C’è stato un attentato terroristico in Liguria e non ce ne siamo accorti

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Alzi la mano chi in questi dieci giorni ha sentito parlare della Seajewel. Perché la notizia è di quelle che dovrebbero rimbombare, quanto la doppia deflagrazione che nel mar Ligure ha squarciato una petroliera al largo del porto di Vado, la notte del 14 febbraio. Pochi giorni di indagini bastano ad escludere l’ipotesi di un incidente: si scopre che sulla nave sono stati piazzati due ordigni magnetici, incollati alla chiglia. Il primo esplode, aprendo una falla di 70 per 120 cm. Il secondo si distacca per effetto della defibrillazione e scoppia sul fondale, provocando una moria di pesci.

 

La buona notizia è che non ci sono danni alle persone imbarcate né sversamenti di petrolio in mare. La cattiva è che si tratta davvero di un attentato terroristico, dove abbiamo rischiato la strage e il disastro ecologico a due passi dalla battigia: le lamiere sono curvate all’interno, segno che l’esplosione è avvenuta dall’esterno della chiglia. La Dda di Genova, cui i magistrati savonesi hanno passato gli atti, indaga per naufragio aggravato dal terrorismo. A Vado Ligure, insieme alla Capitaneria di Porto, ci sono la Digos, i servizi segreti e i sommozzatori del Comsubin della Marina militare cui sono demandati i sopralluoghi.

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L’unica certezza, dopo dieci giorni di indagini, è che l’attentato è stato eseguito da sabotatori esperti. Le bombe magnetiche, piazzate da subacquei, sono dello stesso tipo usato nell’attacco alla Grace Ferrum, avvenuto in acque libiche. In comune le due navi hanno la sospetta appartenenza alla cosiddetta “flotta fantasma” con cui i russi stanno trasportando petrolio in Europa, in violazione delle sanzioni. Sono quattro le navi danneggiate da inizio anno: una di queste, la Seacharm, appartiene alla compagnia Thenamaris, lo stesso armatore della Seajewel, a sua volta inserita nella “black list” del governo ucraino e sospettata di contrabbando dalla Ukrayinska Pravda. La Seajewel, battente bandiera maltese, era partita dall’Algeria con a bordo un equipaggio di una ventina di marinai filippini e un comandante bulgaro. Sul pontile Sarpom doveva scaricare petrolio acquistato dalla Ip, che lo avrebbe trasportato nella sua raffineria di Trecate, nel Novarese.

 

Fin qui la cronaca. Qualcosa di più vale la pena di dirla sul modo in cui la notizia è diventata, in sostanza, una non notizia. Non perché non se ne sia parlato in generale, ma perché questo episodio clamoroso sembra interessare poco: c’è stato qualche servizio di telegiornale, qualche articolo di quotidiano, niente di più. A mero titolo esemplificativo si può citare il fatto che, su La Stampa di giovedì scorso, l’affacciarsi della pista terroristica viene annunciato con un pezzo di cronaca nazionale a pagina 15. Dietro alla storia della nonnina torinese che ha esposto uno striscione di ringraziamento per Mattarella in piazza San Carlo (qui c’è anche un richiamo in prima). Per il resto, sembra che la tragedia sfiorata nell’ambito di una probabile guerra sporca tra servizi segreti sia un affare di portata savonese, ma nulla più. E come tale viene trattato dalla politica: l’unica reazione di rilievo infatti è un’interrogazione da parte di tre deputati liguri del Pd, che si aggiunge all’analoga iniziativa del segretario del Copasir e parlamentare di Azione Ettore Rosato.

 

Oggi, lunedì 24 febbraio, cade il terzo anniversario dallo scoppio della guerra in Ucraina. Il Consiglio comunale di Cuneo ne farà memoria in apertura di seduta, dopo che in questi giorni i colori della bandiera ucraina sono stati proiettati sulla torre civica, come accadde all’indomani dell’invasione. Speriamo sia anche l’occasione per interrogarsi, almeno in quella sede, su ciò che è appena accaduto nello scalo di cui Cuneo e la sua provincia si considerano un retroporto naturale. Non più tardi di un mese fa lo si è ribadito in un convegno della Camera di Commercio, al quale interveniva il presidente dell’autorità portuale di Savona.

 

Che la guerra in Ucraina fosse alle porte lo sapevamo da tempo, che ce l’avessimo già in casa, a cento chilometri contati, è una novità inquietante. Arrivata nel sostanziale disinteresse della stampa e della politica nazionale, dove non risulta che il governo, fino ad ora, abbia dato o chiesto spiegazioni a qualcuno.

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Andrea Cascioli

CUNEO





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