�Nel paesino in cui sono cresciuta, �lvsbyn, 800 abitanti in Lapponia, non c’era tanto da fare quando ero ragazzina: niente discoteche, locali… il sabato sera stavo a casa a cucinare�. Comincia cos� il racconto di Amanda Eriksson, classe 1985, ospite della semifinale di MasterChef 14 e soprattutto detentrice di due record: prima chef donna stellata in Val d’Aosta, e prima chef stellata in assoluto a Breuil-Cervinia. Ottenere un riconoscimento del genere a duemila metri di quota, facendo una cucina che parte dalle sue origini scandinave, passa dall’Italia e arriva all’Oriente, non � stata un’impresa facile. �Il bello � che non � mai stato quello l’obiettivo: io e mio marito Cristian (Scalco, sommelier e responsabile di sala, ndr) abbiamo aperto il “Wood Restaurant” nel 2013 come progetto di coppia. Volevamo semplicemente fare qualcosa di nostro, non avremmo mai immaginato di arrivare qui. Siamo figli di due famiglie di operai, � tutto oltre le nostre aspettative�.
Eriksson, com’� stata l’esperienza di MasterChef?
�Una sorpresa: quando mi hanno chiamato dalla produzione non ci credevo. Poi abbiamo fatto diversi provini video, e alla fine � andata. Un’esperienza molto divertente�.
Come si � trovata con i giudici? E che cosa ha pensato dei concorrenti?
�I giudici sono diversissimi tra loro, mi sono trovata bene con tutti. Locatelli � stato il primo ad accogliermi, molto gentile. Barbieri � un robot sulla parte tecnica, sa tutto. Cannavacciuolo � esattamente come lo vedi in tv: ha un grande amore per la cucina e per le persone. I concorrenti li ho trovati determinati, nessuno voleva mollare. Si vede che sono cuochi amatoriali, sono all’inizio del loro percorso, ma ci hanno messo tanto impegno. La mia preferita � stata Anna: gran bella mano, e un carattere gentile ma risoluto. Perfetto per essere una leader�.
A proposito, pensa che ci siano abbastanza donne nelle cucine dei ristoranti?
�Non ancora, sono troppo poche e meno “viste”, meno considerate degli uomini. Mi hanno accusato in passato di aver parlato delle donne chef come se fossero delle vittime: non penso che lo siano, ma penso che nelle cucine professionali vengano ancora giudicate molto pi� degli uomini, perch� purtroppo c’� ancora l’idea che possano essere meno brave, meno adatte a questo lavoro, e pi� deboli. Nulla di questo � vero�.
Cosa direbbe a una ragazza che vuole fare il suo mestiere?
�Di farlo, di buttarsi, di non voler essere come i colleghi maschi ma di essere se stessa, di far sentire la propria voce. Ai miei tempi una ragazza doveva essere sempre seria il doppio di un ragazzo per essere trattata da professionista, la “giocosit�” e la goliardia non erano terreno femminile. Vorrei che non ci fossero pi� queste differenze�.
E come la mette con il bilanciamento tra lavoro e famiglia, purtroppo spesso molto pi� in carico alle donne e tra le principali ragioni per cui ci sono poche chef?
�Io sono chef patron, ho lavorato sempre da incinta (Eriksson ha due figli, ndr) e a una settimana dal parto ero in cucina. Mi rendo conto che per una dipendente questo non sia sostenibile, ma dall’altra parte le donne devono poter contare sui propri partner: anche un pap� pu� stare a casa con i bambini. Ci� detto, credo che tutto il sistema della ristorazione debba mettere le donne, ma in generale i giovani, nelle condizioni di riappassionarsi a questo mestiere. Come? Con stipendi buoni, turni giusti, tutele. Purtroppo i ragazzi oggi non vogliono fare questo lavoro, e invece � un gran bel lavoro. Ma per renderlo sostenibile serve l’aiuto della politica�.
Ha problemi a trovare personale?
