di Cinzia Semeraro
In manette anche Michele Parisi, il fratello di Savinuccio. Le sostanze stupefacenti sarebbero state vendute anche a minorenni, mentre il traffico sarebbe stato gestito in turni persino durante le festività
Avrebbero nascosto la droga in intercapedini dei box seminterrati e nei muretti a secco, utilizzando un linguaggio convenzionale per eludere le intercettazioni. Le sostanze stupefacenti sarebbero state vendute anche a minorenni, mentre il traffico sarebbe stato gestito in turni, anche durante le festività, attraverso schede telefoniche intestate a prestanomi, social network e applicazioni di messaggistica.
Sono alcuni dettagli ricostruiti dalle indagini condotte dai carabinieri del comando provinciale di Bari, coordinate dalla Direzione distrettuale antimafia della procura del capoluogo barese, che stamattina hanno dato esecuzione a un’ordinanza di misure cautelari nei confronti di 37 persone, fra le quali ci sono soggetti affiliati ai clan mafiosi baresi Parisi e Strisciuglio: 16 sono finiti in carcere, 15 ai domiciliari e altri sei sono interessati all’obbligo di dimora.
Sono ritenuti responsabili a vario titolo di associazione finalizzata al traffico di sostanze stupefacenti, detenzione e spaccio di sostanze stupefacenti anche con l’aggravante della cessione a soggetti minori d’età, ricettazione e detenzione illegale di armi clandestine, violazione degli obblighi inerenti alla sorveglianza speciale, estorsione aggravata, accesso indebito a dispositivi idonei alla comunicazione da parte di soggetti detenuti, favoreggiamento personale, ricettazione, fraudolento danneggiamento dei beni assicurati, falsità ideologica, violenza o minaccia a pubblico ufficiale, estorsione aggravata dal metodo mafioso, incendio aggravato dal metodo mafioso.
Dopo alcuni arresti, il traffico era stato preso in mano da altri membri delle associazioni, fra i quali una donna. Uno dei gruppi coinvolti sarebbe inoltre stato diretto da un detenuto che gestiva le operazioni illecite dal carcere. L’operazione di stamattina scaturisce dall’indagine denominata “Messa a fuoco”, condotta dall’ottobre 2021 al maggio 2023 in seguito a un incendio doloso di veicoli avvenuto in Turi (Bari). Il rogo sarebbe stato una ritorsione contro un gruppo criminale che avrebbe violato il divieto di spacciare droga nella cittadina.
Il fratello di Savinuccio a capo di una delle due associazioni
Le due associazioni facevano capo a Davide Monti, detenuto a Trapani e ritenuto elemento di spicco del clan Strisciuglio di Bari, e a Michele Parisi (fratello del boss “Savinuccio” del quartiere Japigia di Bari, ai domiciliari per motivi di salute). In 15 sono finiti in carcere (tra cui Davide Monti e Michele Parisi), in 16 ai domiciliari e sei sono invece destinatari di obbligo di dimora.
Gli indagati, a cui sono contestati 146 capi d’imputazione, sono in totale 52, tra cui un cittadino cubano, due colombiani, tre marocchini, un bulgaro e un albanese.
Nel corso delle indagini è stata rilevata «l’invasione dei clan della città nell’area metropolitana», come ha sottolineato il procuratore di Bari Roberto Rossi, e anche il «problema enorme» dell’utilizzo dei cellulari in carcere. Un’indagine nata «occasionalmente», ha evidenziato il procuratore aggiunto e coordinatore della Dda, Francesco Giannella, «dagli incendi di autovetture avvenute a Turi» nell’ottobre 2021 «e che hanno insospettito i carabinieri su chi potesse essere il reale obiettivo degli incendi».
Droga nascosta in un b&b di Conversano
Come poi ricostruito dalle indagini coordinate dalla pm Silvia Curione, gli incendi sarebbero stati opera del clan Strisciuglio per convincere le persone legate ai Parisi ad andare via da Turi. Ma per la Dda anche il gestore di un b&b di Conversano (Bari), Francesco Giordano, finito in carcere, avrebbe avuto il ruolo di organizzatore dell’associazione capeggiata da Monti: nella sua struttura, infatti, sarebbe stata nascosta la droga (cocaina, hashish, marijuana) e sarebbero state confezionate le dosi.
«Il bed and breakfast era una centrale blindatissima – ha sottolineato Curione – che i carabinieri sono riusciti ad ambientalizzare (quindi a piazzare dispositivi per le intercettazioni ambientali, ndr) grazie al loro instancabile lavoro».
Rossi: «troppi telefonini in carcere, intervenga il Dap»
«Attraverso il Dap», il Dipartimento per l’amministrazione penitenziaria, «il ministero dovrebbe dare una risposta più concreta» al «problema enorme» dell’utilizzo dei cellulari nelle carceri, per il quale «occorre un intervento più efficace, un sistema di controllo- ha detto il procuratore di Bari, Roberto Rossi – non sono più piccoli telefonini, ma smartphone. È una delle questioni su cui chiediamo al ministero di intervenire, non credo che i cittadini vogliano le riforme della magistratura, ma interventi sulla criminalità organizzata. Purtroppo il Dap allo stato attuale non ha un punto di riferimento».
«I detenuti riescono a ricevere e usare cellulari con facilità», ha sottolineato anche il procuratore aggiunto e coordinatore della Dda di Bari, Francesco Giannella, usandoli «anche solo per dimostrare la propria caratura criminale. Girare video e metterli sui social serve a mostrare la sfrontatezza di queste persone e serve a dimostrare il proprio carisma criminale», ha aggiunto.
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