Il governo di Javier Milei ha evitato per un soffio una grave battuta d’arresto politica, quando giovedì 20 febbraio il Senato argentino non è riuscito ad approvare la creazione di una commissione d’inchiesta per indagare sulla sua presunta responsabilità nello scandalo delle criptovalute, noto come Cryptogate. Con 47 voti a favore, uno in meno del necessario, la proposta non è passata, ma il caso continua a pesare sull’amministrazione del presidente ultraliberale.
Il caso $Libra e l’accusa di frode
Tutto ha avuto inizio il 14 febbraio, quando Javier Milei ha pubblicato sul suo profilo ufficiale su X (ex Twitter) un post promozionale sulla criptovaluta $Libra, una cosiddetta “memecoin”, ovvero un asset finanziario digitale il cui valore dipende dalle tendenze online. Dopo l’intervento del presidente, il prezzo della criptovaluta è salito vertiginosamente, per poi crollare improvvisamente, causando perdite significative per migliaia di investitori.
Le accuse mosse contro Milei sono gravi: si ipotizza che il presidente abbia partecipato a un classico schema di “rug pull”, una truffa tipica del mondo delle criptovalute, in cui i creatori gonfiano artificialmente il valore di un asset per poi liquidarlo, lasciando gli investitori con perdite ingenti. Il sospetto è rafforzato dal fatto che Milei aveva incontrato i creatori di $Libra alla Casa Rosada e aveva pubblicato foto con loro.
Uno di questi creatori avrebbe persino dichiarato di “controllare il governo di Milei” attraverso pagamenti diretti a Karina Milei, sorella del presidente e sua stretta collaboratrice. Questa rivelazione, diffusa dal quotidiano argentino La Nación, ha aggravato ulteriormente il quadro.
La reazione del governo
Di fronte al montare dello scandalo, il presidente ha inizialmente cercato di minimizzare la vicenda, sostenendo di non aver avuto tutti i dettagli sulla criptovaluta e di averla semplicemente menzionata, senza promuoverla attivamente. Tuttavia, Milei ha rapidamente cancellato il post dopo che sono emersi i primi sospetti di frode.
La controversia si è intensificata quando si è scoperto che una parte di un’intervista televisiva rilasciata dal presidente era stata censurata su richiesta di Santiago Caputo, uno dei suoi principali consiglieri.
Nel tentativo di arginare le accuse, il governo ha annunciato la creazione di un ufficio anticorruzione interno, una mossa che però è stata fortemente criticata dall’opposizione, secondo cui un’indagine condotta dallo stesso esecutivo mancherebbe di indipendenza e trasparenza.
Il Senato boccia la commissione d’inchiesta
L’opposizione ha cercato di istituire una commissione speciale composta da 17 senatori, con il compito di indagare per sei mesi sulla vicenda $Libra, con il potere di convocare testimoni, acquisire documenti e richiedere informazioni alle agenzie governative. La relazione finale della commissione avrebbe potuto persino portare a una denuncia in tribunale contro Milei.
Tuttavia, il governo è riuscito a evitare questo scenario per un solo voto: 47 senatori si sono espressi a favore della creazione della commissione, ma ne sarebbero serviti 48. Al posto di un’indagine approfondita, il Senato ha optato per una richiesta formale di spiegazioni all’esecutivo.
Un’altra proposta per convocare Milei e sua sorella Karina a testimoniare in Senato è stata anch’essa respinta, limitando così la portata delle indagini parlamentari.
Effetti sull’opinione pubblica
Il Cryptogate sta già lasciando il segno sulla popolarità di Milei. Un sondaggio della società di consulenza CB, condotto su un campione di 1.125 argentini, ha rivelato che:
• 49% degli intervistati ritiene che la promozione di $Libra sia stata un’azione deliberata e non un errore involontario.
• 77% crede che la giustizia debba indagare a fondo sul rapporto tra Milei e i creatori della criptovaluta.
• 72,8% pensa che la fiducia nel presidente sia stata compromessa.
Tuttavia, la base elettorale di Milei sembra rimanere relativamente compatta: solo il 10% dei suoi elettori ha dichiarato di sentirsi tradito dallo scandalo.
Le conseguenze politiche
Mentre lo scandalo continua a crescere, Milei ha scelto di lasciare il paese, volando negli Stati Uniti per incontrare imprenditori e discutere un nuovo accordo con il Fondo Monetario Internazionale (FMI). La strategia sembra chiara: distogliere l’attenzione dai problemi interni per concentrarsi su questioni economiche e diplomatiche.
Ma il Cryptogate rischia di trasformarsi nella più grave crisi del suo governo. Se nuove prove emergessero, potrebbe essere difficile per Milei continuare a evitare un’indagine formale. L’opposizione, rafforzata dal clamore pubblico, potrebbe presto riprovare a portare la questione davanti alla giustizia.
Il destino politico di Milei, e della sua amministrazione ultraliberale, potrebbe quindi dipendere dall’evolversi di questo scandalo, che ha già incrinato l’immagine del presidente a livello nazionale e internazionale.
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