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Negli ultimi mesi dello scorso anno governo e parlamento sono stati impegnati nella discussione sul disegno di legge di bilancio. Al tema, e in particolare alle prospettive finanziarie dell’aiuto pubblico allo sviluppo italiano (Aps) nei prossimi anni, lo scorso dicembre abbiamo dedicato un approfondimento.
Dall’analisi sono emersi diversi elementi interessanti tra cui alcuni ricorrenti, come le ingenti risorse attribuite alla cooperazione ma destinate in realtà ai rifugiati nel paese donatore (circa il 28% del totale). Si tratta di un ambito importante, ma che tuttavia ha ben poco a che fare con veri progetti di cooperazione allo sviluppo.
Più in generale abbiamo riscontrato una leggera crescita degli stanziamenti per il 2025 (+6,7%), tuttavia con un calo significativo nel biennio successivo, portando le risorse della cooperazione sotto i livelli del 2023. Rispetto al disegno di legge di bilancio però la legge approvata ha ridotto ulteriormente gli importi a disposizione nel settore della cooperazione (-19,4 milioni di euro), il che ha fatto scendere le previsioni di crescita di 0,3 punti percentuali.
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Come lo scorso anno, per capire come il settore della cooperazione abbia interpretato questo passaggio e quali prospettive veda per il futuro abbiamo fatto alcune domande a Ivana Borsotto, presidente Focsiv e portavoce della Campagna 0,70, promossa da Aoi, Cini, Link 2007 e Focsiv con il patrocinio di Asvis, Forum Terzo Settore, Missio e Caritas.
Qual è la vostra valutazione sulla legge di bilancio e in particolare sulle risorse destinate alla cooperazione allo sviluppo?
Possiamo dire in termini di giudizio generale che nonostante le dichiarazioni del Governo – come certificato esplicitamente dall’OCSE sin dalle rilevazioni dei dati finali Aps 2023- esiste una tendenza molto preoccupante che colpisce proprio l’aiuto bilaterale diretto dall’Italia ai paesi in via sviluppo che con questa legge è a rischio di ulteriori diminuzioni. A ciò si sommano problemi di procedure sempre più farraginose per l’allocazione di risorse che danneggiano il potenziale e la capacità degli attori della cooperazione e della società civile.
Prima che il tempo scada irrimediabilmente, sarebbe ancora possibile e necessario fare delle scelte che almeno ci avvicinino agli obiettivi su piano della qualità e dell’efficacia dell’aiuto, sapendo che sono in gioco vita e destini di popoli e paesi, a partire dal continente africano che è fondamentale per noi e per l’intera Europa. Noi non rinunceremo a fare tutto quanto sarà possibile affinché l’Italia non manchi questo appuntamento e si rispettino impegni e promesse, troppo spesso disattesi alla prova dei fatti.
Malgrado una modesta crescita delle risorse nel 2025 gli stanziamenti per la cooperazione destinati ad alcuni ministeri chiave (esteri e ambiente) sono comunque in calo. A vostro parere le risorse a disposizione si sarebbero potute distribuire meglio?
A fronte del calo di risorse certificato dai numeri sarebbe stato necessario mettere a fuoco una strategia ed indicare delle priorità, pensando alla massima efficacia del loro uso e sostenendo queste scelte in modo coerente.
Facciamo un esempio. L’Africa e il Piano Mattei sono chiaramente la priorità per il governo, ma se poi non ci mettiamo in modo programmato risorse addizionali oltre a quelle disponibili, difficilmente saremo credibili. Il nostro tasso di allocazione delle risorse per i paesi Ldcs (least developed countries), tra quali molti africani, rimane inchiodata allo 0,06% quando le raccomandazioni Onu chiedono ai donatori lo 0,15 o lo 0,20%.
Inoltre, perché non redistribuiamo almeno parte di quanto allocato costantemente per i costi dei rifugiati a progetti e programmi in Africa, visto che nel 2024 gli arrivi in Italia sono diminuiti di circa il 60%? Ma al di là della stessa pur importantissima legge di bilancio appare chiaro che la possibilità di puntare ancora agli obiettivi dell’Agenda 2030, compreso lo 0,70% si lega ad una serie di questioni sistemiche che riguardano l’intero quadro della finanza per lo sviluppo e il cambiamento profondo dell’intera architettura finanziaria internazionale.
Fourth International Conference on Financing for Development
L’obiettivo 0,70 è stato riproposto anche in vista della Conferenza internazionale sul finanziamento dello sviluppo (FfD4) delle Nazioni unite. Quali sono le vostre aspettative rispetto a questa importante conferenza?
Alla luce di quanto sta accadendo negli Stati Uniti, con il blocco delle attività dell’Agenzia americana US Aid per la cooperazione, vorremmo che la Conferenza di Siviglia, che per quest’anno rappresenta il più importante appuntamento multilaterale dell’Onu, riaffermi il valore del multilateralismo.
D’altronde, senza un quadro multilaterale, la finanza per lo sviluppo, l’aiuto allo sviluppo e l’aiuto umanitario, attività essenziali per raggiungere gli obiettivi dell’Agenda 2030, non si possono affrontare. Obiettivi capitali, che se perseguiti nel presente ci consentiranno di avere un futuro comune. Il debito da sospendere o cancellare è oggi nuovamente un fardello che schiaccia la speranza assieme alle economie locali. Il valore della “corresponsabilità fiscale” è indispensabile per mobilitare le risorse locali in tutti i paesi, farle confluire in modo trasparente dove maggiori sono le necessità e evitare quella sottrazione di risorse che con l’elusione e l’evasione internazionale è pari a quatto volte l’aiuto globale.
Si tratta di temi ineludibili per battere povertà e disuguaglianze che solo un paziente multilateralismo e negoziazioni dove siano presenti le voci e gli interessi di tutti, può garantire in quadro di regole eque e condivise. Speriamo che a Siviglia si torni ad operare in questo modo.
La conferenza riconosce diversi attori per il raggiungimento dei suoi obiettivi, inclusa la società civile. Quale contributo può dare il mondo delle Ong e delle Osc alla definizione di nuove strategie per raggiungere gli obiettivi di sviluppo sostenibile delle Nazioni unite?
La società civile locale e internazionale esprime un radicamento ed una rappresentanza reale di chi ha aspirazioni, valori e legittimi interessi, ma è anche portatrice di competenze e soluzioni capaci di contribuire efficacemente a risolvere i problemi.
Guardiamo solo alle campagne che hanno risolto la crisi del debito del 2000 e favorito il lancio degli Obiettivi di sviluppo del millennio e la successiva Agenda 2030, o agli allarmi sul clima, alle esperienze del micro credito per battere la povertà, all’educazione e al ruolo delle donne come volano di trasformazione per lo sviluppo. Sono state le Ong a proporre alternative concrete e fattibili.
Credo – pensando molto anche a noi – che il multilateralismo con la partecipazione della società civile sia essenziale per la democrazia di tutti i paesi. Senza un legame forte con un sistema di regole internazionali solidali, la democrazia si indebolirebbe forse mortalmente. L’alternativa è la guerra di tutti contro tutti. Le Capitol Hill contro i poveri e i vulnerabili sono solo una buona premessa per nuove guerre.
L’articolo è stato redatto grazie al progetto “Cooperazione: mettiamola in Agenda!”, finanziato dell’Agenzia Italiana per la Cooperazione allo Sviluppo. Le opinioni espresse non sono di responsabilità dell’Agenzia.
Foto: Aics Niger (X)
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