La mostra del fotoreporter Nino Orto a Rovereto: «Quanto odio da entrambe le parti ci vuole per raggiungere il punto di rottura per dire basta?»
Un viaggio per immagini tra i luoghi più caldi dei conflitti internazionali, nella mostra fotografica L’altra parte del muro: dal 7 ottobre alla guerra di Gaza alla Biblioteca Tartarotti di Rovereto (ingresso libero, fino al 4 marzo)
Gli scatti sono del fotoreporter Nino Orto, specializzato in geopolitica e conflitti del Medio Oriente, che vive in Trentino. «Il conflitto scoppiato il 7 ottobre non è più solo una questione militare, o di territorio, o di giustizia morale. È invece oggi qualcosa che tocca le corde più profonde dei due popoli», sottolinea Nino Orto. nelle sue foto descrive senza filtri le difficoltà, le paure e la resilienza dei due popoli, accompagnando a scoprire quanto la sofferenza accomuna gli esseri umani. Il fotoreporter ha documentato l’ultimo anno di questo conflitto complesso e drammatico, muovendosi tra i due schieramenti, ascoltando voci da entrambi i lati e vivendo l’altalena emotiva di coloro che si trovano in prima linea. «Conosco quei luoghi, nei quali vado spesso per lavoro e in cui in molti anni di attività ho conosciuto persone che posso chiamare amici – racconta Orto – . In questa mostra sono esposte immagini raccolte tra Israele e la West Bank in due diversi momenti: nel novembre del 2023, un mese dopo l’attacco di Hamas e nell’ottobre 2024, un anno dopo lo scoppio del conflitto. Gli amici, da una parte e dall’altra delle barricate, si preoccupavano ogni volta che attraversavo la linea nemica».
I moderati radicalizzati da entrambe le parti
È stato un anno di emozioni, «una pagaiata nel fiume verso il centro della foresta come nella narrazione di Conrad».
Più di dieci anni di esperienza nei conflitti del Medio Oriente, con un focus particolare su Iraq, Siria e le dinamiche delle guerre nella regione, Nino Orto è anche il fondatore di Osservatorio Mashrek, piattaforma di approfondimento dedicata alle trasformazioni politiche e sociali della regione mediorientale. Il suo è uno sguardo che fa incontrare la conoscenza delle dinamiche di guerra con la capacità di entrare in empatia con le ragioni umane del conflitto.
«Quanto ancora i Palestinesi dovranno subire la paura dell’occupazione? Per quanto ancora gli israeliani dovranno mandare i propri figli a morire per avere salvaguardata la propria esistenza in quanto ebrei? Quanto sangue e quanto odio da entrambe le parti ci vogliono per raggiungere il punto di rottura per dire basta? – si chiede Orto – . Il 7 ottobre ha sconvolto tutti gli equilibri e radicalizzato anche i più moderati da entrambe le parti, proprio quei piccoli semi di pace che, nonostante tutti i nostri proclami dal di fuori, cercavano di costruire ponti. I vari Ahmed, Ami, Aviv, Samar, Mojihaid, Aliza, Nissan che tessevano fili di speranza senza troppa pubblicità, braccio a braccio, consapevoli delle complessità di un conflitto che si estende a livello globale».
«Umanità e sofferenza per rispecchiarsi nelle vite degli altri»
La mostra, che si inserisce nel calendario di iniziative legate al centenario della Campana dei Caduti di Rovereto, che venne fatta suonare per la prima volta il 4 ottobre 1925, è nata per iniziativa del fotoreporter.
L’inaugurazione, la settimana scorsa, per una coincidenza temporale, proprio pochi giorni dopo la polemica riguardante il titolo di «città della pace» di Rovereto, che un gruppo di persone vorrebbe fare rimuovere «per mancanza di iniziative concrete».
«La Biblioteca di Rovereto è riconosciuta come centro culturale capace di valorizzare le proposte culturali che vengono dal territorio – fa notare l’assessora alla Cultura Micol Cossali – . Abbiamo accolto questa mostra perché sappiamo che quando si parla la lingua della violenza sembra che non ci sia via d’uscita. In queste immagini è raccontata un’umanità che con grande rispetto crea una vicinanza tra l’una e l’altra parte. Attraverso uno sguardo attento e riflessivo è possibile dare riconoscimento alla sofferenza, che non toglie nulla alle dinamiche della storia. ma costruisce una strada per rispecchiarsi reciprocamente nella vita gli uni degli altri».
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