RENDE Per contrastare gli effetti dell’emergenza climatica e di quella energetica, che diviene anche crisi sociale, ambientale ed economica è indispensabile che l’efficienza energetica e le energie rinnovabili, alternative alle fonti di energia tradizionale prodotte da combustibili come carbone, gas naturale e petrolio, diventino strategia prioritaria in linea con il raggiungimento degli obiettivi comunitari energetici entro il 2030 per arrivare all’azzeramento delle emissioni di gas climalteranti in atmosfera entro il 2050 con un abbattimento del 90% entro il 2040 come da indicazioni della Commissione Europea. Solo così sarà possibile garantire un futuro sostenibile e vivibile per tutti. Questa mattina, la Sala Convegni University Club, ha ospitato l’evento “L’energia che rinnova la Calabria”, prima edizione del Forum Energia organizzato da Legambiente Calabria, in collaborazione con il Dipartimento di Fisica dell’Università della Calabria. Un’importante occasione di confronto tra istituzioni, imprese, mondo dell’economia e della ricerca sul tema della transizione energetica come strumento chiave per contrastare i cambiamenti climatici.
Gli impegni con l’Europa
L’Italia, per rispettare gli impegni fissati dall’Europa, deve quindi tagliare in maniera celere e drastica i consumi di tutti i combustibili fossili. Negli ultimi mesi abbiamo avuto la prova tangibile di come la crisi climatica stia accelerando.
Il report di Arpacal pubblicato a settembre sulla “Valutazione delle anomalie mensili di pioggia e temperatura da gennaio ad agosto 2024”, evidenzia che nella nostra regione vi è stato un aumento generale delle temperature rispetto alla media del trentennio 1991-2020. In particolare, le temperature medie dei mesi di febbraio, giugno e luglio hanno superato, in Calabria, di oltre 2°C i valori normali, con i record del mese di luglio e febbraio che hanno segnato +2,43°C e +2,48 °C mentre la temperatura del Mare Mediterraneo ha superato i 30 gradi °C.
La maggior parte del territorio regionale, per come risulta dai dati, è già in stato di siccità severa, con gravi danni al settore agricolo. I paesaggi stanno irreversibilmente cambiando e si stanno moltiplicando gli eventi metereologici estremi.
I dati aggiornati a febbraio 2025 del dossier di Legambiente “Città Clima” ci raccontano che dal 2010 la Calabria è stata colpita da 110 eventi climatici estremi su 2.321 totali in Italia come siccità prolungate, trombe d’aria, piogge intense che hanno portato ad allagamenti e danni a cose e a persone. Temperature elevate e condizioni aride sono seguite inevitabilmente da precipitazioni altrettanto eccezionali che provocano alluvioni con gravi ricadute sulle popolazioni ed impatti enormi sull’agricoltura, sui territori, sull’economia.
Con questa premessa è importantissimo costruire, sul territorio regionale, con un’adeguata programmazione, gli impianti a fonti rinnovabili, i grandi impianti industriali, sviluppare l’eolico a terra e offshore, il fotovoltaico sui tetti e a terra puntando non solo sulle aree già compromesse (discariche, cave, etc) ma anche nelle aree industriali e su quelle agricole non produttive. Senza dimenticare l’agrivoltaico sia quello più tradizionale che quello avanzato con altezze e geometrie variabili in base alle colture o con pannelli mobili ad inseguimento solare in modo da garantire la giusta integrazione delle produzioni agricole con quella energetica ed ancora la produzione di biogas e biometano e l’idrogeno verde. Tenendo in grande considerazione il ruolo delle Comunità Energetiche che oltre a dare un contributo al raggiungimento degli obiettivi climatici svolgono un ruolo sociale importante. A fine 2023 (secondo gli ultimi dati disponibili sul portale di Terna), la Calabria ha consumato 4.937,5 GWh di energia elettrica, a fronte di una produzione totale netta di energia pari a 13.830,9 GWh.
Da notare che, sebbene la Regione produca più energia di quella necessaria ai propri consumi (+35,6%), il 70,7% dell’energia prodotta arriva dal termoelettrico tradizionale, di cui 8.981GWh da gas fossile (pari ad un consumo di 1,6 miliardi di mc) e il 35,6% da fonti rinnovabili – grazie a 133 MW di potenza efficiente netta di impianti idroelettrici con 1.002 GWh di produzione, 1.485 MW di eolico e 2.267 GWh e 503 di solare fotovoltaico con 775 GWh di energia elettrica prodotta – esportando oltre 7.700 GWh di energia elettrica verso altre Regioni. Numeri che mettono in evidenza non solo la forte dipendenza della Calabria dalle fonti fossili, ma anche il ruolo di hub energetico per l’Italia. Un ruolo che considerando il cambio del sistema energetico necessario alla lotta ai cambiamenti climatici e alle opportunità che le fonti rinnovabili offrono in termini di sviluppo, innovazione, qualità di vita e posti di lavoro è bene che mantenga.
