Nella nota l’idea di preservare la relazione con il tycoon
Per rompere l’imbarazzato silenzio che durava da giorni e che molto ha fatto discutere, nelle opposizioni e anche dentro la maggioranza, Giorgia Meloni ha scelto la via più felpata possibile. La nota con cui Palazzo Chigi rende pubblica la telefonata con il canadese Justin Trudeau è stata soppesata parola per parola e limata anche nei punti e nelle virgole. Da quelle righe, che danno conto del colloquio con il primo ministro che ha preso il suo posto come presidente di turno del G7, traspare il tentativo di rinnovare il sostegno all’Ucraina, senza rischiare di deludere o urtare l’inquilino della Casa Bianca.
Non a caso il grande assente del comunicato stampa, cesellato dai diplomatici e dagli spin doctor di Palazzo Chigi, è Volodymyr Zelensky: il nome del presidente di Kiev, bollato da Donald Trump come «dittatore non eletto e comico modesto», non compare nemmeno una volta. Meloni non fa riferimento ai ceffoni del presidente degli Stati Uniti e dunque non lo difende in modo diretto come hanno fatto i capi di governo di Germania, Gran Bretagna, Repubblica Ceca, Danimarca e Norvegia, ma ribadisce come la priorità dell’Italia sia «raggiungere la pace», obiettivo che per lei tiene insieme l’Europa, l’Alleanza Atlantica e Kiev. E se oggi si parla di un possibile accordo, ricorda Meloni, è grazie al sostegno occidentale «insieme al coraggio e alla fermezza ucraina».
Nel merito, l’Italia resta saldamente dalla parte di Kiev. Ma i toni cauti e meno appassionati di un tempo rivelano lo sforzo di Meloni di mantenere un difficile (se non impossibile) equilibrio tra l’amicizia con Zelensky e il «rapporto speciale» con il tycoon di Washington. Uno sforzo che appare destinato a complicarsi ancora, dal momento che Trump pretende di riscrivere la storia sbianchettando dal testo G7, per il terzo anniversario della guerra, la definizione di «aggressione russa». Un termine su cui, dal 2022 in avanti, Meloni ha sempre calcato gli accenti. Il 24 febbraio del 2023 Meloni ammonì Putin in un video: «Un anno fa la federazione russa ha scioccato il mondo aggredendo l’Ucraina». Ma adesso, con Trump che alza il telefono e chiama Mosca, una formula simile appare un tabù.
Se lunedì 24 febbraio Ursula von der Leyen sarà a Kiev con Antonio Costa, la leader italiana non ci sarà. Convinta di non avere alternative all’agire «con pragmatismo» e «sotto traccia», non si collegherà con la videoconferenza del leader del G7 perché «perfettamente coincidente» con la visita di Stato a Roma del presidente degli Emirati Arabi, Bin Zayed.
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Raccontano che Palazzo Chigi abbia provato a far spostare di un’ora l’evento, ma l’agenda degli altri leader non lo avrebbe consentito. E non è nemmeno scontato che lunedì la premier farà una dichiarazione pubblica a sostegno dell’Ucraina, avendo «già» esternato con la nota di ieri. A rappresentare l’Italia a Kiev lunedì sarà Antonio Tajani, in video-collegamento. D’altronde è al ministro degli Esteri che la premier, la cui linea è «non commentare ogni singola uscita in questi giorni di intensa trattativa», ha affidato l’arduo compito di difendere Zelensky dalle bordate di Trump. «Ha usato parole dure, non è un linguaggio che ci appartiene», ha preso distanza il segretario di Forza Italia. Con lui e con l’altro vicepremier, Matteo Salvini, Meloni si è chiusa per un’ora a Palazzo Chigi. Un vertice a tutto campo, per mostrare che il governo non è diviso come appare, per chiedere maggiore cautela su Trump — a cui il leghista darebbe il Nobel — e per concordare la linea sugli stabilimenti balneari.
Lunedì a Washington atterrerà Emmanuel Macron, che in questa fase è per Meloni più un avversario che un alleato. La premier, convinta che «l’Europa deve dare un’idea di compattezza», pensa anche che «non avrebbe alcun senso fare la corsa per chi arriva primo alla Casa Bianca». Una nuova missione negli Usa, la terza del 2025, sembrava imminente. Due giorni fa «Giorgia» ha confidato a qualche esponente di governo la tentazione di parlare in presenza alla conferenza dei conservatori Cpac di Washington, ma ora lo staff assicura che la presidente non andrà. Si collegherà domani da remoto alle 19 italiane, prima dell’intervento di Trump. E si concentrerà sulle questioni valoriali che uniscono la «sua» destra e quella americana. Dio, Patria e famiglia, insomma. Parole d’ordine scandite ieri dal vice di Trump, J.D.Vance e rilanciate in un post dall’eurodeputato di Fdi Carlo Fidanza, vicepresidente di Ecr: «Noi amiamo la partnership transatlantica, ma deve fondarsi su valori comuni». Quali? «Se l’Europa non difende i suoi confini dall’immigrazione illegale e se censura la libertà di espressione, questi non sono valori comuni».
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