La giurisprudenza ha da tempo sposato un orientamento che si può considerare consolidato, in forza del quale un avviso bonario, emesso a seguito di una liquidazione da controllo automatico o formale, risulta essere un atto impugnabile facoltativamente (Cass., ordinanza n. 3466/2021).
Tuttavia, l’impugnazione tempestiva di un avviso bonario, antecedentemente alla notifica della cartella di pagamento, rappresenta una scelta che, in molti casi, si potrebbe rivelare non perfettamente meditata.
La recente ordinanza n. 2092/2025 della Corte Suprema costituisce una conferma di quanto appena sostenuto in quanto, a parere del Collegio di legittimità, il ricorso depositato avverso un avviso bonario non costituisce un impedimento (per l’Agenzia delle entrate- Riscossione) alla notifica della cartella di pagamento, mentre il ricorso del contribuente avverso la successiva cartella di pagamento rende inammissibile l’antecedente impugnazione avverso l’avviso bonario, in conseguenza della sopravvenuta carenza di interesse alla prosecuzione del giudizio.
La Suprema Corte, ribadendo il concetto che l’avviso bonario costituisce un atto impugnabile facoltativamente, ha stabilito (punto 1.17) che tutto questo «non comporta che, una volta impugnato un simile atto, l’Amministrazione finanziaria non possa, se non dopo la definizione del relativo giudizio in senso ad essa favorevole, iscrivere a ruolo le somme che risultano dovute a seguito dell’attività di controllo formale e far notificare al contribuente la cartella di pagamento».
Anche se il passaggio «se non dopo la definizione…» suscita qualche interrogativo, si conferma che il Collegio di legittimità ritiene che Agenzia delle entrate- Riscossione abbia comunque il diritto di notificare una cartella di pagamento al soggetto “debitore” pure in pendenza di giudizio relativo all’avviso bonario.
In ogni caso, è opportuno ribadire che la cartella di pagamento deve essere comunque notificata entro i termini decadenziali, a meno che risulti formato un giudicato sul merito della pretesa relativa al contenzioso avverso l’avviso bonario.
Come è noto, l’avviso bonario non rappresenta un atto presupposto nel senso letterale del termine e, pertanto, l’Amministrazione finanziaria, che da molto tempo ritiene gli avvisi bonari “atti non impugnabili” (ex multis risoluzione n. 110/E del 22 ottobre 2010), ha sostenuto che «gli Uffici dell’Agenzia si asterranno dal chiedere l’inammissibilità del ricorso contro il ruolo per mancata impugnazione dell’avviso bonario» (comunicato stampa del 23/05/2012 n. 67 dell’Agenzia delle Entrate).
Di conseguenza, nel caso in cui un contribuente decidesse di non impugnare un avviso bonario, il ricorso avverso la cartella non verrebbe – ovviamente – assoggettato ad alcuna limitazione in merito al diritto alla difesa.
Se, nel caso opposto, lo stesso contribuente dovesse decidere di impugnare l’avviso bonario, oltre a dover contrastare l’eventuale eccezione di inammissibilità sollevata dall’Amministrazione finanziaria, si vedrà comunque recapitare la conseguente cartella di pagamento.
I giudici di legittimità, nell’ordinanza 2092/2025, hanno sostenuto che, in caso di successiva notifica della cartella, se la stessa viene impugnata, si deve ritenere «venuto meno» l’interesse delle parti alla decisione della controversia afferente all’avviso bonario in quanto, la cartella integra una pretesa tributaria “nuova” rispetto a quella originaria, che sostituisce l’atto precedente e ne provoca la caducazione d’ufficio (Cassazione n. 19049/2024 e Cassazione n. 24683/2024).
Oltre a tutto ciò, è opportuno evidenziare che la recente sentenza della Suprema Corte n. 31630/2024 ha fatto chiarezza su un altro aspetto rilevante e, al tempo stesso, afferente a questa vicenda, affermando che «se l’atto tipico viene impugnato, l’unico giudizio che rileva è quello avverso quest’atto, mentre, se non viene impugnato, il ricorso antecedentemente proposto avverso l’atto facoltativamente impugnabile diviene inutile, stante l’avvenuto consolidamento degli effetti propri dell’atto tipico».
La sentenza richiamata ha pertanto sancito che, se il successivo atto tipico (nel caso esaminato, la cartella di pagamento) non viene impugnato, la pretesa si consolida sebbene risulti pendente un giudizio tributario avverso l’atto impugnabile facoltativamente (nel caso di specie un “invito al pagamento”, atto ritenuto «assimilabile all’avviso di scadenza, al quale si devono applicare i principi generali del procedimento tributario di accertamento e di riscossione»).
La necessità di impugnare in ogni caso la cartella di pagamento, conferma, indirettamente, la scarsa utilità del ricorso avverso l’avviso bonario.
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