Storia del sudafricano Elon Musk che da giovane sosteneva l’apartheid e aveva simpatie suprematiste

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Per Africa ExPress
Alessandra Fava
14 febbraio 2025

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Su Elon Musk in qualità di braccio destro del neo-presidente americano Donald Trump abbiamo letto di tutto: che consuma ketamina, che ha alti e bassi, che non ha accettato la transizione di una delle figlie Vivian Jenna Wilson (oggi marxista), che ha 11 figli ma ne ha procreati almeno dodici (uno è morto) e come sta cercando di sovvertire la democrazia statunitense.

Una cronista che lo segue da tempo dice che “si tratta del 15enne più geniale che ci sia in giro”, che vuole sempre vincere e che si sente il salvatore del mondo.

Saluto nazista

Secondo il giornalista britannico Chris McGreal, che è stato corrispondente dal Sudafrica per The Guardian durante gli anni dell’apartheid fino al 2001 ed è ancora una firma del giornale inglese, il saluto nazista all’insediamento del neopresidente degli Usa a gennaio scorso è da prendere sul serio.

McGreal ricostruisce una biografia molto approfondita rispetto al brodo di cultura di cui si è cibato Musk nella sua infanzia e adolescenza e ricollega molto del suo pensiero al suprematismo bianco e razzista dell’apatheid. https://www.democracynow.org/2025/2/11/elon_musk_was_raised_under_racist?jwsource=em

I suoi recenti articoli su The Guardian:

https://www.theguardian.com/us-news/ng-interactive/2025/feb/08/elon-musk-politics-doge

https://www.theguardian.com/technology/2025/jan/26/elon-musk-peter-thiel-apartheid-south-africa

Musk nasce a Johannesburg nel 1971. Suo nonno Vivian Jenna Wilson era arrivato nel Paese nel 1950.

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Leggi razziste

Oggi Musk dice che in Sud Africa i bianchi sono vittime “di leggi razziste sulla proprietà privata”, negando quindi che durante gli anni dell’apartheid, mentre Mandela e altri leader dell’ANC erano sepolti nelle prigioni, il 10 per cento dei bianchi possedeva l’85 per cento delle terre.

“Negli Stati Uniti i media non hanno avuto abbastanza attenzione all’infanzia e adolescenza sudafricane di Musk, che finora era un uomo d’affari e fine. Ora che lui e altri sono entrati in politica, la loro vita è sotto i riflettori – dice Chris McGreal al telefono con  Africa ExPress – La gente che non ha vissuto quell’epoca o non conosce a fondo il Sudafrica non riesce a immaginare come i bianchi di lingua inglese, che possedevano e gestivano l’economia del Paese, fossero immersi in un’ideologia totalizzante ed è quella in cui è cresciuto Musk”.

“Non penso che tutte le sue scelte odierne risalgano a quel periodo – continua il giornalista – ma ritrovo nello stile, nel linguaggio, nel fraseggio usati, riferimenti e risonanze con quel concetto totalitario di supremazia bianca, di priorità bianca, che non sono state esclusiva del Sudafrica, ma certamente si rifanno a quel periodo”.

Musk avrebbe ispirato uno degli ordini esecutivi con cui Trump sta bersagliando le istituzioni statunitensi volto a tagliare gli aiuti al Sudafrica. E consente a Trump di accusare il governo sudafricano, appunto, di dare la caccia ai bianchi.

Dietro ci sarebbe il progetto di Starlink in Sudafrica. Musk da tempo vuole vendergli la connessione satellitare. Sembra che il governo gli abbia chiesto in cambio di collegare gratuitamente scuole e stazioni di polizia. Ma secondo indiscrezioni pare che Elon Musk abbia deciso di non investire più nel Paese per non creare precedenti di ‘regalie’ al governo di turno. Da ciò sarebbe scattata la sua “vendetta’”.

 

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Tornando a nonno Joshua, arriva in Sudafrica proprio quanto le leggi sull’apartheid divengono più aggressive: i neri non possono lavorare in certi settori e in certi posti, scattano divieti di movimento e vengono strettamente controllati, perquisiti e arrestati. Si  formano ghetti di neri, le township. Già il Land Act del 1913 aveva strappato molte terre alle popolazioni native.

Milizia neonazista

Quando nasce Elon, il primo ministero è John Vorster, prima membro della milizia neonazista OB, che era legata all’estrema destra tedesca e si ispirava al nazismo. OB è l’abbreviazione della parola afrikener Ossewabrandwag che vuol dire “sentinella del carro trainato dai buoi” e ha perseguitato anche gli ebrei a Johannesburg negli anni Trenta.

La seconda guerra mondiale vede il Sudafrica accanto alla Gran Bretagna, ma le simpatie di OB restano verso i nazisti. Addirittura durante il conflitto questo grupposcolo tenta di uccidere un primo ministero, Jan Smuts, ma il piano viene scoperto.

Nel 1942 John Vorster, già in politica, fa un bel discorso collegando il nazionalismo cristiano sudafricano con il nazismo in Germania e il fascismo in Italia.

Quindi, dice Chris McGreal, Elon Musk è cresciuto in questa cultura di nazionalismo cristiano, odio per i neri, passione per la ricchezza derivante dalla segregazione razziale.

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Miniere di smeraldi

A far fortuna in Sudafrica è il padre di Musk, Errol, che investe in miniere di smeraldi in Zambia. Quando i suoi genitori si separano, Elon ha fatto una vita di discreto lusso, dice di aver ereditato dal padre uno yacht, un jet e diversi immobili.

Il nonno muore, ma la nonna Maye gli sopravvive a lungo, anche lei era una sostenitrice dell’apartheid. “La coppia dei nonni condivideva queste idee politiche razziste – commenta ancora McGreal per Africa Express – Mentre della madre di Musk non sappiamo molto”.

