Salute mentale, la grande “crisi nascosta” dell’Ucraina

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Oggi sono tre anni di guerra in Ucraina. Il popolo è esausto, stremato, continuamente in allerta. Questa situazione non può che avere una ricaduta pesantissima sulla psiche delle persone. Non per nulla Matthias Schmale, il coordinatore residente delle Nazioni Unite in Ucraina, ha oggi scritto che la «“crisi nascosta” – la crisi della salute mentale – echeggerà per generazioni». Alcune organizzazioni, governative e non governative, stanno cercando di portare supporto in questo ambito. Tra le Ong che se ne occupano nel Paese c’è Intersos; «Supportiamo le persone nelle aree più dure, vicine al conflitto», dice Pietro Scarpa, protection coordinator.

Qual è la situazione della salute mentale in Ucraina?

C’è una grande insicurezza derivata dalla guerra stessa, dal rischio di bombardamento. Ci sono degli attacchi che possono colpire un po’ ovunque, in qualsiasi momento. Questo, ovviamente ha un peso significativo sulla vita delle persone, dal punto di vista della salute mentale. Molte persone hanno vissuto traumi, diretti e indiretti. A causa del conflitto tante famiglie si sono separate gli uomini sono al fronte a combattere e questi, ovviamente, è motivo di grande stress. Molti sono morti, la pressione psicologica è forte. Un ulteriore fattore di disagio è la disgregazione sociale ed economica. Tutto questo genera una grande crisi di salute mentale per il popolo ucraino.

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E gli sviluppi politici non aiutano ha sentirsi più sicuri.

Esatto. C’è un senso di instabilità, ma anche una mancanza di prospettiva chiara, che costituisce un peso per le persone ucraine. Tutti gli sviluppi, dall’inizio della guerra – la full escalation, come viene chiamata qua –, l’invasione e poi la seconda parte del 2022, in cui sembrava che l’Ucraina riuscisse a riconquistare i territori persi e sentiva che avrebbe potuto vincere militarmente, fino a questi due ultimi anni e mezzo di stasi, sono fonte di ansia. Ora c’è una moderna “guerra di trincea”, in cui ogni giorno vengono prodotti dei video, che il popolo vede sui social. Questo rende il fronte visivamente accessibile a tutti, ma è una guerra ad altissima intensità e questo ha un grosso impatto psicologico sulle persone.

Le dichiarazioni di Donald Trump e gli attacchi a Zelensky di queste ultime due settimane non devono aver aiutato.

È vero, ma da un altro punto di vista è anche vero che gli attacchi di Trump a Zelensky hanno anche aiutato la popolazione a riconsolidarsi attorno al presidente in quanto simbolo dell’Ucraina. Il fatto che sia stato definito dittatore ne ha aumentato invece la popolarità, perché è stato percepito come un attacco a tutto il Paese.

Quali sono le vostre attività in supporto delle persone con disagio mentale in Ucraina?

Noi portiamo supporto soprattutto nelle zone vicine alla linea del fronte, sono zone che sono state occupate e in cui c’è, quindi, un alto livello di distruzione, molte mine, molti materiali inesplosi e resti di munizioni. Sono principalmente aree difficili da raggiungere, zone rurali e villaggi medio-piccoli. Si tratta di contesti duri, in cui i bisogni sono molto forti; sono anche particolarmente vulnerabili per il sistema statale, perché è difficile portare aiuto là. Le nostre sessioni individuali e di gruppo cercano un po’ di ridurre i buchi presenti nella rete di supporto. Facciamo attività sia con adulti – molti sono anziani, che sono rimasti – che con bambini, con l’obiettivo di aiutarli a rilasciare un po’ dell’energia negativa accumulata e di fornire loro gli strumenti per gestire le proprie emozioni.

Come vede il futuro?

Secondo me ci sono molteplici sfide. Larga parte della popolazione è stata colpita direttamente dalla guerra, con traumi considerevoli. Finché la guerra va avanti osserviamo che le persone sopprimono questi traumi e cercano di concentrarsi sul mandare avanti la propria vita in un contesto difficile. Qualora si arrivasse alla pace, una grande sfida sarebbe aiutare queste persone ad affrontare il passato. Un altro tema è quello del collegamento tra soldati – attivi e veterani – e famiglie. La realtà del fronte è estremamente dura e questi uomini ovviamente tornano a casa cambiati, avendo vissuto esperienze terribili. C’è la necessità di supportarli nel tornare a una vita civile. Prima della full escalation l’Ucraina aveva un sistema di supporto sociale in cui la parte legata alla salute mentale non era prevalente, anzi, possiamo dire che fosse una carenza. Con la guerra e l’arrivo di tutto il sistema umanitario – sia a livello di Ong, come Intersos, sia a livello governativo, con l’Onu – si è cercato di costruire un sistema di supporto alla comunità. Anche il sistema sociale Ucraino ha investito molto su questo: Olena Zelenska, la moglie di Zelensy, è diventata il volto di questa policy, che ha l’obiettivo di aumentare la consapevolezza sulla salute mentale, con un focus molto forte sul training degli operatori. Lo vedo come un fatto positivo: con una risposta collettiva l’Ucraina sta progressivamente riuscendo a coprire un bisogno che già aveva.

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Le foto nell’articolo sono di Marina Martelloni/Intersos

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