I consumi
I consumi maggiori, per la Calabria, arrivano dal settore terziario con il 41%, seguito dal domestico con il 40% e dal settore industriale con il 16%. L’agricoltura copre il 3% dei consumi totali. Nel settore dei servizi ad incidere maggiormente è la classe merceologica del commercio, con 416 GWh di consumo, seguito da alberghi, ristoranti e bar con 271 GWh e dall’illuminazione pubblica con 232 GWh. Tutte classi di consumo facilmente alimentabili attraverso le fonti rinnovabili. A tal proposito, il Decreto Aree Idonee, per la Calabria individua l’obiettivo al 2030 di sviluppo di nuova potenza da fonti rinnovabili in 3.173 MW, un numero solo parziale pensando agli obiettivi di decarbonizzazione al 2050 individuati in occasione dell’Accordo di Parigi per contenere il surriscaldamento globale. Infatti, se pensiamo all’obiettivo intermedio al 2035 per raggiungere la decarbonizzazione del sistema elettrico (obiettivo che l’Italia, sbagliando, non si è data ma che da un idea precisa dello sforzo che il Paese e le Regioni dovranno fare per arrivare a quelli di decarbonizzazione), il nostro Paese, secondo lo studio Politiche per un sistema elettrico italiano decarbonizzato nel 2035, commissionato da Greenpeace Italia, Legambiente e WWF Italia e realizzato da ECCO e Artelys, dovrà raggiungere almeno 159 GW di potenza complessiva da fonti rinnovabili entro il 2030 e 250 GW complessivi al 2035, di cui 180 GW di nuove installazioni.
Per la Calabria, vorrebbe dire almeno 7.139,2 MW di potenza complessiva. Un numero che va ben oltre gli obiettivi minimi indicati dal Decreto nazionale sulle aree idonee.
Tornando agli obiettivi definiti dal Decreto Aree Idonee, la Calabria tra il 2021 e il 2024 ha realizzato 386 MW, pari al 12,2% dell’obiettivo finale. Un dato che mette in evidenza come questo territorio non può certamente dire di aver dato, anzi, al contrario rivela la lunga strada che ancora deve percorrere, considerando anche il deficit di installazioni, pari a 163 MW, rispetto agli obiettivi intermedi definiti al 2024. Stando a quanto fatto nei precedenti 4 anni, la Calabria, è chiamata a realizzare, nei prossimi 6, almeno 2.787 MW di nuova potenza, pari a una media di 464,5 MW l’anno, una sfida importante in una Regione dove il contrasto alle rinnovabili è sempre più acceso. Non solo, ma continuando sulla strada percorsa dal 2021 al 2024, la Regione rischia di raggiungere gli obiettivi dettati al 2030 in 28,9 anni, con un ritardo di ben 22,9 anni.
Cosa manca
Obiettivi, possibilità e potenziali in una Regione che ha davvero tutto da giocarsi se vuole trasformare il suo territorio in opportunità, ma stando a quanto emerso dalle linee di indirizzo del piano regionale integrato energia e clima approvate, non trovano riscontro nelle politiche ad oggi definite dalla Regione. Ancora allo stato manca in Calabria la definizione delle Aree Idonee e la bozza di Piano non risulta adeguata rispetto all’emergenza climatica ma anche riguardo al ruolo di hub delle rinnovabili che può realmente avere, offrendo ai propri cittadini e cittadine maggiori occasioni di lavoro e di qualità della vita. Le linee guida dovrebbero essere maggiormente incisive anche nell’introduzione al tema delle aree idonee che si limitano, negli intenti proposti nel Piano, alle aree in qualche modo già interessate dagli impianti o compromesse o marginali.
Dovrebbe essere tenuta nel debito conto, come necessaria, una prospettiva di sviluppo industriale della Calabria per non mancare il treno della transizione ecologica ed energetica mentre la bozza di piano si attesta su consumi industriali di energia ridotti rispetto al 2021 che aveva già visto una riduzione significativa dal 2010 (processo di deindustrializzazione). Le stime si basano sostanzialmente sul settore civile e dei trasporti e non ci sono prospettive di miglioramento socio-economico, ma soprattutto si evince come la Regione Calabria non intenda trasformare le crisi in atto in occasione di sviluppo sociale ed economico.
Inoltre, l’ipotesi considerata del contributo fornito dalla Calabria al 2030 si basa in maniera pressoché esclusiva su fotovoltaico ed eolico on-shore mentre non si considera in alcun modo il contributo dell’eolico off-shore al 2030 con un contributo minimo anche nel 2040 (1,7 GW da valutare rispetto ai progetti in corso). Non risulta comprensibile se la ragione sia tecno-economica o politica. Eppure, ad oggi, le richieste di connessione a Terna per questa tipologia di impianti sono 8 per una potenza, potenziale, di almeno 4,37 GW, con almeno 7 progetti già presentati dai proponenti. Numeri che consentirebbero alla Regione non solo di raggiungere facilmente di obiettivi previsti dal Decreto Aree Idonee, ma anche di sviluppare filiere ad esse connesse facendo raggiungere alla Calabria importanti obiettivi industriali e di creazione di nuovi posti di lavoro.
Per Legambiente, la Calabria rischia di perdere un’occasione: tutte le regioni del Sud hanno un ruolo di spinta e produzione energetica. Al contrario dobbiamo immaginare una Calabria che ha un ruolo trainante, capace di promuovere filiere industriali verdi e sviluppo sostenibile, contribuendo non solo alla produzione interna di energia ma anche per il resto del Paese, esattamente come fa oggi con la produzione termoelettrica tradizionale. Non solo, ma per per raggiungere gli obiettivi il piano (vedi tabella sul Trasporto) prevede il taglio del 30% dei consumi relativi alla mobilità a cui viene associata una alta percentuale di utilizzo di biocarburanti per raggiungere il 55% del taglio delle emissioni: prospettive entrambe del tutto irrealistiche e di cui non si comprende l’origine. (redazione@corrierecal.it)
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