Secondo la ricostruzione del giornalista del Guardian, il nonno Joshua quando viveva in Canada appoggiava un movimento chiamato Technocracy Incorporated che sognava di sradicare la democrazia negli Usa e in Canada, ed eleggere al potere uomini di affari per governare una federazione tra i due Paese. Una teoria che assomiglia parecchio al trumpismo attuale.

Camicie nere

Negli anni Trenta in Canada il movimento di nonno Joshua si era avvicinato al Nazismo e vestiva camicie nere. Allo scoppio della guerra, nel 1939, il Canada si schiera con la Gran Bretagna, il movimento viene vietato e il nonno viene arrestato anche perché gli vengono trovati documenti che inneggiano al nazismo.

Resta in prigione alcuni mesi. Una volta liberato nonno Joshua si trasferisce in Sudafrica dove con l’apartheid potrebbero realizzarsi i suoi piani di sovvertire lo Stato e mettere a governare i ricchi.

Ma il brodo di coltura si arricchisce con alcuni personaggi chiave, amici di Elon. Come Peter Thiel, membro di quella che McGreal chiama “la mafia di PayPal”. Thiel inizialmente vive a Swakomund (Namibia) perché suo padre possiede una miniera di uranio li vicino.

Ancora negli anni Ottanta Swakopmund era famosa perché ci vivevano simpatizzanti di Hitler e del nazismo. Un reporter del The New York Times a metà degli anni Settanta diceva di essere stato salutato col saluto nazista da un benzinaio che aveva anche detto “Heil Hitler”. A maggio veniva celebrato il compleanno di Hitler e Thiel frequentava una scuola tedesca.

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Cimeli nazisti

Solo una decina di anni fa, noi di Africa ExPress abbiamo potuto constatare a Swakopmund l’esistenza di negozi in cui si potevano acquistare memorabilia nazisti: teste grandi e piccole di Hitler con tanto di baffetti, medaglie con le croci uncinate, elmetti dell’esercito del Terzo Reich e cimeli del genere.

Negli anni Settanta l’uranio veniva comprato dal Sudafrica per sviluppare la bomba atomica in collaborazione con Israele. Il Sudafrica ringraziava lo stato ebraico inviando navi cariche di yellow cake, il prodotto finale dei processi di concentrazione e purificazione dei minerali che contengono uranio, grazie al quale Tel Aviv è riuscito a costruire il suo ordigno nucleare.

Spinta libertaria

Quell’uranio – ricostruisce McGreal – poteva arrivare proprio dalle miniere del padre di Thiel o da altre della zona. Comunque pian piano sia Thiel che Musk junior si avvicinano alle posizioni della comunità sudafricana anglofona, che apparentemente, a differenza degli afrikaner, si oppone all’apartheid, anche se, alla fine gode come gli altri dei privilegi della divisione societaria. “Di fatto i bianchi sfruttavano i neri e si arricchivano alle loro spalle”, racconta McGreal.

Sud Africa – Apartheid i luoghi vietati ai neri

Quindi la spinta libertaria, anti-governativa, la voglia di esplorare nuovi territori, potrebbe arrivare a Elon da quella fase. Thiel e Musk poi fonderanno PayPal insieme. Il terzo socio era David Sacks che nasce a Cape Town e a cinque anni viene portato nel Tennessee.

E proprio Sacks oggi esce fuori ora come il mago della cripto di Trump, dopo essersi occupato della raccolta dei fondi di Trump durante la campagna elettorale.

Il quarto socio

Il quarto socio è Roelof Botha, nipote di Pik Botha, l’ultimo ministro degli esteri del regime dell’apartheid in Sudafrica. Botha di fatto andava in giro per il mondo, anche da Reagan, a predicare che l’apartheid era finito, quando i neri continuavano a non avere gli stessi diritti e le istituzioni nazionali continuavano ad essere bianche.

Comunque quando la lotta dei neri acquista maggior forza e la rivolta delle township come Soweto si rafforza, Elon a 18 anni, giusto l’età del servizio militare, lascia il Paese. All’epoca aveva una società di credito online chiamata X.com.

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E così arriviamo ai giorni scorsi, in cui Trump decide di cancellare gli aiuti statunitensi al Sudafrica e ospitare i bianchi che siano vittime di discriminazione razziale. Sembra una bella vendetta per l’affaire Starlink andato male in Sud Africa. Ma sopratutto dall’ultimo articolo di McGreal (14 febbraio) hanno pesato le attività di lobby negli Usa dei bianchi afrikaner di AfriForum e Africaner Foundation.

Nonostante i bianchi (7 per cento della popolazione) continuino ad avere oggi il 70 per cento delle terre, questi afrikaner sostengono che il governo sudafricano confischi terre e perseguiti alcuni “perché troppo bianchi” e che quindi in Sudafrica “ci siano regole strettamente legate alla razza”. Parole che risuonano anche in dichiarazioni dello stesso presidente degli Usa Donald Trump.

https://www.theguardian.com/us-news/2025/feb/14/trump-musk-south-africa-afriforum

“Non penso che c’entri anche il processo per genocidio contro Israele portato alla Corte Internazionale proprio dal Sudafrica – conclude McGreal -. Certo ci sono molti nell’amministrazione Usa che sono contro il processo per genocidio. Però penso che a Musk non importi niente della Corte. Piuttosto gli attacchi al Sud Africa, come ho detto, fanno emergere il brodo di cultura della sua infanzia, il concetto di razza bianca, l’idea secondo cui qualcuno ha diritto a sfruttare manodopera meno acculturata”.

 

Alessandra Fava
alessandrafava2015@libero.it
©️ RIPRODUZIONE RISERVATA

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