Le altissime emissioni della guerra in Ucraina

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Mentre il dibattito sulla fine della guerra tra Russia e Ucraina si sta animando a livello internazionale, il totale delle emissioni di gas ad effetto serra provocato dal conflitto ha raggiunto livelli catastrofici. La Initiative on GHG Accounting of War ha pubblicato infatti un documento che fa il punto sugli impatti climatici di tre anni di guerra. Lo studio mostra che, qualsiasi dovesse essere l’esito del conflitto, quest’ultimo avrà provocato danni giganteschi. Dal 24 febbraio 2022, infatti, sono state prodotte più di due 200 milioni di tonnellate di CO2 equivalenti.

Nell’ultimo anno un’impennata delle emissioni derivanti dalla guerra in Ucraina

L’impennata è avvenuta soprattutto nell’ultimo anno, che ha visto una crescita del 31% delle emissioni stesse, che ormai hanno raggiunto almeno i 229,7 milioni di tonnellate. Almeno: poiché parte dei dati relativi all’ultimo anno non sono ancora noti. Già la cifra accertata è in ogni caso drammatica. Equivale ai gas ad effetto serra dispersi nell’atmosfera terrestre ogni anno dalla somma di nazioni come Austria, Ungheria, Repubblica Ceca e Slovacchia.

Un quantitativo talmente elevato che, se lo si vuole rapportare a un settore civile, può essere paragonato a quanto emettono 120 milioni di automobili in un anno, con un utilizzo regolare. A far riflettere, inoltre, secondo il rapporto è il fatto che le emissioni dovute ai combattimenti hanno superato già quelle, preventivate, per la ricostruzione di edifici e infrastrutture.

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Mai così tanti incendi boschivi

Sui dati complessivi hanno inciso particolarmente gli incendi boschivi. Moltissimi roghi sono imputabili infatti ai combattimenti. E sono stati aggravati dall’intensa siccità che ha colpito l’Ucraina durante l’ultima estate (si è trattato del Paese più colpito d’Europa). Nell’ultimo anno, è bruciata un superficie grande più del doppio delle medie degli anni passati, anche a conflitto in corso. Solo dagli incendi sono derivati 16,9 milioni di tonnellate equivalenti di CO2.

La guerra è stata dunque fattore scatenante. Ma, allo stesso tempo, anche un’aggravante. Nel corso dell’ultimo triennio, infatti, si è ridotto notevolmente il numero dei vigili del fuoco professionisti in grado di intervenire con tempestività, perché la loro profonda conoscenza del territorio li ha resi tra i primi arruolati. Oggi, coloro che non sono già morti stanno combattendo.

Le altre fonti di emissioni

L’uso di droni al posto dell’artiglieria ha avuto un lieve impatto positivo sulle emissioni, ma è stato compensato dagli attacchi alle infrastrutture energetiche, che hanno costi climatici molto elevati. Nell’ultimo anno la crescita del 16% delle emissioni è legata proprio ai raid su centrali e altri impianti. Nei primi due anni di guerra, in particolare i bombardamenti di infrastrutture petrolifere avevano generato emissioni pari a 1,1 milione di tonnellate di CO2 equivalenti. Che nel 2024 sono cresciute a 2,1 milioni.

La chiusura dello spazio aereo della Russia in area siberiana e dell’Ucraina per il traffico commerciale ha comportato poi una serie di notevoli deviazioni delle tratte. Dall’invasione del febbraio 2022 dover aggirare le aree vietate al sorvolo ha generato ulteriori 14,4 milioni di tonnellate di CO2 equivalenti.

«La Russia dovrebbe farsi carico del costo delle emissioni climatiche della guerra»

Il report dell’Initiative on GHG Accounting of War, pubblicato il 24 febbraio, è stato realizzato, tra gli altri, da Svitlana Krakovska, scienziata dell’Ipcc (il Gruppo intergovernativo di esperti sui cambiamenti climatici delle Nazioni Unite). Secondo gli autori, la responsabilità degli impatti climatici di questo conflitto è in capo alla Federazione Russa.

Calcolando il “costo sociale” delle emissioni a 185 dollari americani per tonnellate, il Paese è debitore nei confronti del mondo di più di 42 miliardi di dollari. Costi di cui si dovrebbe tenere conto anche nell’ambito dei colloqui di pace (ma è improbabile che si tratti di un tema che interessi la diplomazia di Washington).

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Come sottolineato da Lennard de Klerk, autore principale dello studio, «il 2024 è stato l’anno in cui il conflitto ha pesato di più sul clima. Con vaste aree di foreste bruciate e dati che superano di gran lunga quanto osservato in precedenza». «Con i negoziati di pace nell’aria – ha aggiunto l’esperto olandese – i costi climatici non dovrebbero essere dimenticati. La Russia ha iniziato questa guerra e dovrebbe farsi carico del costo delle relative emissioni».

Il documento è stato approvato dal governo ucraino. La ministra della Protezione ambientale e delle risorse naturali Svitlana Grynchuk ha sottolineato, senza sorpresa, le responsabilità di Vladimir Putin non solo nei confronti dell’Ucraina. «L’analisi pubblicata oggi – ha dichiarato – dimostra che il danno ambientale non conosce confini e che la guerra sta aggravando la crisi climatica che il mondo intero sta affrontando».



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