Il vestito a scacchi come quello di Arlecchino, ma bianco e rosso a richiamare i tipici colori degli ombrelloni sulle spiagge di Viareggio. Al petto il pompon bianco di Pierrot. Sulle spalle il mantello del dottor Balzone, nero come la notte e come l’inverno, perché un tempo i carri del Carnevale venivano fatti la sera dopo il lavoro quotidiano dai maestri calafati e dai marinai. La gorgiera come quella di Capitan Spaventa e il cappello come Rugantino. Quando l’artista Uberto Bonetti crea per la prima volta nell’estate del 1930 la maschera di Burlamacco, attinge a piene mani dai protagonisti della Commedia dell’Arte per dare un volto allegro e scanzonato al Carnevale di Viareggio, noto per essere uno dei più importanti in Italia e nel mondo, con oltre 150 anni di storia e più di 500mila spettatori per ogni edizione. La maschera di Burlamacco, il cui nome è a metà tra la burla e Buffalmacco, personaggio di Boccaccio, insieme alla figura di Ondina, una ragazza in tipico costume da bagno anni ’30, immagine di rappresentanza del turismo estivo locale, sono il simbolo di una città che ogni anno rinnova il suo appuntamento con la risata, lo scherzo e la satira attraverso la tradizione dei Corsi Mascherati, dove sfilano imponenti carri, preceduti da cortei di danze coreografiche.
Un trionfo di musica e colori che stupisce e incanta gli spettatori, riversati lungo i Viali a Mare di Viareggio per questo rito collettivo che “desacralizza il potere e dissacra il sacro”, per citare un saggio di Walter Veltroni tratto dal catalogo della mostra Secoli di satira. Dalle “bambocciate” ai bozzetti del Carnevale, quattro secoli di satira illustrata, visitabile fino all’11 maggio alla Galleria d’arte moderna e contemporanea di Viareggio. Ogni primavera la Fondazione Carnevale di Viareggio indice il bando di concorso per le costruzioni allegoriche. Sono quattro le categorie in gara: maschere isolate, mascherate di gruppo, carri di seconda categoria e carri di prima categoria, le cui figure sono tutte realizzate rigorosamente in cartapesta, secondo una tradizione che affonda le sue radici nel 1883, e animate all’interno da un sistema meccanico azionato dalla forza dei tanti costruttori che prendono parte al lavoro di realizzazione.
Com’è facile immaginare, si tratta di un’arte effimera dal momento che la costruzione dei nuovi carri, in estate, è sempre preceduta dalla demolizione di quelli precedenti. Un processo inevitabile a causa dell’enorme ingombro di queste opere d’arte mobili, che vengono ideate e realizzate nella famosa Cittadella di Viareggio, un insieme di hangar dove i “mastri carai” danno vita al “potente spettacolo” del Carnevale, irridendo il potere politico e quello religioso, esorcizzando la paura per i social e per la tecnologica, ammonendo sui disastri ambientali che minacciano il Pianeta e invocando messaggi di pace.
Ognuno porta in scena un messaggio che parla al cuore degli spettatori, ma anche alla pancia. E proprio il rapporto con il cibo resta la cifra di questa festa, che anticipa la Quaresima — come suggerisce il nome che deriva dalla locuzione latina “carnem levare”, letteralmente “privarsi della carne” — e offre l’occasione per degustare i dolci tipici della stagione, dalle chiacchiere alle frittelle ripiene alle castagnole. Tra costumi, coriandoli, stelle filanti e dolcetti, divertimento assicurato per i più piccoli con il tradizionale gioco della pentolaccia o pignatta con tanti golosi premi, una delle attività di intrattenimento organizzate all’interno dello stand Kinder, a ingresso libero lungo la passeggiata di Viareggio, a pochi passi dalla Fontana delle quattro stagioni. Il brand, che da sette anni collabora con la Fondazione del Carnevale di Viareggio, animerà le giornate dei festeggiamenti di sabato 22 febbraio, giovedì 27 febbraio, domenica 2 marzo e martedì 4 marzo. Un’occasione in più per riconnettersi con le tradizioni di una città che con orgoglio porta in scena lo spettacolo di un mondo alla rovescia.
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