L’autostrada azzurra
Affollato convegno di Confartigianato a San Benedetto Po sul sistema idroviario del nord Italia. Da Kuehne+Nagel a Fagioli Group, dalle Regioni Lombardia e Veneto al Comune di Mantova. «Per vincere la scommessa servono 230 milioni per alzare il ponte di Arquà e meno intoppi burocratici»
È certo: il sistema idroviario del Nord Italia è strategico sia per il sistema economico che per il turismo. Le imprese e la politica sono alleati in una battaglia comune: sfruttare a pieno le potenzialità della navigazione interna e per vincere la sfida chiedono che diventi un tema nazionale con un impegno del governo in risorse e meno vincoli burocratici. Questo il filo conduttore del convegno organizzato ieri da Confartigianato a San Benedetto. «A Roma sanno ben poco di fiumi, ma la navigazione interna è di competenza nazionale. Non riguarda solo le Regioni». Questo è il primo limite, secondo Elisa De Berti, vicepresidente di Regione Veneto e assessore ai trasporti, a quelle potenzialità che rimangono in parte inutilizzate. E poi i ponti. Alcuni troppo bassi perché le chiatte possano trasportare la terza fila di container, rendendo remunerativo e competitivo il trasporto fluviale. Come i ponti di Zelo e di Arquà sul Fissero Tartaro Canalbianco: i progetti di innalzamento esistono, ma i finanziamenti al momento non bastano.
Per il ponte ferroviario di Arquà, Infrastrutture Venete ha già investito 33 milioni di euro con quote della Provincia di Mantova, ma il costo complessivo è di 230 milioni. Quello dell’altezza insufficiente per il passaggio delle chiatte è un problema con cui si è scontrata l’azienda Kuehne+Nagel che gestisce a Valdaro il maxi polo logistico Adidas. «In Germania sfruttiamo largamente il trasporto via fiume – spiega Michele Delli Gatti di Kuehne+Nagel – le chiatte hanno un impatto ambientale ridotto. Avevamo progettato di farlo anche per il polo Adidas, ma abbiamo dovuto rinunciare. Se le chiatte non possono essere riempite al massimo della capienza non vale la pena. Abbiamo quindi costruito un modello ferroviario da Genova a Valdaro. Anche il trasporto ferroviario riduce l’impatto ambientale: impiega un quarto di anidride carbonica rispetto al trasporto su gomma».
I vantaggi del trasporto merci via acqua
I vantaggi del trasporto merci via acqua sono innumerevoli. «Sul Fissero Tartaro Canalbianco la navigabilità è assicurata tutto l’anno – sottolinea Nicola Pascal di Propeller club, un’associazione che promuove l’incontro tra persone che gravitano nei trasporti marittimi, terrestri e aerei – e questo porta ad avere tempi certi di navigazione. I percorsi sono più efficienti e si riducono quindi i tempi di percorrenza. Infine il minore impatto ambientale con una riduzione delle emissioni di anidride carbonica».
Sfruttare l’idrovia significa anche evitare, almeno in parte, i problemi legati alle infrastrutture stradali. A sostenerlo è Moreno Massetti, di Fagioli Group, azienda che da cinquant’anni si occupa di trasporti eccezionali via acqua. «Le infrastrutture spesso sono vecchie, capitano incidenti come quello del ponte Morandi e con l’entrata in vigore delle nuove linee guida per la valutazione della sicurezza delle infrastrutture sarà un bel problema per la manifattura lombardo-veneta. Un’intera economia rischia di non avere più accesso all’export. Ci sono già aziende che vogliono delocalizzare. La risposta a questo problema è la via del mare. Creare un corridoio dal mare al porto di Valdaro».
Valdaro: pianificare nuove aree
«Investire nel sistema delle vie d’acqua significa avere flussi economici che si parlano – sostiene Andrea Murari, assessore alla pianificazione territoriale di Mantova – e dieci anni fa mai avrei pensato che oggi ci saremmo trovati qua a parlare delle potenzialità di quest’area. Allora era un deserto, il sistema produttivo era in crisi e Regione Lombardia era lontana dal concetto di idrovia. Ora noi dobbiamo essere affamati, perché dobbiamo tenere a mente da dove siamo partiti: da un territorio povero. La fiammella di speranza che abbiamo in questo momento deve diventare un fuoco che divampa. La crescita del porto di Valdaro è strettamente legata allo sviluppo di tutta la provincia».
«Oggi abbiamo un’urgenza da affrontare. Nella perfettibilità delle nostre infrastrutture, che devono essere migliorate e che certamente devono puntare di più sull’acqua, già oggi abbiamo un potenziale che mai avremmo pensato di avere – scandisce l’assessore – Oggi noi mandiamo via le aziende. Abbiamo la fila di investitori che chiedono di potersi insediare e noi dobbiamo rispondere che non abbiamo più neanche un metro di terra a disposizione. Allora oggi, non domani, l’urgenza è pianificare nuove aree. Lo stiamo facendo, ma abbiamo bisogno del supporto di Regione Lombardia perché strutturalmente abbiamo bisogno di strumenti che non sono quelli della burocrazia normale. Se si vogliono trasformare in poco tempo milioni di metri quadrati di aree collegati ad acqua, ferrovia e strada c’è bisogno di muoversi in deroga con strumenti di pianificazione che non possono essere quelli normali, perché è straordinario quello che si vuole fare».
Il turismo fluviale
Se le idrovie devono essere sfruttate a pieno per il trasporto delle merci, allo stesso modo le vie fluviali hanno grandi potenzialità anche per il settore del turismo. In Lombardia soprattutto, una regione che insieme a tutto il Nord Est è una destinazione privilegiata per i tedeschi «che preferiscono un turismo lento, sostenibile che valorizzi l’ambiente – spiega Alessandro Marino, segretario generale Italcam, Camera di commercio italo-tedesca – in Germania il turismo fluviale coinvolge 700mila persone l’anno con un fatturato da due miliardi di euro. Con questo tipo di turismo si valorizzano le città lungo i fiumi».
E quest’ultimo punto trova d’accordo anche Barbara Mazzali, assessore al turismo di Regione Lombardia. «Riuscire a sfruttare i nostri corsi d’acqua significa far arrivare l’economia in zone dove difficilmente le persone andrebbero. Il turista in Lombardia è ultraspendente e non vuole più soggiornare nelle grandi città. Ha voglia di entrare in contatto con le persone del posto e vuole portare a casa un pezzetto del famoso Made in Italy. Il turista non vuole più fare shopping in via Montenapoleone a Milano perché quello che compra lì può comprarlo anche a Dubai».
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