE a contenuto semplificato ai sensi dell’art. 6 bis dell’All. I.7 al CCP) con il fine di dare una spinta in chiave propositiva alla presentazione di progetti; 
  • La possibilità di presentare una manifestazione di interesse prodromica, in caso di procedura su istanza privata, con l’obiettivo di consentire ai soggetti promotori di acquisire informazioni e dati necessari a predisporre la proposta iniziale; 
  • L’allargamento del diritto di prelazione anche agli altri soggetti proponenti (e non solo al soggetto promotore come precedentemente previsto); 

Impianti sportivi: accelerazione e semplificazione tramite la finanza di progetto

Esaminate le principali modifiche che hanno coinvolto l’istituto del Project financing, al fine di offrire una lettura sistematica della materia è bene ricordare come nel settore sportivo – in particolare per quanto concerne l’impiantistica –   norma di riferimento sia il Dlgs 38/2021.

A ben guardare, lo scopo di tali disposizioni risiede in una vera e propria razionalizzazione della disciplina volta alla creazione di un quadro di sistema per gli interventi di costruzione di nuovi impianti, ma soprattutto per l’ammodernamento ed il recupero del patrimonio immobiliare esistente, come evidenziato nell’art. 1, che indica quale oggetto del decreto, “norme in materia di costruzione, ristrutturazione, gestione e sicurezza degli impianti sportivi, compresi quelli scolatici”, esaltando l’importanza della previsione, nella normativa di settore, dell’impiantistica sportiva scolastica (A. Busacca).

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L’art.4, rubricato “Misure di concentrazione, accelerazione e semplificazione” rappresenta in modo plastico la ricerca da parte del legislatore di una modalità semplificatoria in materia, esaltandone allo stesso tempo una certa piega “innovativa” data la previsione di un procedimento che prevede tempi limitati per la valutazione delle proposte di intervento per la costruzione e/o l’ammodernamento degli impianti. Procedura che è possibile sintetizzare secondo i seguenti passaggi fondamentali che, per quanto concerne il nucleo procedimentale, avvengono tramite lo strumento -a cui si è già fatto cenno –  della finanza di progetto. 

  • Proposta del Soggetto Privato (Promotore) – DOCFAP / PFTE E PEF
  • Valutazione di Fattibilità della Proposta –Conferenza di servizi preliminari 
  • Se la proposta è ritenuta valida, l’amministrazione la dichiara di pubblico interesse (entro 60 gg)
  • Presentazione da parte del promotore del progetto definitivo + bozza convenzione e PEF asseverato
  • Conferenza servizi decisoria (entro 60 giorni decisione) con richiesta eventuali modifiche progettuali
  • Avvio della Procedura di Gara / dialogo competitivo (da chiudere entro 120 gg)

La proposta/ Progetto definitivo del promotore diventa la base di gara

I concorrenti presentano offerte migliorative rispetto alla proposta originaria

  • L’offerta migliore viene selezionata
  • Esercizio del Diritto di Prelazione del Promotore (entro 15 da aggiudicazione)

Se esercita il diritto di prelazione: il promotore diventa concessionario

Se NON esercita il diritto di prelazione: la concessione è assegnata all’aggiudicatario (sebbene il correttivo al Dlgs 36/2023 in tema di Project financing estenda diritto prelazione anche ai partecipanti, l’art. 4 DLgs 38/2021 dispone che  «Si applicano, per quanto non diversamente disciplinato, dal presente articolo, le previsioni del codice di cui al decreto legislativo 18 aprile 2016, n. 50, in materia di finanza di progetto»)

  • Firma del Contratto / esecuzione progetto
  • Controllo e monitoraggio PA

Art. 6 Dlgs 36/2023:  Co programmazione e Co Progettazione per gli Enti del Terzo Settore

Strumento di attuazione del già citato art. 118 co 4 della Costituzione (c.d. principio di sussidiarietà orizzontale) lo ritroviamo all’art. 6 del Dlgs 36/2023, norma con cui il legislatore ha sancito la coesistenza di due modelli organizzativi alternativi (nel caso dei servizi sociali): l’uno fondato sulla concorrenza, l’altro – appunto –  sulla solidarietà e sulla sussidiarietà orizzontale. Il secondo tipo di affidamenti riguarda i servizi sociali di interesse generale erogati dagli enti del Terzo settore (ETS) e non costituisce una deroga, da interpretare restrittivamente, al modello generale basato sulla concorrenza, bensì uno schema a sua volta generale da coordinare quale attuazione del principio di sussidiarietà  che si configura come uno mezzo di applicazione dei doveri di solidarietà sociale necessari a realizzare il principio personalista su cui si fonda il nostro impianto costituzionale.

