«A Rieti la Procura è come una famiglia»

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RIETI – Indossa la toga da dieci anni come pubblico ministero a piazza Bachelet, dove a tenerlo a battesimo fu l’ex procuratore della Repubblica, Giuseppe Saieva. Rocco Gustavo Maruotti, 48 anni, originario di Foggia, ma trapiantato a Roma, secondo di sei fratelli, pochi mesi dopo il suo arrivo a Rieti, si trovò a coordinare una delle indagini più importanti della squadra mobile reatina che portò, nel 2016, a smantellare un’organizzazione attiva nel riciclaggio internazionale di auto di lusso rubate. Indagine culminata con arresti e condanne dei responsabili.

Dottor Maruotti, perché ha deciso di diventare pubblico ministero?
«Mi sentivo più portato per le funzioni giudicanti penali, soprattutto perché mi affascinava, e continua ad affascinarmi molto, l’udienza penale, come luogo di formazione della prova nel contraddittorio tra le parti, e il momento della decisione, in cui la giurisdizione, esercitata in nome del popolo italiano, si manifesta in tutta la sua sacralità».

Lei è stato eletto segretario generale dell’Associazione nazionale magistrati: considera il risultato un punto di arrivo o la tappa di un cammino più articolato?
«È la tappa di un percorso che ho iniziato sin da quando sono entrato in magistratura, il mio impegno nell’associazionismo rispecchia anche l’espressione dell’esigenza di non rimanere con lo sguardo legato soltanto alla scrivania o ai fascicoli, ma anche di impegnarmi per il contesto in cui operiamo. È per me, in questo momento, un riconoscimento importante».

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Lei è da dieci anni a Rieti: che giudizio dà di questa esperienza?
«Rieti, sul piano lavorativo, è la mia casa, qui ho iniziato a svolgere le funzioni di pubblico ministero e qui sono rimasto. È stato un percorso iniziato subito in salita, perché a distanza di poco più di un anno dal mio arrivo mi sono dovuto confrontare, insieme agli altri colleghi, con la vicenda di Amatrice ed è stato un campo di prova molto impegnativo».

Il processo sul terremoto di Amatrice lo ritiene il più importante tra quelli istruiti fino a oggi?
«Certamente sì, perché non è stato impegnativo solo sul piano tecnico, ma anche sotto il profilo emotivo, per tutto ciò che ha comportato. Le indagini che seguirono per accertare se la causa di quei crolli e dei conseguenti decessi fosse da rinvenire solo nell’evento sismico o anche nella mancata osservanza della normativa anti-sismica, e i processi che ne sono scaturiti, sono stati per me, pur non volendo, un banco di prova fuori dall’ordinario, non solo sul piano professionale, ma anche su quello emotivo, di cui avrei fatto volentieri a meno, ma che ho affrontato come meglio ho potuto. Quello che conta, a mio giudizio, è la risposta fornita al territorio, lavorando sui fascicoli nei quali si celano tante vicende umane di persone che si rivolgono alla giustizia per risolvere conflitti. Il nostro obiettivo è di dare risposte, cercando di farlo con ragionevolezza e con un senso di empatia umana, perché anche chi sbaglia deve essere guardato con tenerezza e non con aggressività. Noi non abbiamo mai avuto, e io personalmente, un approccio al lavoro che non sia stato di tipo garantista nei confronti di tutti».

In merito al processo per i crolli nel terremoto, quale fu l’esito?
«Si giunse alla prima sentenza di condanna pronunciata dal tribunale nei confronti di cinque imputati, giudicati responsabili di gravi inadempienze tecniche e omissioni nella progettazione delle palazzine ex Iacp crollate ad Amatrice, che causarono 18 morti».

Quali altre inchieste ricorda, in particolare?
«Alcune hanno richiesto una particolare applicazione sul campo, come quella sui maltrattamenti subiti dai bambini di una scuola materna da parte di alcune maestre (condannate in via definitiva), e su una vicenda di appalti truccati che coinvolse imprenditori, oltre a dipendenti e funzionari di un Comune sabino».

Come si caratterizza la sua giornata lavorativa?
«Un impegno a 360 gradi, abbinato anche alla presenza, talvolta, in scuole di Rieti e Roma per incontri con gli studenti, dedicati alla divulgazione di temi sulla legalità, ma con sempre meno tempo da dedicare ad attività fuori dal lavoro».

Ora si trova a lavorare su due fronti: sostituto procuratore e segretario generale del sindacato magistrati. Come è cambiata la sua vita nel privato, riesce a coltivare qualche hobby?
«Mi ero dato la regola di dedicare a mia moglie e a mio figlio, che ha 11 anni, i fine settimana o almeno la domenica. Adesso, invece, sarà più impegnativo ritagliarmi spazi di tempo libero e non potrò più neppure spegnere il telefonino. A parte le partite amatoriali con gli amici di tennis e calcetto, che ormai diserto quasi regolarmente, il mio vero hobby ora è dedicarmi alla vita associativa, ma senza trascurare di seguire in tv le partite dell’Inter, di cui sono tifoso per derivazione paterna».

A Rieti non è frequente incontrarla, eppure è tra i magistrati più in vista. Come giudica il suo rapporto con la città?
«Purtroppo, la vivo poco, in verità, perché arrivo e resto tutto il giorno in ufficio. La percezione che ricavo le poche volte che riesco a uscire dalla stanza, è di una stima nei confronti del tribunale nel suo complesso, nonostante tutte le difficoltà, forse anche comprese dai cittadini e dagli avvocati che mostrano pazienza per le carenze di organico e di magistrati. Quelli che sono in servizio, posso dirlo con certezza, si impegnano al massimo, anche in un contesto di risorse scarse. La procura di Rieti è il più piccolo ufficio giudiziario del distretto di Roma, ci sono solo cinque sostituti, generalmente tutti residenti a Roma e quasi tutti con una certa anzianità di servizio, perciò difficilmente si crea quel clima che si respira nelle piccole procure del Sud, in cui la maggior parte dei colleghi, oltre a essere in prima nomina, è spesso fuori sede. Ma come in tutti i piccoli uffici, anche a Rieti, dopo un po’, ci si sente come in famiglia e i rapporti, non solo tra i colleghi, ma pure con il personale amministrativo e con la polizia giudiziaria, sono caratterizzati da un senso di appartenenza e di solidarietà reciproca».

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