�Noi siamo un ristorante stagionale, siamo aperti da novembre a maggio. Il personale cambia tantissimo. Non � facile costruire una brigata cos�, ma qualcuno che resta c’�. L’unica cosa che noto � che i ragazzi pi� giovani mi chiedono subito turni, orari e giorni liberi. Io non chiedevo nulla: hanno ragione loro, conoscono bene i loro diritti�.
Come ha iniziato il suo percorso da chef?
�Totalmente per caso: in Svezia ho frequentato un scuola d’arte, volevo occuparmi di design e arredamento. Poi sono venuta a Cervinia nel 2004 per lavorare come cameriera allo “Chalet Etoile”, un ristorante gestito da una svedese, la chef Ulla, e da suo marito, italiano. Era stata una mia amica a trovarmi il contatto. Sono tornata l’anno successivo, mi hanno spostato in cucina: mi � piaciuto molto. Sempre quell’anno ho incontrato Cristian, oggi mio marito, che lavorava sulle piste da sci, e da allora non ci siamo pi� lasciati. Sono tornata in Svezia solo un anno, nel 2008, per frequentare la scuola di cucina di Helsingborg. Poi ho viaggiato: dal “Fat Duck” di Heston Blumenthal a San Francisco e Hong Kong, ho cominciato ad appassionarmi alla cucina orientale. Nel 2013 stavamo decidendo di andare a Varese, dove Cristian ha la famiglia, e invece si � liberato il locale in cui oggi sorge “Wood”. Era un segno, lo abbiamo colto: siamo rimasti e abbiamo aperto il nostro posto�.
Com’era “Wood” all’inizio?
�Avevamo 40 coperti, che dopo il Covid abbiamo dimezzato, ora sono 22. Anche la mia cucina � cambiata dopo la pandemia: ho capito che per essere credibile come chef dovevo metterci pi� di me, della mia storia nei piatti. Una persona che viene a trovarmi deve trovare la ragione dell’impegno di tempo e di soldi che ci ha messo. Prima facevo una cucina italiana classica, un po’ creativa. Oggi punto tantissimo su piatti che “spingano”: cerco il gusto umami, ma anche qualche nota di amaro e di acido. Porto dalla Lapponia la carne di renna e di alce, bacche, mirtilli, mirtilli rossi, un frutto chiamato oro della Svezia (un lampone giallo con il gusto del vino Sauterne), funghi… A queste materie prime unisco ingredienti italiani, spezie, affumicature, tecniche giapponesi. Mi diverto molto�.
La stella ha cambiato qualcosa nel suo lavoro?
�Quando ho avuto la notizia mi � venuto un po’ il panico, mi sono sentita pi� pressione addosso, ma il primo consiglio che mi hanno dato � di continuare a lavorare come facevo prima. Lo sto seguendo�.
�Da tutto il mondo. Da noi c’� molto turismo, e la stella mi ha portato una clientela gourmet: ma la cosa bella � che abbiamo anche clienti che ci seguono dal primo giorno�.
Un sogno per il futuro?
�Abbiamo preso un cottage in Svezia io e mio marito… magari un giorno ci apriremo un ristorante per la stagione estiva, mai dire mai… anche se non tornerei a vivere definitivamente in Lapponia�.
Sente di aver rinunciato a molto per questo lavoro?
�Non avrei fatto nulla di diverso, i miei figli sono cresciuti con noi, e poi abbiamo sei mesi all’anno per recuperare il tempo non passato insieme. Sa chi � il mio peggior critico? Mio figlio grande, Olliver, 8 anni: ha un palato pazzesco e ha gi� deciso che da grande far� l’ispettore per qualche guida. Niccol�, 5 anni, � ancora troppo piccolo�.
C’� qualcosa che le fa paura?
�Finire le idee… ma non credo sia possibile, tutto pu� essere ispirazione�.
***** l’articolo pubblicato è ritenuto affidabile e di qualità*****
Visita il sito e gli articoli pubblicati cliccando sul seguente link