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Questa tipologia di partnership tra il RUNTS e la Pubblica Amministrazione condivide, per analogia, alcuni caratteri del c.d Partenariato Pubblico -Pubblico fondato sulla collaborazione tra amministrazioni per la realizzazione di attività di interesse comune in mancanza di un rapporto sinallagmatico che preveda uno scambio di prestazioni. Con questa forma di collaborazione viene inoltre recepita la sentenza n. 131/2020 della Cort. Cost. che ha sancito la coesistenza di due modelli organizzativi alternativi per l’affidamento dei servizi sociali, l’uno fondato sulla concorrenza, l’altro sulla solidarietà e sulla sussidiarietà orizzontale.

ale modello riposa, come già visto, su fondamenta di rango costituzionale, stante la connessione con l’art. 118 co 4 Cost in merito al principio di sussidiarietà orizzontale e con l’art. 2 Cost, configurando altresì uno strumento di applicazione dei doveri di solidarietà sociale necessari a realizzare il principio personalista su cui si fonda il nostro impianto costituzionale.

Con l’introduzione dell’art. 6 tra i principi generali del Codice dei contratti Pubblici (principi c.d. di “secondo livello”) si attribuisce portata generale a quanto già previsto dall’art. 55 del Codice del Terzo settore (d.lgs. n. 117 del 2017), chiarendo il rapporto di non conflittualità tra le norme considerate e il Codice Appalti. Si supera così il parere n. 2052 del 20 agosto 2018 con cui il Consiglio di Stato aveva dubitato della compatibilità con il diritto euro unitario delle modalità di affidamento dei servizi sociali previste dal CTS. Il superamento del rapporto di conflittualità tra il CTS e CCP è già stato messo in evidenza dal parere n. 802 del 3 maggio 2022 del Consiglio di Stato, secondo cui “La Sezione osserva che sia in sede legislativa che in sede di interpretazione giurisprudenziale emerge chiaramente una linea evolutiva della disciplina degli affidamenti dei servizi sociali che, rispetto a una fase iniziale di forte attrazione nel sistema della concorrenza e del mercato, sembra ormai chiaramente orientata nella direzione del riconoscimento di ampi spazi di sottrazione a quell’ambito di disciplina”. La norma recepisce inoltre la normativa comunitaria (Considerando 28, 117 e 118 della direttiva 2014/24; art. 10, lettera h), della stessa direttiva, intitolato «Esclusioni specifiche per gli appalti di servizi»; art. 77 della direttiva citata, intitolato «Appalti riservati per determinati servizi»), e la recente giurisprudenza europea.

Ma si tratta di un vero e proprio canale di affidamento diretto? Da una lettura dell’art. 55 del Codice del Terzo Settore si evince come si tratti, invero, di modalità comparative informali e semplificate, ma pur sempre soggette al rispetto dei principi ex L. 241/1990 (l’art. 55 del CTS rinvia, infatti, proprio ai principi enucleati dalla legge sul procedimento amministrativo per lo svolgimento delle relative procedure). L’ambito oggettivo di applicazione perimetrato dall’art. 5 del CTS riguarda: 

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  • Prestazioni sanitarie
  • Salvaguardia e miglioramento ambiente 
  • Valorizzazione patrimonio culturale
  • Formazione universitaria e post-universitaria 
  • Ricerca scientifica 
  • Attività turistiche
  • Accoglienza umanitaria
  • Organizzazione e gestione di attività sportiva dilettantistiche.

Mentre la procedura selettiva è articolata, di norma, in una fase di co -programmazione ed una di co -progettazione. 

In particolare, a valle del dialogo tecnico scaturito dalla fase di programmazione condivisa, l’amministrazione procede con la nomina di un Responsabile del procedimento ai sensi dell’art. 6 L. 241/1990, con la comunicazione del codice CUP e la Pubblicazione adi un avviso contente almeno: Domanda di partecipazione; Schema di convenzione; Quadro economico e progettuale all’esito della fase di co-programmazione; Requisiti di ammissione e criteri di moralità per contrarre con la PA; Criteri di valutazione delle offerte tecnico-economiche).

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Non è sempre agevole distinguere i casi in cui è opportuno procedere con tali forme alternative a quelle procedurali e competitive previste dal Dlgs 36/2023. Anche su questi aspetti è intervenuta la giurisprudenza. Quest’ultima sottolinea come in una procedura di affidamento pubblico, sia fondamentale anzitutto che l’amministrazione predetermini criteri di selezione chiari, oggettivi e trasparenti. Tale predeterminazione risponde all’esigenza di garantire il rispetto dei principi di imparzialità e di par condicio, come previsto sia nel codice del terzo settore (che fa riferimento alla cornice normativa offerta dalla L. 241/1990) sia nel codice dei contratti pubblici. Solo con criteri stabiliti ex ante, infatti, si garantisce che la PA possa procedere, in una seconda fase, a una valutazione comparativa dei progetti pervenuti, riducendo il rischio di arbitrarietà e assicurando l’adesione ai principi di trasparenza e buon andamento della pubblica amministrazione (art. 97 Cost.). In mancanza di tali criteri predeterminati, la comparazione tra i candidati risulterebbe infatti compromessa, poiché verrebbe meno il fondamento oggettivo su cui basare l’analisi e la scelta del soggetto privato.

