Via il capo di Stato Maggiore, Charles C.Q. Brown, e la capa della United States Navy, l’ammiraglio Lisa Franchetti: il presidente americano Donald Trump accelera nel suo programma di accentramento e controllo delle forze armate statunitensi e procede con i primi due avvicendamenti di peso.
A essere esonerati sono i vertici della Marina, ovvero della forza armata più strategica per Washington, e dei Joint Chief of Staff (Jcs), gli Stati maggiori congiunti che coordinano l’attività degli apparati coordinati dal Pentagono. Ed è una scelta inusuale: in genere, i vertici delle forze armate sono ritenuti un patrimonio bipartisan e risulta molto raro vederli coinvolti nello spoil system dei vertici delle amministrazioni al cambio della guardia tra un partito e l’altro. In questo caso, invece, Trump accelera.
Il licenziamento di Brown, sostituito dal trumpiano Caine
Nel caso di Brown, salito ai vertici del Jcs dopo il ritiro del predecessore Mark Milley nel 2023, l’avvicendamento è dovuto dalla volontà di Trump di spingere un fedelissimo ai vertici degli apparati militari statunitensi. C.Q. Brown, pensionato dopo 41 anni di servizio, è stato sostituito con John D. Caine, detto “Razin”, tenente generale che aveva lasciato le forze armate nel 2024 per entrare come partner nel fondo d’investimento Shield Capital e si era distinto come sottosegretario alla Difesa nella prima amministrazione Trump e come vicecomandante dell’operazione Inherent Resolve contro lo Stato Islamico in Medio Oriente.
Trump ha ringraziato Brown sul suo social network Truth, definendolo “un gentiluomo raffinato e un leader eccezionale”, ma ha anche aggiunto che è Caine l’uomo giusto per poter, insieme al capo del Pentagono Pete Hegseth, ripristinare “la pace attraverso la forza, mettere l’America al primo posto e ricostruire il nostro esercito”. C.Q. Brown appariva troppo organico alla vecchia amministrazione e, soprattutto, troppo legato all’odiato Milley, che Trump appena insediato ha silurato dal board del National Infrastructure Advisory Council dove era stato nominato da Joe Biden.
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Via anche Franchetti, la prima donna a capo della Marina
Se per salutare Brown è stato usato il guanto di velluto, ben più dura e repentina la rimozione dell’ammiraglio Franchetti, la cui uscita era data come plausibile da tempo. “Il suo nome, secondo quanto riferito, era su una lista circolata di ufficiali che l’amministrazione Trump stava valutando di licenziare per essere associati a iniziative di diversità, equità e inclusione (Dei)” contestate dall’amministrazione insediata un mese fa, nota Defense Scoop.
Franchetti, insediata a novembre 2023 dopo la nomina da parte di Biden, ha spinto per la US Navy “le principali iniziative di modernizzazione, tra cui il Progetto 33 , che faceva parte del suo CNO Navigation Plan, pubblicato a settembre” che perora “l’accelerazione dell’acquisizione e della messa in campo di sistemi senza pilota, IA e capacità di dominio dell’informazione, per scoraggiare o sconfiggere un attacco cinese a Taiwan o ad altri interessi statunitensi nell’Indo-Pacifico“, prosegue la testata specializzata in difesa e sicurezza.
Una vera e propria rivoluzione anche ai vertici della marina può essere forse giustificata con queste scelte politiche e di procurement: Trump e Hegseth hanno avviato un piano di revisione della spesa e degli acquisti di nuovi armamenti per potenzialmente tagliare il budget del Pentagono. Ogni nuova iniziativa sarà vagliata dall’amministrazione, che intende ripartire da zero in quegli apparati ritenuti troppo legati alla vecchia guardia. Ma politicizzare le scelte nelle forze armate, patrimonio comune della sicurezza nazionale, rischia di essere un’arma a doppio taglio se ridurrà le capacità di leadership sistemica di Washington.
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