Puntuale come un orologio svizzero è arrivato l’ordine di scuderia e sulla stampa, nazionale e locale, è iniziata la difesa d’ufficio di un intero blocco di potere a mio avviso ormai spacciato. Quotidiani locali che si definiscono indipendenti pubblicano da giorni contributi imbarazzanti che confermano proprio la disperazione di questi momenti e il rilancio ulteriore di pura narrazione, la negazione sistematica della realtà e l’invenzione di ogni tipo di folle analisi per nascondere il proprio fallimento.
Si parte dal dare degli imperialisti a tutti, dalla “pace scandalosa”, da chi si accorge ora che la potenza regola le relazioni internazionali, fino ai veri “sacerdoti” filo-ucraini che scrivono fiabe per bambini in perfetta malafede. Qualche intellettuale “de sinistra” propone addirittura di non togliere le risorse dalla spesa sociale per aumentare le spese militari ma ricavare i quattrini dalla lotta all’evasione..finalmente! Insomma è la fabbrica dei mostri quella che leggiamo sulle pagine dei giornali, quelli che si agitano quando “il vecchio muore”. Una colossale offesa all’intelligenza di milioni di cittadini.
In mezzo a tutti questi mal di pancia, ho provato a far passare invano un contributo critico ed esplicito sulla situazione, spedito al quotidiano indipendente l’Adige in data 18/02/2025. La linea però è blindata e non c’è spazio per alcun dibattito. Imperativo difendere la narrazione di questi tre anni e avversare la pace trumpiana. Tutto il resto non passa.
Lascio alla Fionda questo piccolo contributo che è uno sfogo di chi sogna da sempre, ancora, ogni istante di più un Paese diverso.
E’ un’Europa frastornata come un pugile suonato quella che emerge dalla conferenza di Monaco, ricorda a tratti “er Castagna” dell’indimenticabile Gigi Proietti.
Un’ intera classe dirigente è sull’orlo del baratro e lo sa, agitandosi in modo scomposto sui media e nei discorsi ufficiali, tra pianti, urla isteriche e stridii di unghie.
Che la storia non era finita lo avevano capito tutti, che quella frattura tra narrazione e realtà, su cui le élite si sono adagiate, prima o poi non avrebbe più retto, lo avevano capito e lo capiscono in pochi.
Le narrazioni crollano a colpi di realtà, a colpi di pale come quelle con cui combattevano i russi, mettendo a nudo il totale fallimento europeo in ogni campo possibile: politico, mediatico, diplomatico, economico, militare. Ora che gli Stati Uniti non hanno più la capacità o la volontà di sostenere la loro creatura europea, composizione della parte economica UE e militare NATO, tutto miserabilmente si affloscia. Ma non è tutta colpa di Trump o di Putin come è semplicistico affermare.
Non è sempre colpa degli altri, è necessario che tutti si prendano la responsabilità di un processo di costruzione europeo profondamente squilibrato, che ha alimentato scompensi e scontri, disuguaglianze e crisi drammatiche. Una costruzione ideologica prima di una soggettività interstatale, un mercato prima di un’unione di popoli.
Il Presidente Mattarella – oltre a fare spiacevoli paragoni e dimenticando che fu proprio lui in veste di vicepresidente del governo D’Alema ad informare il Senato la sera del 24 marzo 1999 delle prime bombe su Belgrado che, probabilmente essendo bombe “buone”, non rientrano nel conteggio dello slogan “settant’anni di pace” e diedero inizio all’espansione NATO verso est – da politico navigato ha fiutato il pericolo letale ovvero, con la fine del conflitto in Ucraina e il nuovo corso statunitense, la fine politica della classe dirigente europea.
Non sarà comunque un’ideologica ricostruzione storica, l’ennesima narrazione appunto, a salvare la barca che affonda.
La crisi organica che vive la classe dirigente che si è spesa per questa UE è profonda, ormai in stato avanzato, ormai alla luce del sole. E’ una crisi frutto di trent’anni di racconti di future probabili Europe dei popoli e veri profitti finanziari e speculazioni, del mito di Ventotene e del più concreto e austero ordoliberismo sfrenato. Ora che la struttura evolve, la sovrastruttura è destinata ad accartocciarsi.
Vedremo se davanti a questa enorme crisi qualcuno farà il primo passo verso un sistema coercitivo, le prime avvisaglie ci sono tutte. Così va di solito quando governa una classe non-più-dirigente, decadente e ormai non più egemone.
Evitando di usare categorie improprie come quella dell’imperialismo (che poi per molti si riduce sempre all’imperialismo degli altri) e fuori da sterili dicotomie, è necessario rendersi conto che gli Stati Uniti non sono più in grado di gestire la propria proiezione di potenza in quanto di potenza a casa loro ce n’è sempre meno e serve altrove, per esempio nel quadrante indo-pacifico dove si giocherà la vera partita con la Cina. Il mondo multipolare è già realtà, e anche stupirsi che si possa ragionare in termini di potenza è una banalità. E’ sempre stata la potenza lo strumento delle relazioni internazionali durante il secolo americano. Il fatto che in questi ultimi anni la potenza fosse una sola, che noi fossimo dalla parte dei buoni e che non se ne percepissero esplicitamente gli interessi nazionali e gli strumenti di proiezione di potenza con cui agiva (i cosiddetti DIMEFIL di cui USAID, la vecchia USIA e NED fanno parte) è solo un problema di analisi, nulla di più.
Forse faranno la pace senza Europa, perché fino ad ora l’Europa ha voluto la guerra, giusta, necessaria e soprattutto fatta dagli altri. La foto emblematica che meglio descrive queste concitate fasi è quella pubblicata dai media dei selezionati capi di Stato accorsi d’urgenza a Parigi convocati da Macron che ricorda, ribaltando provocatoriamente il paragone del Presidente Mattarella, le scene finali del film “La caduta” in cui gli ultimi generali raccolti attorno ad Hitler nel bunker spostano divisioni e carri armati che non esistono più.
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