La distinzione tra le due metodologie non consta solo di una differenza strutturale – l’appalto ha natura competitiva, mentre la co-progettazione è di natura collaborativa/condivisa – ma anche su aspetti normativi che limitano l’applicazione di alcuni principi degli appalti alla co-progettazione. Tuttavia, in fase operativa, persistono significativi elementi di commistione tra i due modelli, quali l’assegnazione dei punteggi, la discrezionalità tecnica e il rispetto dei principi di trasparenza e parità di trattamento, che richiamano alcuni tratti tipici del regime regolamentato dalla contrattualistica pubblica. 

Le Sponsorizzazioni della Pubblica Amministrazione

Per concludere la disamina relativa alle operazioni di Partenariato Pubblico, chiudiamo con un breve cenno sulle Sponsorizzazioni che, per certi aspetti, rappresentano una delle molteplici forme speciali di “partenariato”.  Il Contratto di sponsorizzazione è qualificato nel nostro ordinamento come accordo atipico, oneroso, consensuale e a prestazioni corrispettive che trova una disciplina speciale all’interno del Codice dei contratti Pubblici quale modalità alternativa all’appalto per la realizzazione di lavori, servizi e fornitura di beni e attuativo del principio di autonomia contrattuale ex art. 8 del Dlgs 36/2023. Tale forma di partenariato prevede che un operatore economico, denominato “sponsor”, si ponga nei confronti della Pubblica Amministrazione (nelle vesti di sponsee per quanto riguarda le sponsorizzazioni passive) quale soggetto finanziatore di una specifica attività. Le sponsorizzazioni sono disciplinate dall’art. 174 co 4 del Dlgs 36/2023 con particolare riferimento al quadro normativo dedicato ai “beni culturali”.

Occorre precisare che il legislatore ha stabilito di annoverare tale tipologia di negozio tra i contratti “esclusi” e non “estranei” all’ambito di applicazione oggettiva del Codice. Ciò significa che, pur non essendo assoggettati alla disciplina comunitaria e nazionale sugli appalti pubblici – in quanto rientranti nella categoria dei contratti esclusi – per essi la PA è tenuta, comunque, a rispettare i principi di imparzialità, proporzionalità e par condicio, nonché i c.d. Super principi della materia (risultato, fiducia e accesso al mercato) stante il coordinamento tra l’art. 13 del Codice e i contratti a titolo gratuito che configurano un potenziale guadagno per l’operatore economico. Sotto il profilo formale, possiamo individuare due tipologie di sponsorizzazioni passive. Le sponsorizzazioni c.d. “pure” o di “puro finanziamento”, laddove l’operatore economico si obbliga a corrispondere unicamente una somma in denaro a fronte di controprestazioni pubblicitarie o ad accollarsi il pagamento relativo ai corrispettivi nell’ambito di un contratto d’appalto a carico della Stazione Appaltante.

Le sponsorizzazioni c.d. “tecniche” in cui è previsto che il soggetto privato si assuma l’onere di realizzare specifiche prestazioni come l’esecuzione di lavori, di servizi o la fornitura di beni, comunque sotto la supervisione della Stazione Appaltante per quanto concerne le “opportune prescrizioni in ordine alla progettazione, all’esecuzione delle opere o forniture e alla direzione lavori e collaudo degli stessi”. Vi è, infine, una terza tipologia che potremmo definire “mista”, in cui lo sponsor esegue una parte delle prestazioni unitamente all’erogazione di un finanziamento a copertura dei costi. La disciplina delle sponsorizzazioni, come anticipato, è ampiamente derogatoria rispetto a quella dei contratti pubblici. Non è richiesto, infatti, all’Amministrazione aggiudicatrice di attuare una gara d’appalto ai sensi del Dlgs 36/2023, essendo sufficiente l’avvio di una procedura comparativa nel rispetto dei principi sopra descritti.

Orbene, l’art. 19 del Codice (oggi 174) prevede che tale procedura selettiva-comparativa debba svolgersi, in caso di più offerte in competizione, limitatamente ai contratti di importo superiore ad euro 40.000. Al di sotto di tale soglia-nel silenzio del legislatore– sembrerebbe invece possibile una gestione ancor più semplificata, ad esempio tramite trattative individuali e in modalità asincrona, con i singoli operatori economici (un po’ quello che avviene con l’affidamento diretto c.d. puro). 

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